sabato 10 dicembre 2016

Non amalgamiamoci

Non amalgamiamoci. È questo il messaggio che Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto l’architettura del traffico illecito dei rifiuti in Campania e in Italia e che è rimasto vittima dell’attività svolta nella devastata Terra dei Fuochi, voleva fare arrivare a chi volesse svolgere con onore il proprio dovere. Su questo ed altri aspetti della vita sociale si è parlato lo scorso 29 ottobre a Polla, presso l'Ex Libris Café, con Nello Trocchia, l'autore del libro dedicato a Roberto Mancini. Grazie a una delle tante meritorie iniziative dell'Associazione Voltapagina abbiamo potuto godere di un momento di riflessione su alcuni mali endemici del nostro splendido territorio.

Non amalgamiamoci. È questo il messaggio che umilmente anch'io – con questo scritto - vorrei fare arrivare ai tanti cittadini che, in questo momento, stanno vivendo situazioni difficili, perché la nostra società non sa – al momento - essere giusta e non sa rispettare i diritti di ciascuno, ma sembra voler coltivare solo i privilegi di alcuni (gli amalgamati, appunto). È difficile rimanere con la schiena diritta in questi momenti in cui la crisi economica sta producendo povertà diffusa, ma l’esortazione che vorrei fare arrivare, soprattutto a chi in questo momento è in difficoltà, è la seguente: non sarà sempre così. La Repubblica, in tutte le sue molteplici espressioni, saprà dare piena attuazione agli articoli 1, 2, 3 e 4 della Costituzione. Deve essere così, e non può essere altrimenti, perché “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Civetta
(https://it.wikipedia.org/wiki/Athene_noctua)
Non amalgamiamoci. È questo che dobbiamo ripeterci a vicenda anche perché abbiamo conosciuto tempi in cui, nel Vallo di Diano, la politica c’era e nessuno si sognava di “amalgamarsi”, perché ciascuno faceva parte di una squadra, che poteva perdere o poteva vincere. Adesso esistono solo vincitori, perché gli avversari si sono eclissati. Con questi vincitori non bisogna amalgamarsi, pena la morte interiore. Quel periodo di dialettica politica finisce proprio quando inizia il declino del Vallo di Diano (che implicitamente si fa iniziare con l'anno del Signore 1987, anno in cui viene chiusa al traffico la linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro). Gli attuali amministratori sono dei cloni mal riusciti di figure politiche preminenti del passato. Essi, tuttavia, sono ancora capaci di raccogliere voti a iosa (De Luca docet!), ma non a sufficienza per potere arginare il fiume in piena del 4 dicembre scorso. Una valanga di voti ha fatto comprendere a una classe dirigente, che forse è ancora sotto shock, che le regole della democrazia non possono essere alterate a proprio piacimento. 

Se volessimo fare un'analisi delle ragioni del declino, tuttavia, il tutto non va ascritto all'assenza di un politico “di peso”, ma all'assenza della politica, molto più semplicemente. Della buona politica, soprattutto, quella che l’opinione pubblica non ha mai voluto riconoscere, perché - al momento opportuno - sono stati attivati quei meccanismi clientelari che Vincenzo De Luca ha saputo bene illustrare nel proprio discorso ai trecento (un numero a me caro, assolutamente da non confondere con i Trecento) sindaci campani. 

Su queste e altre questioni ho scritto, in agosto, sul mio blog, cercando di ripercorrere a ritroso quanto successo nelle ultime elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio regionale.

Allocco
(https://it.wikipedia.org/wiki/Strix_aluco)
Comprendo che è difficile stare al passo con quanto viene scritto e detto sulla politica locale, e anche sulle predizioni più amare, come nel caso di una lettera a Repubblica in cui si denunciava la presenza di "bolidi estivi" nel Vallo di Diano. Proprio nella lettera di accompagnamento alla testata nazionale si faceva notare come un cittadino che osserva determinati fenomeni non ha strumenti, se non quello della persuasione della parola, per affrontare alcune specifiche questioni.

Pertanto, proprio l'assenza della politica ha reso il cittadino privo di poteri politici, appunto. Infatti, se il significato dell'espressione di voto dovesse essere riconducibile allo scambio prospettato nella ormai famosa arringa ai trecento sindaci, avremmo - come territorio - davvero poco potere contrattuale ("poche decine di migliaia di voti"). Anche perché chi amministra è rappresentato, nella stessa arringa, come impegnato a gestire le briciole di ciò che il dominus (a seconda della percentuale di votanti che vanno al seggio con le bandiere giuste, dopo aver consumato una buona frittura di pesce) decide di elargire magnanimo.


Gli allocchi locali, pertanto, non possono essere cercati tra coloro i quali hanno sempre dato una rappresentazione giusta della politica, fatta di idee e di onesto servizio, ma sono da individuare in coloro i quali hanno precise responsabilità amministrative. Alcuni di questi volatili, che assomigliano molto alle civette, di cui ben conoscono le funzioni, ricoprono da decenni ruoli importanti per lo sviluppo del territorio. Ma, naturalmente, di questi rapaci notturni nessuno parlerà mai in tono sprezzante, perché hanno in mano il cordone della borsa. E che importa se oggi dicono una cosa, domani l’altra e dopodomani l’altra ancora. Di tempo ne hanno avuto per dire ancora, per fare e disfare, ad libitum. Quel tempo, per fortuna della vita democratica, sembra essere scaduto. 

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