Quinta puntata
Una storia che ha
dell’incredibile, ma che è indicativa del grado di sensibilità ambientale
posseduto dalla variegata compagine amministrativa “unica” che ha retto le
sorti del paese nel quinquennio 2005-2010.
E invece, l’amministrazione di Sassano, il 24 dicembre 2003 (D.C.C. n. 26/2003), approva il Piano Insediamento Produttivi redatto da tecnici del posto. Il progetto prevedeva una strada nel boschetto (oggi parzialmente realizzata), che ne isolava i due rami irreversibilmente. La Regione Campania, senza preoccuparsi dell’assenza di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per l’opera infrastrutturale da eseguirsi in una zona “di particolare pregio ambientale e paesistico”, finanziava il progetto per un importo di 808.205,05 EUR (del. G.R. n. 5450/02). L’importo totale dell’opera era di 861.954,17 EUR, di cui 53.699,12 a carico del Comune di Sassano. I lavori vengono svolti un’impresa di Casal di Principe e i risultati sono quelli che abbiamo sotto gli occhi. Il corpo Forestale dello Stato è intervenuto, in data 20 gennaio 2011, con un sequestro penale di buona parte dell’area. La nostra associazione, già dal momento della denuncia del giorno 11 dicembre 2010, ha espresso la volontà di costituirsi parte civile in un eventuale processo. Tuttavia, alle conclusioni delle indagini solo il Comune di Sassano viene riconosciuto come parte offesa. Il Comune non si costituisce parte civile, così come dovrebbe, e noi rimaniamo fuori. L’evoluzione dettagliata di questa vicenda può essere appresa dal post “Una brutta Storia". In sintesi, un ex senatore della Repubblica Italiana viene rinviato a giudizio per occupazione di suolo pubblico dopo il sopralluoogo del Corpo Forestale dello Stato. Dal verbale della Forestale emergeva anche che "sono stati distrutti circa 2000 mq di bosco". Ma non si saprà nulla sui responsabili.
Era il 2003, quando
nel Vallo di Diano venne dato l’annuncio di una sconcertante scelta
amministrativa: a Sassano una zona di pregio ambientale doveva essere
sacrificata sull'altare del falso progresso, fatto di cemento e capannoni. Dopo
un lungo e tortuoso iter amministrativo la Giunta Comunale sassanese approvava, nel maggio
del 2003, un progetto di insediamento industriale secondo un piano regolatore
del 1984, che andava rivisto alla luce di una nuova sensibilità sociale nei
confronti dei temi ambientali (vedremo in seguito i dettagli). La minoranza, poi confluita allegramente nell'amministrazione
“unica” nel 2005, dava una mano. La Giunta Comunale, grazie forse anche a questa "aspettata" sinergia, dava il via libera ai lavori dopo quattro mesi da una delibera della Comunità Montana, che individuava
quella zona come un boschetto (o bosco) paleo-palustre da preservare,
testimonianza viva di quella che fu la natura paludosa della vallata prima
della bonifica del territorio. Il progetto tecnico dell’insediamento
industriale non riportava, a quanto è dato sapere, uno studio di Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA). Come dire, faccio un intervento invasivo su di un
punto dove è delicatissimo l’equilibrio dell’ecosistema locale e non effettuo
nemmeno degli studi che possano scongiurare (o almeno minimizzare) i danni
ambientali prodotti da un insediamento produttivo. Al contrario, si asseriva
sulla stampa che era necessario costruire l’insediamento produttivo per creare
occupazione. Ora, a rigore di logica, in un territorio a vocazione agricola e
turistica si distruggono potenziali posti di lavoro se si dà l’assalto alla
vallata e, in particolar modo, se si cancella, con una inopinata delibera, un
sito di pregio ambientale, che una precedente delibera di un
ente sovra-comunale (febbraio 2003) avrebbe voluto tutelare, a seguito di un dettagliato studio
che ha portato alla definizione di una “carta di destinazione d’uso del
territorio” per il nostro Vallo. Veniamo allora ai dettagli.
Con una legge regionale (L.R. 17/1998) si richiedeva
alle Comunità Montane di stilare una “carta di destinazione d’uso del territorio”
per individuare “le aree di prevalente interesse agrosilvo pastorale e di
particolare pregio ambientale e paesistico, le linee d’uso delle risorse
primarie e dello sviluppo residenziale produttivo, terziario, turistico e la
rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale”. Con una certa
inerzia, la Comunità Montana del Vallo di Diano, il 13 febbraio del 2003,
riuscì a deliberare su uno studio in tal senso prodotto anche grazie alle
consulenze del prof. Pasquale Persico, del dott. Nicola Di Novella
e della dott.ssa Maria Giovanna Fiume. Non sappiamo (né ci interessa poi
tanto sapere) quanto siano costate queste consulenze. Tuttavia, dobbiamo
rilevare che esse non possono essere state gratuite, per la mole di lavoro
prodotta. Che cosa si stabilisce nella “carta di destinazione d’uso del
territorio”? A pag. 252 si elencano, tra le aree di particolare pregio
ambientale e paesistico, anche le “macchie e boschetti paleo-palustri”. Ora, si
potrebbe obiettare: ma chi definisce boschetto paleo-palustre quello della zona
Cappuccini, in altre parole la zona “umida,
malsana e limacciosa” che ritroviamo in alcuni scritti? A prova del fatto
che tale è la definizione del boschetto che ospita una zona PIP, si può leggere
una lettera, avente a oggetto la salvaguardia degli ambienti umidi del Vallo di
Diano, inviata al sindaco del Comune di Sassano pro tempore e ad altre
istituzioni locali da Salvatore Della Luna Maggio, responsabile
territoriale dell’associazione ambientale ATAPS-FIPSAS. In questa lettera,
custodita gelosamente nel nostro archivio, ancora si può leggere: “… nelle
tavole delle aree d’interesse naturalistico della carta d’uso del territorio
veniva evidenziata la macchia ed il relativo boschetto paleo-palustre della
località Cappuccini in agro di Sassano”. Ciò “è emerso durante
l’incontro che la Comunità Montana Vallo di Diano, attraverso i suoi uffici
tecnici, ha tenuto il giorno 1 luglio 2003 presso il municipio di Sala
Consilina”. Che cosa preoccupava Della Luna Maggio? Si legge nella
stessa lettera: “Con grande sorpresa, nel corso dell’illustrazione delle
successive tavole, si è evinto che nella cartografia riguardante le aree PIP
della comunità montana, una delle due aree PIP del comune di Sassano insisteva
sul boschetto palustre di Ponte Cappuccini”. Salvatore Della Luna Maggio
chiedeva, infine (così come prevede la L.R. 17/98, d'altronde) che il Comune di
Sassano rivedesse il piano regolatore, vecchio di quasi vent'anni all'epoca,
alla luce di quanto emerso in sede di discussione il giorno 1 luglio 2003.
Nel 2007, consci del fatto che “i Comuni orientano i loro piani regolatori
alle indicazioni della carta di destinazione d’uso del territorio elaborata
dalla Comunità Montana” (come si legge nella L.R. 17/98), dopo vari inutili
tentativi di interloquire in modo costruttivo con l’amministrazione locale,
abbiamo cercato di interessare il Ministero dell’Ambiente, con
un’interrogazione parlamentare richiesta all’on. Trepiccione dalla
nostra associazione. Nella seduta n. 159 del 17/5/2007, l’on. Trepiccione
formulò un’interrogazione a risposta scritta all'allora ministro dell’Ambiente
on. Pecoraro Scanio. Un estratto di tale interrogazione recita: “il PIP di Sassano (paese che conta poco più
di 5.000 abitanti) prevede 20 lotti da 2.000 mq l'uno e le necessarie opere
infrastrutturali; a Teggiano, 5 chilometri più in là nasce un altro PIP,
proprio nell'areale della cicogna; ed altri ne sono previsti ad Atena Lucana, a
Polla, a Sala Consilina e a Padula, tutte cittadine del Vallo di Diano con una
media di meno di 10.000 abitanti ognuna, dislocate nel raggio di 20 chilometri;
dalla vicenda in oggetto possono trarsi alcune considerazioni: che le opere
pubbliche infrastrutturali tendono ad essere insediate nelle aree libere del
territorio, aree che sono considerate di scarso valore se non res nullius,
quando invece dovrebbero essere considerate di valore più elevato rispetto alle
aree edificate; che la previsione delegata ad ogni singolo comune di realizzare
proprie aree di insediamento, senza complessiva concertazione e senza un
coordinamento quanto meno provinciale, sta trasformando il Vallo di Diano in
una distesa di aree asfaltate e ben che vada di capannoni, poiché i fondi sono
spesi in quanto vincolati allo scopo e non in base a reali esigenze produttive
ed ogni comune tende a spendere quanto ottenuto senza interfacciarsi con i
comuni confinanti; che la mancanza di norme centralizzate per l'uso dei suoli
sta distruggendo il territorio, in quanto qualsiasi centro commerciale è
considerato «migliore», in quanto produce più reddito, di qualsiasi area
agricola o ambientalmente significativa”.
La vicenda di questa interrogazione parlamentare è singolare, perché essa viene prima formulata e poi ritirata. L’attuale sindaco Pellegrino era allora parlamentare dei Verdi e aveva certamente letto quella interrogazione di pregevole fattura. All'epoca, tuttavia, egli intratteneva buoni rapporti con l’amministrazione (a lista unica) di Sassano. Proviamo allora solo a immaginare come siano andate le cose, senza aggiungere altro. Eppure sono sacrosante le parole pronunciate dall'on. Trepiccione. E un passaggio di quell'interrogazione non dovrebbe sfuggire agli amministratori locali: “Esiste una proposta, da parte della Regione Campania, di istituire una Zona di Protezione Speciale a ridosso del Tanagro, proprio per il forte flusso migratorio che tale specchio d'acqua attira”. Tramite l’associazione che rappresento, spedisco, il 22 settembre del 2006, una lettera ai sindaci di Sassano, Sala Consilina, Teggiano e San Rufo, per sollecitare la perimetrazione delle aree. Il sindaco di Sassano, dott. Rubino, risponde il 24 ottobre del 2006 (prot. 5298): ”… si rappresenta che questa Amministrazione, di concerto con gli altri Comuni interessati, sta procedendo alla redazione di una proposta di perimetrazione della Z. P. S. da presentare al Tavolo di Concertazione presso l’Assessorato Regionale competente.” Oggi siamo ancora in attesa che tale perimetrazione venga fatta e che una Zona di Protezione Speciale venga istituita per il Tanagro. Ma che volete che importi a noi tutti del Vallo di Diano degli uccelli migratori, quando sono in gioco vicende legate agli uccelli rapaci stanziali?
Sembra allora che il
tempo sia trascorso inutilmente in questo ridente paesino ai piedi del Monte
Cervati, poiché dal 1984 nessuna nuova sensibilità si è aggiunta alla pervicace
intenzione di voler sacrificare una testimonianza dell’ambiente umido
originario di questo grande anfiteatro naturale: il Vallo di Diano. Qualcuno
sospetta addirittura che vi sia stata una compravendita di terreni agricoli
della zona avvenuta prima del 2003. Ma questo è solo il fisiologico divenire
dei fatti amministrativi, si dice in giro. Questi fatti costituiscono la
rappresentazione plastica della nostra realtà, fatta di trovate amministrative, e di osservatori del paesaggio che, come dice il nome stesso, stanno solo a
guardare. Tutto questo mentre solo pochi fessi, che alla fine vengono anche
odiati e messi all'indice proprio da chi osservando si ingrassa, si impegnano
fino in fondo nelle cose in cui credono. E questo perché in ogni piccola
comunità è ancora possibile scorgere l’anima di Peppino Impastato che continua
la propria silenziosa lotta contro il potente “Tano Seduto” e i suoi accoliti.
Mi permetto di
concludere con un canto al capannone abbandonato, che a volte mette in bella
mostra il nome del benefattore di turno (qui si chiamano così), nella speranza che qualcosa possa un
giorno cambiare.
ODE
AL CAPANNO(NE) ABBANDONATO
A te
che pur solingo i giorni meni
sul
lato della strada abbandonato;
a te
che tempi bui e meno ameni
or temi
e non vorresti mai esser nato;
a te
che a sera penso quando trovo
albergo
nella mia calda dimora,
avendo
attraversato il lungo covo
della
vallata che l’avar divora.
Se tu
sapessi quanto affanno e quanto
alte le
grida alla tua triste sorte
levai
al vento come incauto canto,
allor
potresti giudicare il danno
di chi
distrugge la vetusta corte
fiero
del nome, o fetido capanno.
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