venerdì 21 ottobre 2011

LA NOSTRA CHERNOBYL


La tristemente famosa centrale nucleare di Chernobyl oggi
(foto tratta da Wikipedia)
Pagavano gli agricoltori, scavavano enormi buche nei loro terreni e vi seppellivano rifiuti altamente tossici. Nel processo di primo grado erano stati condannati solo per associazione per delinquere finalizzata alla truffa: la corte d’Appello di Napoli, invece, ha ritenuto otto tra titolari di azienda e autotrasportatori colpevoli anche di disastro ambientale doloso, accogliendo la tesi del pm Federico Bisceglia”. Questo e poco più la Redazione di una testata giornalistica locale riportava, in data 2 aprile 2010, circa l’inchiesta “Terra mia” che sei anni fa consentì di scoprire grandi quantità di rifiuti, anche radioattivi, sversati in provincia di Napoli e Caserta.

Una non notizia, ho pensato, visto che essa veniva relegata ad un insignificante trafiletto di una pagina interna. Rileggendo, però, ho ripensato all’inchiesta Chernobyl, che nel 2007 ha portato all'arresto di oltre trenta individui, implicati a vario titolo nel traffico di rifiuti tossici. In questa inchiesta sono state coinvolte anche due persone del Vallo di Diano e, per ordine del pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere, sono stati sequestrati terreni nei comuni di Sant’Arsenio, San Rufo, Teggiano e San Pietro al Tanagro.

E dire che già nel 1997, una voce fuori dal coro degli esimi esponenti della cultura e delle istituzioni locali, tutte osannanti il buon vivere del territorio, faceva rilevare come il pericolo dell’inquinamento ambientale fosse stato sollevato nel noto saggio “Ecomafia, i predoni dell’ambiente”, di Antonio Cianciullo ed Enrico Fontana, pubblicato da Editori Riuniti nel 1994, in questi termini: “E’ il periodo (1970-1990, n.d.r.) in cui le risorse naturali della Campania sono state letteralmente saccheggiate ed immolate sull’altare dei profitti mafiosi: dal litorale del Cilento alle pendici del Vesuvio. Vent’anni di ambiente abbandonato all’illegalità sistematica, trasformato in merce di scambio tra criminalità organizzata e potere politico: ai clan veniva assicurata la gestione di attività devastanti (dalle cave ai rifiuti tossici), ai politici corrotti veniva garantita una sorte di potere perpetuo”. Proprio in quel periodo si scoprivano alcune discariche di rifiuti tossici nel Vallo di Diano.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere (foto tratta dal sito
http://www.videocomunicazioni.com)
Nulla è cambiato, a distanza di oltre dieci anni da questi eventi. Nessuna inchiesta seria è mai stata portata avanti da giornalisti o forze investigative (non fosse altro per disturbare un poco, di tanto in tanto, qualche delinquente per bene) e, così, a distanza di tempo, ci ritroviamo di nuovo a piangere sul tragico destino al quale il nostro territorio è stato abbandonato, nell’indifferenza di tutti: l’ambiente come bene a disposizione della malavita, anche di quella spicciola. E guai a fiatare o a ricordare l’inchiesta Chernobyl. Infatti, qualche
rappresentante politico locale, interrogato in privato sul perché non si esprimeva in merito, diceva: “Vedrete che poi tutto finisce in una bolla di sapone e la gente dimenticherà. Presto dimenticherà”. Un altro, dopo la richiesta di bonifica dei terreni da parte della Procura di Santa Maria Capua Vetere ai comuni interessati dagli sversamenti, dichiarava pubblicamente l’impossibilità di far fronte alla messa in cantiere della bonifica stessa. Eppure, le sagre di antichi sapori o di prodotti tipici locali, di maiali e salsicce, pannocchie e cavatelli, erano puntualmente finanziate per commemorare, tra suoni e banchetti, la salubrità dei nostri luoghi e la bontà del cibo, magari ricavato dai terreni a ridosso di quelli sequestrati (o proprio nel loro perimetro se qualcuno aveva, nel frattempo, rimosso i sigilli).

Ci chiediamo allora chi avrebbe dovuto controllare quei terreni. Forse qualche paesano o parente di uno degli indagati? Forse qualche sodale delle cordate politico-affaristiche dietro il business dei rifiuti? Lasciate che muoiano bambini, ragazzi, giovani; l’importante è salvare il buon nome dei paesi della vallata. Lasciate che vi dicano, ormai anche nelle interviste televisive, che qui c'è rischio per la nostra salute; l’importante è non disturbare la sensibilità del satrapello di turno. Lasciate che qualche folle vi dica che il nostro territorio è fortemente esposto; l’importante è partecipare alle logge para-massoniche locali per assicurarsi una comoda sedia in un ente locale per fare il bello e cattivo tempo senza rischi di sorta e con "una sorte di potere perpetuo".
La soppressata, pietanza tipica locale
E mentre le ruspe cingolate si facevano strada anche nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, chi denunciava diventava un malfattore e chi sventrava le montagne a 1100 metri sul livello del mare un benefattore dell’umanità. E così, come preannunciato dal politico di grido (uno a caso dei tanti che da oltre trent’anni calcano la scena delle compiacenti TV locali), nessuno aveva più parlato più dell’inchiesta Chernobyl e alcune testate giornalistiche già stanno preparando le loro spedizioni per la Valle delle Orchidee, definita “sagra della pasta e fasuli” dall’attuale amministrazione, tacendo spudoratamente su tutto il resto. Ma, come un fulmine a ciel sereno, è arrivato un blog di Cono D’Elia a parlarci della storia di Chernobyl. Un giovane che, nel suo pacato eloquio e con la sua già saggia penna, ha saputo ritrarre uno scenario che vorrei qui sottoporre all’attenzione dell’accorto lettore (D'Elia).

Badate bene, però. Il delinquente, in tutta questa storia (che sembra tratta dal famoso libro di Collodi) è solo chi sottoscrive queste righe e nessun altro. A lui e all’associazione che rappresenta potrete imputare tutte le denunce, anonime e non. A lui potrete imputare il sottosviluppo del territorio, mentre i soliti noti fanno affari, inquinano e si gonfiano fino a scoppiare. A lui gli amministratori finiti sotto processo per abusi, o interdetti dai pubblici uffici, potranno gridare: “Povero uomo, queste cose non si fanno”. Essi sono ignari, però, del fatto che non è il sottoscritto a compiere i reati. Su di una cosa hanno tuttavia ragione: la mia dignitosa e consapevole povertà. E con la stessa povertà di mezzi (armato - fino ai denti - solo di un libro) ho rilasciato questa intervista a UNO TV sull’inchiesta Chernobyl. Per leggere un passo da uno di questi libri, nel 2005, sono stato radiato dagli studi televisi nei secoli dei secoli. Forse la storia non si ripeterà: oggi ho motivo di essere fiducioso.

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