Nel luglio del 1857 perdemmo una grande occasione. Un rivoluzionario, a capo di un manipolo di uomini, stava cercando di sovvertire il potere monarchico a favore di un'istituzione "repubblicana" da creare su base socialista, e - si badi bene - non di un'altra casa regnante, come si vorrebbe far credere. Infatti, la spedizione di Carlo Pisacane era in perfetta continuità con lo spirito del decreto fondamentale della Repubblica Romana del 1849.
Cippo commemorativo a Carlo Pisacane. Sul cippo sono incise diverse iscrizioni commemorative: di fronte: «1857 - 2 luglio - Nuovo decio - disfidante il fato - Carlo Pisacane - da queste glebe livide di strage - riuniva alla morte - né mai selvaggia tirannide - strappò all'avvenire della patria - un più eroico cuore». Agli altri lati del cippo: «4 settembre 1860 - il genio presago del duce - segnava col sangue della sua breve corte - il transito auspicato - cui la fortuna d'Italia - guidò vindice Giuseppe Garibaldi» e «4 settembre 1903 - Dalle tenebre dell'oblio - radiante si sublima e infutura la visione dell'indomito precursore. -Con lui è il cuore dei liberi cittadini che questo cippo commemorativo affidano- al culto dei posteri». Da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Pisacane_(patriota)#cite_note-21).
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Il Vallo di Diano divenne così teatro di scontri bellici e di una promessa di rivoluzione che - purtroppo - morì sul nascere. Siamo stati involontari artefici del fallimento di quella rivoluzione, che avrebbe, nelle intenzioni di Carlo Pisacane, riscattato la classe contadina da uno stato di grave indigenza materiale e di estrema arretratezza culturale. Quella classe elitaria che avrebbe dovuto appoggiare la rivoluzione non ha mai mosso un dito, cosicché quel tentativo di fare diventare il Vallo di Diano il territorio da cui sarebbe partita la prima rivoluzione italiana moderna è fallito. Pur tuttavia, oggi, l'Italia è una Repubblica, nonostante la non breve parentesi del Regno.
Sono trascorsi anni da quel luglio del 1857, quando la rivoluzione è stata malamente tradita. Dopo anni assistiamo alle stesse manovre di chi vorrebbe far credere che una persona che giunge da lontano per riscattare dal sottosviluppo l'intera classe contadina possa essere una minaccia per gli stessi popolani. Ma forse solo in questo modo si possono fomentare contro-rivolte in grado di espungere dal comprensorio qualsiasi tentativo di cambiamento.
Guardando al largo della costa cilentana non si intravedono più velieri e nemmeno barche a vapore, che non solcano più i mari da tempo. Raramente si vede una bandiera tricolore all'orizzonte. E, pur aspettando fino a sera, non arriva più il capitano "con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro". Eppure, non bisogna perdere le speranze, perché questa nostra terra ha conosciuto e generato eroi. A tutti questi eroi, vada un ringraziamento per quello che essi hanno fatto per i cittadini della " mia patria bella". Sia questo scritto un tributo a chi, affrontando il mare o le lotte in terra, si comporta o si è comportato da eroe.