Considerazioni a
margine della presentazione delle liste elettorali per il rinnovo del Consiglio
Comunale di Sala Consilina: necessità di un rinnovamento dei canoni etici e
sociali nella vita politico-amministrativa
Non sarà un post breve, perché non può esserlo. Pertanto, a
chi avesse poco tempo da dedicare alla lettura, consiglierei semplicemente di
non leggere, perché una scorsa superficiale a queste righe potrebbe risultare in un'inutile perdita di tempo. Lo stesso consiglio mi sento di dare a chi cerca
concetti espressi in modo semplice e immediato: purtroppo non sempre si può. Infatti, è difficile rappresentare lo sconforto di chi
scrive e di tanti altri cittadini. Il tema del post è brevemente indicato nel
sottotitolo.
La premessa sarà più che breve: Sala Consilina è il
principale paese del Vallo di Diano, ospita istituti scolastici e servizi di
varia natura. Per questi motivi la cittadina non può essere considerata solo
“proprietà politica” dei residenti. Prova ne è l’ultima vicenda legata alla
chiusura della struttura dell’Istituto Tecnico Industriale Statale (ITIS),
frequentato da giovani che provengono da vari paesi del circondario: la
preoccupazione espressa dai genitori degli studenti sui “social network” dà
l’idea di quanto questo paese appartenga a tutto il Vallo di Diano. Pertanto,
lo slogan “#iovotosalese”, o altre
trovate campanilistiche simili, non dovrebbero più trovare spazio nella realtà
attuale. E con queste parole si dovrebbe porre fine all'inutile pantomima del
richiamo al campanile, anche per evitare che alcuni, pensando in piccolo
(ossia, localmente) adottino questi motti per fini elettoralistici e poi, allo
stesso momento, si facciano paladini dell’idea di una città del Vallo, con la
pretesa di agire territorialmente. D’altro canto, già negli anni ’80 un
illuminato amministratore diceva che “bisogna affrontare e risolvere i problemi
a livello comprensoriale”. Sarebbe il caso, quindi, di non perdere di vista
questi preziosi insegnamenti.
L’idea di fondo dell’assemblea popolare del 9 aprile scorso,
indetta per chiamare a raccolta tutte le forze del rinnovamento per poter
cambiare lo spartito, non solo i suonatori, per un nuovo canto a più voci che
potesse rischiarare la visione del futuro della vallata, si rifà proprio a
questa premessa. Tutti gli interventi in seno all'assemblea sono stati di
spessore e hanno rafforzato l’idea che il riscatto del territorio potrà partire
solo dal paese capofila. Gli interventi spontanei sono venuti da persone che
hanno o hanno avuto un ruolo politico e sociale a Teggiano, a Padula, a Sala
Consilina. L’assemblea è stata perciò un momento di riflessione collettiva
sulle dinamiche sociali che hanno portato allo stallo socio-economico attuale.
Allo stesso momento, attraverso la stessa assemblea, è stata sondata la
possibilità di dar vita a un movimento trasversale, che si riconoscesse nei
princìpi fondanti della Costituzione Italiana, per poter “affrontare e
risolvere a livello comprensoriale” i problemi che affliggono il nostro
territorio. Questo movimento non poteva non trovare espressione in un momento
di confronto democratico, senza improvvisazioni di sorta, ma con l’apporto
dell’esperienza e della volontà di riscatto che ciascun cittadino avrebbe
potuto apportare all'azione collettiva. E però l’appello è caduto nel vuoto per
le ragioni che andremo a esporre.
Innanzitutto, dobbiamo ancora specificare che l’appello era
rivolto a tutti coloro i quali avrebbero voluto contribuire a una nuova
stagione di idee per il territorio. Ci si svincolava così dalle appartenenze di
partito e si guardava con favore a chi non propugnasse politiche
anti-meridionaliste o antidemocratiche. Questo era stato detto in chiaro sia
nell'invito, sia nella parte introduttiva dell’assemblea popolare. Ma perché
c’era bisogno di un incontro con la popolazione per poter, eventualmente,
portare avanti anche la costituzione di una lista per concorrere alle presenti
amministrative? Erano arrivati segnali chiari. Una lista di un movimento
politico che si fa garante di politiche a favore dell’ambiente e dell’acqua
pubblica non era sorta; la conferma l’abbiamo avuta solo il 27 marzo scorso,
non già in modo diretto, ma perché quella data costituiva il termine ultimo per
la presentazione dell’elenco dei candidati all'agenzia garante del movimento
stesso. Stava poi accadendo un fatto strano: amministratori del passato che
avevano ricoperto ruoli apicali a livello comunale, stavano organizzando, alcuni
in prima persona, alcuni per interposto congiunto, una lista da contrapporre a
quella dell’amministrazione uscente. E fin qui tutto legittimo. Si comprende
bene che “il potere logora chi non ce l’ha” (mi dispiace citare questa frase, ma
non ne trovo altre più adatte). Così, “contro il logorio della vita moderna”
(questa citazione è presa direttamente dal tanto amato Carosello), ci si può
anche lanciare in operazioni di vago sapore “vintage”. L’aspetto comico, se non
vogliamo definirlo tragico, è che alcuni vogliono far credere che in questo
modo ci si possa preparare a lavorare per il futuro del Vallo. In realtà si
stanno semplicemente perpetrando liturgie pseudo-politiche cui siamo soliti
assistere da qualche tempo a questa parte.
Pur tuttavia, era molto chiaro a chi scrive l’interesse
trasversale, non solo di una parte, di fagocitare forze potenzialmente attive
di donne e uomini capaci di lavorare per il rinnovamento di idee e metodi. Alla
fine, forse grazie proprio alla scaltrezza, che non fa difetto ad alcuni amministratori
del passato, queste ultime forze sociali, contro ogni nostro auspicio, si
stanno oggi avviando a sperimentare l’abbraccio esiziale di forze (certo di
segno opposto) che tenderanno inevitabilmente a oscurare quanto di
potenzialmente buono queste stesse donne e questi stessi uomini avrebbero
potuto esprimere in una compagine che facesse chiaramente riferimento al futuro
e non già al passato.
Al di là della legittima ironia sul fatto che, durante
questi anni, nonostante l’assenza del Tribunale, il Consiglio comunale si stia
tramutando in un foro (anche se alcuni potrebbero pensare a un vero e proprio
buco nero, visti i servizi che stanno pian piano scomparendo nel nulla), fa
riflettere un aspetto, in particolare. Infatti, di recente non pochi hanno
notato come siano soprattutto alcuni rappresentanti di una specifica categoria
professionale quelli più attivi dal punto di vista politico-amministrativo.
Qualcuno forse pensa di aver ricevuto un'investitura speciale nell'abbracciare la
propria professione e che i cittadini abbiano firmato un mandato per essere
rappresentati anche in ambito politico. E però è vero che sono proprio questi
professionisti i veri protagonisti dell’ultima stagione valdianese; tutti gli
altri soggetti sociali si sono accontentati del semplice ruolo di “comparsa”.
Il ruolo della “scomparsa”, invece, viene puntualmente ricoperto dalla classe
intellettuale, se ancora ne dovesse esistere una localmente. E così, assistiamo
a un lento assottigliarsi delle capacità rappresentative di una vasta fascia
della popolazione locale che delega a chi, per impostazione professionale, ha una
visione abbastanza unilaterale delle questioni. Pertanto, potremmo anche
scherzare sul fatto che tutti i candidati a sindaco hanno come lettere iniziali
“Ca”. Ironia per ironia, potremmo dire che, se mettessimo in fila queste
iniziali, potremmo ottenere lo spunto per definire un nuovo tipo di ballo,
cacofonia a parte. Il fatto sostanziale, tuttavia, è che queste persone sono
stati capaci di aggregare, per motivi non completamente chiari allo scrivente,
l’interesse di altre categorie di cittadini, indipendentemente dalla evidente
egemonia politico-amministrativa di questa classe di professionisti, che la
società civile dovrebbe non solo cercare di neutralizzare dal punto di vista
politico, viste le ultime vicende legate al Tribunale di Sala Consilina, ma
anche contrastare (sempre in ambito politico) in modo deciso, proprio per
ridare una rappresentanza meno corporativistica alla vita democratica del
nostro territorio. Di contro, la complessità dei problemi legati alla vita
sociale, che abbisogna del contributo di varie competenze e di diversi
approcci, è lasciata per lo più all'attenzione di una singola categoria di
persone. Su questo aspetto è bene che la politica si interroghi. D’altro canto,
le altre categorie, sempre che i singoli non trovino un riscontro
utilitaristico nelle attività amministrative, dovrebbero avvertire il bisogno
di far sentire la propria voce in un consesso che non è fondato sul puro
tecnicismo, ma è espressione di esigenze e aspirazioni che promanano dagli
strati più vasti della società.
In particolare, la classe intellettuale non dovrebbe solo
limitarsi all'invettiva episodica e sterile, ma dovrebbe proporre un percorso
culturale di emancipazione dal gretto localismo al quale siamo condannati da
una visione utilitaristica del momento elettorale. La partecipazione alla vita
politica e sociale dovrebbe essere così vista come un valore aggiunto e non
come una diminuzione della propria figura professionale. E, tuttavia,
comprendiamo come un intellettuale non abbia nulla da recuperare, in termini di
convenienza spicciola, da un tale impegno; cosicché un atteggiamento snobistico
nei confronti dell’attività politica è da considerarsi un comodo pretesto per
giustificare un esecrabile disinteresse alle questioni locali. Senza tener
conto che il “quieto vivere”, fatto anche di buone letture e di splendide
produzioni letterarie, potrebbe essere turbato da un’attività che impegna parte
della propria attenzione e del proprio tempo libero. Pertanto vanno senz'altro
bene le iniziative culturali episodiche, che tendono a mettere in chiaro, per
correggerle, alcune derive razziste, ad esempio. È tuttavia necessaria una più precisa
indicazione di un progetto collettivo di cui solo la classe intellettuale può e
deve farsi carico, proprio perché distante da quella convenienza spicciola che
potrebbe animare un operatore sociale interessato alle commesse di un ente
pubblico. L’indipendenza, la sensibilità e le competenze di un intellettuale
non sono, pertanto, da trascurare in questo momento della vita sociale e
politica del territorio, che sta arretrando non solo sul piano socio-economico,
ma anche sul piano culturale, proprio per il colpevole prolungato silenzio di
una comunità di menti che tende a distinguersi, per la massima parte, per mezzo
dei propri tratti individualistici e narcisistici. La reazione scandalizzata
nel vedere che ruoli di vitale importanza per la vita sociale vengono ricoperti
per lo più da persone prive di strumenti culturali, utili a decifrare la realtà
e ad articolare una risposta adeguata alle esigenze di una collettività di
anime senzienti, non può più costituire un alibi per continuare a rimanere
inerti, ma deve essere considerata una colpa che la classe intellettuale può
espiare solo attraverso un impegno puntuale nella vita politica locale e
nazionale.
Inoltre, il concionare sulle grandi questioni mondiali, quale il
mutamento climatico in atto, e poi rimanere indifferenti alle questioni di
inquinamento ambientale a corto raggio, lasciando che siano sempre i soliti
noti a interessarsi della difesa del territorio, come se solo a questi fosse
demandato questo gravoso compito, è poi un atteggiamento che non può essere
individuato con epiteti benevoli. Così nessun intellettuale si è accorto del
florilegio di candidati, condotto con metodo scientifico in campo avversario,
per contestarne l’inopportunità. Nessun intellettuale ha evidenziato l’assoluta
incongruenza etica, prima ancora che politica, della composizione delle liste
elettorali in cui appaiono assonanze e discrepanze, inclusioni ed esclusioni,
ripetizioni “ad libitum” e apparizioni estemporanee. Siamo soliti tollerare
anche clamorosi balzi in avanti e all'indietro, siamo proni a tutto, pur di
salvaguardare quella immutabile “pax” che prima o poi verrà rotta dall'incedere
prepotente dell’arroganza del potere locale, sempre più privo di freni
inibitori, perché la pubblica opinione non è più capace di alcuna reprimenda,
essendo le nostre stesse colpe, collegate a lunga latitanza o a una voluta
negligenza dei fatti, fin troppo gravi. Questa arroganza diverrà palpabile e si
diramerà, attraverso gli accoliti di turno, se tutte le fasce sociali non si
organizzeranno per dare una risposta politica adeguata alle esigenze della
collettività valdianese. Infatti, con il perdurare dell’abbandono del campo
sociale da parte della classe intellettuale, le prospettive future non potranno
che essere quelle che oggi stiamo vivendo come una sorta di caccia al tesoro,
condotta esclusivamente da una singola componente sociale, affiancata da
soggetti con interessi più o meno palesi.
E ci chiediamo se sia possibile evitare che la caccia al
tesoro venga condotta per lo più in modo sotterraneo, ossia, con le stesse
modalità con le quali sono state condotte le trattative per la costituzione
delle liste. Se sia possibile, quindi, evitare che si dia la stura ad uno dei
momenti meno edificanti della vita collettiva condita di invettive, maldicenze,
pettegolezzi, illazioni, insinuazioni. A tutto questo la classe intellettuale
potrebbe sopperire con un dialogo pacato sul futuro di queste terre, sui
programmi da mettere in atto, sui metodi con i quali affrontare e risolvere le
problematiche in campo e, infine, sull'inversione di rotta nella concezione
della vita amministrativa, non più mera risposta a situazioni contingenti, ma
visione di una città del futuro, intelligente in ogni sua forma, legata alle
tradizioni e allo stesso tempo aperta ai cambiamenti, culturalmente attiva e
socialmente produttiva, tanto quanto basti per scongiurare l’attuale continua
emorragia di giovani forze.
Eppure, pur riconoscendo l’assoluta necessità di concepire
un futuro prossimo che lasci qualche speranza soprattutto ai più giovani, siamo
adesso costretti a ripensare al nostro passato, nel migliore dei casi. Nel caso
peggiore saremo vittime di un passato remoto che fatica a lasciare le briglie
di una carrozza destinata allo sfascio. A chi dice che gli interpreti della
prossima vita politico-amministrativa sono anche dei giovani, bisogna
rispondere che l’età anagrafica è un aggravante in questo caso, perché questi
rampolli avranno sicuramente ereditato metodi e idee dei protagonisti di una
stagione fallimentare. Pertanto, il tratto peggiore in tutta questa triste
vicenda è che il passato si sta impossessando del futuro prossimo,
soggiogandolo in un stretta che lascia poche speranze al cittadino. A meno che
quest’ultimo non trovi la forza per uno scatto d’orgoglio che possa mandare un
chiaro segnale a chi ha ordito queste trame e, all'esterno, a chi deve
interpretare il dato politico che proviene dalle urne. “Spes ultima dea”: il
futuro è ancora tutto da scrivere e molti cittadini non sono più disposti a
sacrificarlo a un passato irto di non-imprese, per giunta fallimentari.