venerdì 19 agosto 2016

Capponi di Renzi nel Vallo di Diano

Osservando il gran lavorio a cui alcuni si sottopongono per arrivare a mettere le mani sulle amministrazioni locali, come possiamo non farci tornare alla mente il passo manzoniano sui “capponi di Renzo”. Cambia la vocale finale, ma il risultato è – nei fatti – lo stesso. Eppure mentre i poveri volatili nel romanzo storico erano del tutto ignari della loro (e solo loro) futura sorte, lo stesso non vale per alcuni amministratori locali. Infatti, essi si apprestano a convincere gli amministrati, con i mezzi che conosciamo bene, della bontà della riforma costituzionale del loro signore. Così facendo, giocano con i nostri destini e con quelli dei nostri figli, senza percepire il baratro istituzionale in cui potremmo tutti a breve precipitare. Questo frangente delicato della vita politico-amministrativa del Vallo di Diano, del Sud e dell’Italia tutta induce a un’ennesima riflessione sui metodi utilizzati dai più per agganciare il territorio a un meccanismo perverso di pseudo-rappresentanza politica a qualsiasi livello.


Cominciamo allora dal livello più basso, in tutti i sensi. Un incarico amministrativo dovrebbe essere ricoperto con la massima consapevolezza dell’attuale complessa (e molto critica) situazione socio-economica. Eppure, ancora si sgomita per partecipare a un’indecente caccia al tesoro in cui i mediocri sono i più lesti ad agguantare la meta. Arrivano primi a suon di voti, non di consensi, con tattiche fatte di ogni sorta di furberia. Ma sono voti, non consensi. Perché il giorno dopo le elezioni (alcune con lista unica, altre con liste che si definiscono con un nome di un altro incolpevole volatile, ma che noi diremo fasulle) si rinnova il solito lamento nei confronti delle ingiustizie del mondo. E a volte il pianto greco proviene proprio dalle file degli elettori di questi nuovi baroni locali. Mentre i cittadini consapevoli desidererebbero vedere una classe dirigente più preparata sia sul piano culturale in generale che delle esperienze lavorative e amministrative. Persone che studiano e viaggiano per fare confronti e per cercare di prendere il meglio delle esperienze virtuose altrui, invece di affidarsi all'improvvisazione e all'assenza perenne di un'idea di sviluppo.

Una fontana murata nel centro di Sala Consilina.
Quando si va oltre la privatizzazione, succede
anche questo.
Se saliamo appena di un gradino, ci accorgiamo che il peggiore dei mediocri potrebbe ben rappresentare il basso contenuto etico delle azioni amministrative locali. Anche con il contributo di chi si auto-definisce migliore o alternativo. E già! Un’azione amministrativa vessatoria nei confronti dei cittadini, un incurante atteggiamento verso le emergenze ambientali locali, una voluta disattenzione nel contrasto all'illegalità diffusa (salvo poi professare la legalità a parole), uno sguardo distratto quando le emergenze sociali reclamano impegno serio e concreto danno garanzia di ascesa al gradino successivo. E già!

Sul livello ancora successivo si è fatto tanto parlare sulla pletora di candidature locali. Nessuno, men che meno la stampa commerciale locale, ha però notato che sono state le compagini dei migliori e degli alternativi a ingrossare le file dell’elettorato passivo. I due caravanserragli contavano una decina di liste ciascuno e mettevano in campo otto candidati locali in totale. 
Mancava il candidato del M5S, per il quale gli amici pentastellati avrebbero dovuto lavorare. Per fortuna (della vita democratica locale), c’era una voce fuori dal coro che ha voluto ricordare anche alle più pavide minoranze (ma certamente non a quelle proditoriamente costruite) che esiste una via per l’opposizione al renzismo. Sì, perché anche i migliori e gli alternativi hanno rimpinzato di voti i deluchiani e, di conseguenza, i renziani. Sarebbe davvero interessante, adesso che il contesto politico nazionale è nettamente polarizzato su due fronti opposti, vedere i migliori (tra i mediocri) dove si collocheranno, semmai lo faranno apertamente. I due fronti sono, ovviamente, i seguenti: il primo dell’opposizione netta alle false riforme, il secondo dei capponi locali che tentano di condurre anche noi cittadini nella padella della cucina di Azzeccagarbugli.


Un esempio di come sono ridotti i nostri fiumi.
E un esempio di un tentativo di recupero da
parte di uomini di buona volontà.
Ci sarà molto da fare dopo il fallimento di questo maldestro tentativo di minare alla base le fondamenta della vita democratica italiana. Ci sarà da acquistare fiducia nelle istituzioni, da lavorare per un futuro diverso e, si spera, migliore. Si lavorerà, allora, seguendo un progetto fondato su paradigmi del tutto diversi da quelli prospettati dal loquace fiorentino. Un futuro in cui l’onestà e la competenza degli amministratori locali dovranno ricomporre l’attuale frattura tra i cittadini e la politica e far recuperare il passo a una nuova idea di progresso. Non più un progresso che preveda forti sperequazioni sociali, modelli produttivi basati su fonti energetiche inquinanti e un conseguente sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, ma un progresso basato sulla conoscenza, sulla ricerca, sulla giustizia sociale, sul rispetto vero delle risorse naturali residue e sulla valorizzazione delle peculiarità culturali dei nostri territori.          

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