Il Consorzio Centro Sportivo
Meridionale Bacino SA/3, che per lungo tempo ha gestito la raccolta dei rifiuti
e lo sport nel Vallo di Diano, è stato costituito nel 1998, subentrando al
Consorzio Comuni Depressi, voluto, negli anni ’70, dal Sen. Enrico Quaranta
(PSI) per la costruzione del Centro Sportivo Meridionale (CSMe). Nel 1972 si
metteva la prima pietra di questo grande complesso sportivo, che occupa 15
ettari di terreno, con un contributo da parte della Cassa per il Mezzogiorno di
14-15 miliardi circa. Il CSMe è tuttora il più grande centro sportivo
dell’intero Meridione. Nel 1981 si completavano i lavori, ma le piscine non
andavano in funzione (esse sono state completate, con ulteriori finanziamenti,
solo negli anni 2000). La prima manifestazione sportiva di inaugurazione del
1981 prevedeva, infatti, solo gare di atletica (per inciso, non si ricordano
altre manifestazioni simili in seguito). Vi è stato anche un certo interesse
alla gestione degli impianti da parte di una società del gruppo FININVEST, ma
poi non si è fatto più nulla. Nei Mondiali del 1990 la Romania aveva espresso
il desiderio di voler trascorrere un periodo di ritiro al CSMe, ma poi anche
questa opportunità doveva sfumare nel nulla. Una vera e propria cattedrale nel
deserto, insomma, come si vede dalla foto della struttura.
Questo Centro è nato per volontà dell’On. Enrico Quaranta
ed è stato inaugurato dal Presidente dell’epoca Gerardo Ritorto, persone
purtroppo decedute e oggi compiante da molti. Partirò dal documento scritto dal
Presidente Ritorto in occasione dell’inaugurazione del Centro nel 1981,
analizzando lo stesso documento punto per punto e cercando di essere critico
riguardo all’analisi svolta dal politico, nel più pieno rispetto per la persona,
che molti ricordano come amabile e, allo stesso tempo, positivamente concreta.
La mancanza di infrastrutture
per lo sport ed il tempo libero, il disinteresse degli Enti Locali per i
problemi dei giovani, una legislazione “ottocentesca” che non permette alla
“spesa pubblica” di rivolgersi con maggiore interesse a questo primario settore
dei servizi sociali, hanno contribuito ad un più forte isolamento delle aree
interne.
Questo primo passaggio mi trova
completamente in disaccordo non tanto con l’analisi sociale che il Presidente
Ritorto fa del nostro territorio, quanto sulle cause dell’isolamento delle
zone interne. Il contributo dell’assenza delle infrastrutture sportive al
fenomeno dello spopolamento e del depauperamento sociale delle zone interne è
marginale rispetto all’endemico problema della mancata adozione, da parte degli
Enti Locali, che lo stesso Ritorto addita come responsabili del fenomeno, di
una strategia di sviluppo possibile e sostenibile. È da comprendere, però, il tentativo del
politico di giustificare un’opera faraonica costata 15 miliardi di lire oltre
quaranta anni fa e oggi ancora parzialmente inutilizzata. Quest’opera,
largamente sovradimensionata per le esigenze delle giovani generazioni del
posto, avrebbe dovuto ospitare eventi di richiamo nazionale ed internazionale,
ma tutti sanno come sono andate a finire le cose. Così, l’opera è servita quasi
da obelisco, a memoria di un passaggio politico (forse anche largamente criticabile)
che tanta speranza aveva infuso nell’animo della gente del luogo. A distanza di
quarant’anni possiamo giudicare con occhi sereni tali vicende e comprendere
l’esigenza che all’epoca si aveva di allargare il consenso politico attorno un
partito con grosse potenzialità di crescita, poi travolto da Tangentopoli. Un
partito che, purtroppo, negli anni ’80 ha contribuito non poco al degrado
sociale e morale della nostra nazione e, in particolare, del nostro Sud,
diffondendo capillarmente una visione distorta dell’azione politica. Il politico,
ancora oggi, è qui considerato l’elargitore di posti, di favori e di prebende e
non è visto, per la maggior parte dei nostri conterranei, una persona dedita
alla ricerca delle vie per lo sviluppo del territorio. Un politico che
intendesse la sua attività come onesto servizio, infatti, non godrebbe
localmente del favore dei clientes e quindi non potrebbe avere un
seguito elettorale cospicuo.
I giovani, in special modo,
preferiscono individuare occasioni di lavoro nelle aree metropolitane più
attrezzate alimentando, anche per questo, lo squilibrio territoriale.
Ancora un passaggio da criticare,
ma che coglie il problema dello squilibrio territoriale, che, secondo
chi scrive, è dovuto soprattutto alla carenza di infrastrutture primarie (reti
idriche e fognarie efficienti, reti viarie sicure, servizio di trasporto
pubblico capillare, strutture scolastiche adeguate, etc.) piuttosto che
all’assenza di infrastrutture sportive, che pur potrebbero contribuire al
fenomeno, ma in modo poco rilevante. E qui ribadisco che il fenomeno dello
spopolamento delle zone interne è soprattutto dovuto all’assenza di un’offerta
di lavoro in loco, piuttosto che all’assenza degli stadi di calcio. Di
questa cosa ci danno (purtroppo!) ragione gli anni che sono trascorsi dal 1981
ad oggi.
La continua ricerca di una
diversa qualità della vita, la intuizione e la costanza di un Amministratore,
il sen. Enrico Quaranta, Sottosegretario al Turismo, hanno consentito la
realizzazione del Centro Sportivo Meridionale che rappresenta una concreta
testimonianza di gestione comprensoriale del territorio, nelle linee
progettuali della “Città di Vallo di Diano”.
Diamo qui atto di una visione
politica alta e di una capacità progettuale ad ampio respiro del Presidente
Ritorto. Peccato che a questa testimonianza di gestione comprensoriale del
territorio non sia seguita un’opera concreta in altri campi, quali il
trasporto pubblico, ad esempio. Ed allora ci si chiede, è stata davvero la
scelta giusta, dal punto di vista politico, investire svariati miliardi
dell’epoca in un’opera così come la conosciamo oggi? La domanda è retorica, lo
comprendo, ma non possiamo non porci questa domanda, se vogliamo comprendere
come determinati metodi, che io oserei definire assolutistici, per i quali un
territorio viene gestito da una cerchia ristretta di rappresentanti
istituzionali di alto livello, non siano più adatti per la costruzione del
futuro del comprensorio. Tuttavia, se diciamo che un tentativo di rilancio del
territorio, che rasenta i limiti dell’arditismo politico, è fallito, dobbiamo
anche dire che esso è fallito soprattutto perché si è voluto vedere, dietro la
cospicua fetta di denaro elargito dalla Cassa per il Mezzogiorno, una
possibilità di riscatto. E forse per pochi lo è stato, ma di certo non per quei
giovani che ancora oggi sono in cerca di una prima occupazione altrove.
L’attenzione che la FIDAL ha
rivolto a questi impianti, destinandovi il II Trofeo delle Regioni, è la prova
che il mondo dello Sport, più di tutti, è sempre pronto a farsi carico delle
esigenze delle popolazioni meno favorite.
(Seguono i ringraziamenti alle
autorità sportive)
Esigenze delle popolazioni
meno favorite è la chiave di lettura in questo passaggio che ci fa capire
quanto sensibile fosse il politico e quanto a fondo egli avesse compreso la
realtà territoriale. Tuttavia, a questa sensibilità è associata l’esigenza di dover, ancor una volta, giustificare l’intrapresa del Sottosegretario Quaranta. Ma noi
ci chiediamo se quegli Enti Locali, che da tempo hanno continuato ad ignorare
queste esigenze, non debbano adesso con forza essere chiamati a farsi carico
delle esigenze di sviluppo di una collettività di persone. Anche la risposta a
questa domanda è ovvia.
Alla fine della disamina del
documento del 1981, che ho rinvenuto di recente, e che vorrei sottoporre
all'attenzione dei cittadini della Città di Vallo di Diano, così come il
Presidente Ritorto definiva la vallata, è opportuno manifestare la nostra
preoccupazione, frammista ad una certa speranza di riscatto del Centro stesso.
La nostra preoccupazione è che a gestire lo sport, insieme allo smaltimento dei
rifiuti, sia un gruppo di persone che, negli anni, non ha saputo dare risposte
a quelle esigenze delle popolazioni meno favorite di cui il Presidente
Ritorto parlava. La nostra speranza è che un moto di indignazione collettiva
possa far crescere l’attenzione verso questa vallata e che, sull’onda della
stessa indignazione, un controllo strettissimo possa essere effettuato da tutti
gli organi istituzionali preposti sull’operato di coloro dai quali ancora ci si
aspetta una risposta. Perché se da qualche parte del Vallo di Diano, in qualche
paese, vi sono depuratori che non funzionano e i fiumi e i canali ancora
fungono da fogne a cielo aperto, almeno le somme di danaro destinate a qualche
infrastruttura locale, pur senza quelle priorità che deriverebbero dalla gestione
comprensoriale del territorio auspicata dal Presidente Ritorto, possano
essere utilizzate concretamente per lo sport, se destinate allo sport, oppure alla
depurazione, se destinate a quello scopo.
Il Vallo di Diano, tuttavia, aveva
bisogno di altre opere e di altri interventi strutturali. Il trasporto pubblico,
ad esempio, è pressoché inesistente, cosicché si è favorito il fiorire di
autolinee private che gestiscono anche il servizio sostitutivo su gomma lungo
la linea ferroviaria, visto che il tratto Sicignano-Lagonegro, che attraversa
la vallata per intero, è chiuso al traffico dal 1987. Qualche speranza in
quest’ambito, tuttavia, continuiamo a coltivarla, dopo la nascita del Comitato
per la riapertura della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. E le nostre
speranze, oggi, sono i giovani che stanno prendendo coscienza del passato, che
possiamo raccontare loro rifuggendo da qualsiasi partigianeria di comodo. Col profondo
rispetto per l’opera di uomini che hanno saputo infondere, nell’animo delle
classi sociali più deboli, quell’alito di speranza di un futuro migliore,
esortiamo i giovani a non dimenticare e a coltivare la loro memoria. Perché
anche se i loro scritti possono essere commentati in modo asettico (come domani
potrebbe succedere a queste righe), anche se le loro azioni politiche possono
essere criticate, nel nostro animo deve rimanere saldo il rispetto per quelle
figure che hanno fatto, nel bene o nel male, la storia di queste terre.