Piuttosto che tentare di immaginare
un percorso politico-amministrativo per realizzare la “Sala che sarà”, oggi bisogna interrogarsi su “che Sala sarà”.
Infatti, dopo la chiusura del
Tribunale, dopo le mancate (ancorché annunciate) dimissioni dei sindaci del
Vallo di Diano e dopo le ultime non edificanti vicende politiche, non si
possono più prospettare anni di prosperità, almeno nel breve periodo. Chi lo
facesse, rischierebbe di essere ben presto smentito dagli eventi. E, tuttavia,
resta inalterata la necessità di recuperare braccia forti, cuori puri e menti
lucide, oggi più che a luglio, quando è stata data vita alla prima (e ultima)
edizione di “Salachesarà”, per risollevare le sorti di questo territorio.
Prima, però, bisognerà cercare di creare le pre-condizioni perché queste
braccia, questi cuori e queste menti possano operare in un nuovo contesto
socio-politico, che attualmente risulta – purtroppo - molto degradato. Come
esempio, non unico, si potrebbe menzionare la recente vicenda del congresso cittadino
del Partito Democratico, così come raccontata dall’arch. Fasano, ex-Segretario
della Sezione PD di Sala Consilina.
Prima di affrontare questo
delicato tema, che cercheremo di analizzare partendo proprio dalle parole dell’ex-Segretario
Fasano, vorrei considerare la lucida descrizione della situazione
pre-elettorale di Sala Consilina fatta da Cono D’Elia su Ondanews il 5 novembre
scorso. Il giornalista è un acuto e attento osservatore delle dinamiche locali
e ha ben individuato gli scenari che si prefigurano nel paese capofila del
Vallo di Diano. I cittadini di Sala Consilina, così come spiegavo lo scorso
luglio in Piazza Umberto I, hanno una responsabilità in più rispetto agli
elettori degli altri paesi della vallata. Infatti, Sala Consilina è da
considerarsi un paese-laboratorio, nel quale dovrebbero essere studiate, messe
a punto e sperimentate le strategie di sviluppo del territorio. Proprio per
questo trovo sconcertante la conclusione dello scritto di D’Elia, che
letteralmente recita: “Al riguardo a Sala
(popolazione superiore a 10 mila abitanti) i consiglieri scenderanno da 20 a
16, mentre a Teggiano (più di 5 mila abitanti) si passerà da 16 a 10.
Diminuiranno, di conseguenza, anche gli assessori. Brutte notizie,
dunque, per coloro che, pensando di godere di quantità di voti rilevante,
puntano ad essere eletti principalmente per godere dell’indennità di
funzione che spetta, oltre al
sindaco, anche a chi ricopre, appunto, la carica assessoriale”. Quasi una
cruda realtà che viene sbattuta in faccia a tutti i cittadini. E vediamo perché
trovo sconcertante quanto affermato da D’Elia.
Oggi ricoprire un ruolo di
responsabilità all’interno di una compagine amministrativa è un compito
difficile e impegnativo. Difficile sia per la complessità sempre più spinta
delle norme che regolano il funzionamento della pubblica amministrazione, sia
per il delicato momento che la società sta attraversando. Impegnativo, perché
gli atti da mettere in campo per la risoluzione di una parte, ancorché minima,
dei problemi che affliggono il comprensorio, forse non sono nemmeno più alla
portata di un’amministrazione locale. Vero è che delle scelte che potrebbero
sembrare semplici e prive di conseguenze, ma che poi si rivelano sbagliate
(cessione della rete idrica; avallo, dal punto di vista
politico-amministrativo, di un atto redatto da un gruppetto di avvocati),
possono prostare la vita sociale di un intero comprensorio per anni. Ma in
questo risiede anche una parte della difficoltà del ruolo di un amministratore:
saper individuare le conseguenze immediate e future di ogni singolo atto
amministrativo. Pertanto, sembrerebbe del tutto paradossale guardare a questo
difficile e impegnativo compito come a un mezzo per usufruire dell’indennità di
funzione. Ma non voglio qui fare da censore nei confronti di D’Elia, che stimo
come persona e professionista. Certamente, però, vorrei rendere palese il mio
sconcerto nell’apprendere che i motivi della scelta dell’impegno politico
potrebbero ancora oggi essere individuati nella famigerata “indennità di
funzione”. Qui interviene – deve intervenire – la pubblica opinione, affinché
si possano individuare e isolare coloro
che, pensando di godere di quantità di voti rilevante, puntano ad essere eletti
principalmente per godere dell’indennità di funzione. Qui dovrebbero
intervenire anche i partiti.
Purtroppo, però, se le descrizioni fatte
da Fasano corrispondono al vero (e non ho ragioni per dubitare di ciò), sono
minime le speranze che i partiti possano individuare dei percorsi virtuosi per
scegliere quelle braccia, quei cuori e quelle menti che possano tirarci fuori
dal pantano in cui siamo caduti. Infatti, se nella vicenda delle elezioni del
Segretario cittadino del PD di Sala Consilina vi è stato un “tesseramento
last minute di mogli, fratelli, sorelle, cognati, nipoti, nonni e soprattutto
di noti esponenti anche candidati in precedenti elezioni nel centrodestra”, se vi è stata poi anche ”la presenza
di individui capeggiati da prepotenti che hanno impedito il regolare
svolgimento del congresso cittadino anche con minacce, insulti ed altro ai
componenti della lista e al garante”, allora potremmo dire di essere in presenza di braccia, cuori e menti che
stanno agli antipodi di quanto richiesto da una buona società. Se poi si volesse avere un quadro più chiaro di come
queste braccia, questi cuori e queste menti abbiano agito, a dire dell’arch.
Fasano, si può continuare a leggere: “Questi
soggetti hanno drogato il tesseramento oltre il legittimo e il lecito, hanno
falsato il congresso, attraverso questa mera esibizione di reclutare truppe
cammellate, con atteggiamenti prepotenti e strafottenti, piantonando
militarmente il seggio, determinando l’abbandodo dello stesso da parte di tanti
iscritti e candidati, ed è questo il punto politicamente più grave, anche oltre
la tollerabilità da parte dell’opinione pubblica delle immagini scandalose che
abbiamo offerto”.
A fronte di quanto raccontato dall’arch. Fasano e a fronte
dell’impossibilità di poter raffigurare, a causa di questi ultimi eventi (vicenda
del trasferimento del tribunale compreso), un quadro a tinte chiare della “Sala che sarà”, non possiamo che
chiederci “che Sala sarà?” e avere –
sperando di sbagliare – una rappresentazione del futuro della vallata non
proprio rosea. Infatti, sulla base delle premesse elettorali descritte dal
giornalista Cono D’Elia, non possiamo che dire, con grande rammarico, che si
avevano altre aspirazioni, altri disegni, altre speranze in animo. Purtroppo,
quella Sala non sarà, né potrà esserci nel breve periodo. Nel breve periodo
dobbiamo accontentarci dell’annuncio dell’ennesimo rifacimento dello stadio
comunale “Osvaldo Rossi”, senza che nessuno parli del fatto che una pista di
atletica in terra battuta è stata asfaltata perché, in quel luogo di sport, si
potesse svolgere il mercato cittadino. I disegni, quindi, sembrano altri; e
tutti ancora promanano da un classe dirigente che ha già dato prova delle
proprie capacità e da una nuova schiera di personaggi che, restati nell’ombra proprio
quando l’impegno civile chiamava forte, quando nelle terre del Vallo venivano
smaltiti illecitamente rifiuti, quando le morie di pesci si ripetevano
ciclicamente, quando amministrazioni e politici facevano scempio di siti di
pregio ambientale, ora emergono dalle stanze cupe dell’interesse spicciolo,
alcuni forse sospinti dalla volontà di percepire un’indennità di funzione, come
dice D’Elia, altri animati da altre, più recondite, motivazioni.
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