venerdì 30 settembre 2011
L’intrinseca complessità di alcuni sistemi
Nei sistemi biologici non particolarmente semplici la complessità dell’interazione tra l'insieme delle cellule che costituiscono il corpo (il sistema stesso) è tale da rendere vano qualsiasi tentativo di descrizione analitica esatta della risposta di tutte le cellule ad uno stimolo esterno. Di una singola particella - non troppo piccola - sottoposta alla forza di gravità, tuttavia, sappiamo dare una descrizione dettagliata, utilizzando leggi fisiche deterministiche. Galileo, infatti, ebbe modo di provare che la relazione che intercorre tra l’altezza del rilascio e il tempo di caduta di un grave è di tipo quadratico, se si trascura la forza resistente, data dall’aria, sulla particella.
Parimenti, il comportamento di corpi sociali costituiti da un numero elevato di persone (mettiamo qualche decina di milioni d’individui pensanti) potrebbe essere difficilmente prevedibile in modo dettagliato. Eppure, anche in assenza di strumenti analitico-matematici che permettano la descrizione puntuale del sistema, a volte si possono prevedere alcune risposte in media che possono indicare, ad esempio, lo stato di salute del sistema biologico o di quello sociale considerato.
Per fare un esempio molto semplice, se considerassimo l’innesto di un elevato numero di agenti parassitari su di un sistema biologico inizialmente sano, potrebbe essere abbastanza naturale prevedere che il grado di salute di questo sistema degradi col tempo fino allo stato irreversibile finale: la morte. Alla stessa conclusione si potrebbe giungere se il numero di esseri parassitari non fosse particolarmente elevato, tenendo conto, tuttavia, di una specifica aggressività dei pochi agenti innestati.
Il parallelo con un corpo sociale inizialmente sano è immediato. E, tuttavia, in quest’ultimo caso, il tracollo sociale è decretato o dal collasso dell’impianto di regole sul quale si reggevano i rapporti sociali della collettività di individui, oppure dal caos delle interazioni tra i singoli elementi del sistema. In genere, dopo un periodo di transizione anche turbolento (per usare un eufemismo), le regole sociali vengono ristabilite per un intrinseco e inalienabile desiderio dell’Umanità: la pace tra gli uomini.
Nel primo caso, si giunge a un nuovo punto di equilibrio mediante l’adozione di un nuovo modello sociale, che comporta un complesso di nuove regole di interazione tra i soggetti. Paradossalmente, questo è il caso più improbabile, proprio perché più difficile da realizzare in assenza di visioni alternative della missione sociale di ogni singola breve vita. Possiamo perciò connotare questo evento come una “rivoluzione”. Nel secondo caso, invece, è più semplice intervenire con la rimozione della causa scatenante il caotico tracollo della società, favorendo una lenta ripresa delle corrette interazioni tra gli individui sulla base di regole preesistenti. Sempre che non si superi il “punto di non ritorno”, che non s’innestino strani fenomeni di individuazione “di parte” delle cause dei malanni sociali, e che non si determini un preventivo deterioramento effettivo delle regole che dovrebbero permettere la risalita della china.
Quelle stesse regole che dovrebbero essere tanto più sentite quanto più ristretto è il loro ambito di applicazione, per scongiurare possibili vicinanze e commistioni di interessi tra controllati e controllori, ad esempio. Ancor più se esiste un rischio concreto che le varie cricche professionali, che localmente si appropriano, senza senso dell’etica, di privilegi e funzioni (anche pubbliche), possano, col loro dissennato modo di operare, recare danno alle persone socialmente più deboli.
Memori della storia del burattino Pinocchio che incappa nella giustizia del paese di Acchiappacitrulli, ci auguriamo che qualcuno procuri di essere molto cauto nell’applicazione delle ferree regole sociali nei confronti di coloro i quali appartengono a categorie disagiate. Sarebbe giusto, d’altro canto, adottare uno stretto controllo sull’operato degli amministratori pubblici, soprattutto quando essi, forti delle loro trentennali carriere, ostentano un’inusitata iattanza nei loro affari nepotistici e davanti a teleschermi e microfoni. Mostrarsi forti con i deboli è più semplice, tuttavia, soprattutto quando si intrattengono rapporti (anche conviviali) con chi localmente detiene il potere amministrativo. Per continuare il parallelo con i sistemi biologici, sarebbe come se gli anticorpi facessero a gara con le cellule tumorali nel diffondere il cancro in un essere vivente.
La domanda che mi pongo, infine, è la seguente: faremo finta di non capire che è proprio in questo modo che una società va irrimediabilmente in malora, oppure vorremo industriarci tutti a rendere più giusta e vivibile la nostra collettività in questo difficile (per alcuni!) momento storico?
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