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venerdì 19 agosto 2016

Capponi di Renzi nel Vallo di Diano

Osservando il gran lavorio a cui alcuni si sottopongono per arrivare a mettere le mani sulle amministrazioni locali, come possiamo non farci tornare alla mente il passo manzoniano sui “capponi di Renzo”. Cambia la vocale finale, ma il risultato è – nei fatti – lo stesso. Eppure mentre i poveri volatili nel romanzo storico erano del tutto ignari della loro (e solo loro) futura sorte, lo stesso non vale per alcuni amministratori locali. Infatti, essi si apprestano a convincere gli amministrati, con i mezzi che conosciamo bene, della bontà della riforma costituzionale del loro signore. Così facendo, giocano con i nostri destini e con quelli dei nostri figli, senza percepire il baratro istituzionale in cui potremmo tutti a breve precipitare. Questo frangente delicato della vita politico-amministrativa del Vallo di Diano, del Sud e dell’Italia tutta induce a un’ennesima riflessione sui metodi utilizzati dai più per agganciare il territorio a un meccanismo perverso di pseudo-rappresentanza politica a qualsiasi livello.


Cominciamo allora dal livello più basso, in tutti i sensi. Un incarico amministrativo dovrebbe essere ricoperto con la massima consapevolezza dell’attuale complessa (e molto critica) situazione socio-economica. Eppure, ancora si sgomita per partecipare a un’indecente caccia al tesoro in cui i mediocri sono i più lesti ad agguantare la meta. Arrivano primi a suon di voti, non di consensi, con tattiche fatte di ogni sorta di furberia. Ma sono voti, non consensi. Perché il giorno dopo le elezioni (alcune con lista unica, altre con liste che si definiscono con un nome di un altro incolpevole volatile, ma che noi diremo fasulle) si rinnova il solito lamento nei confronti delle ingiustizie del mondo. E a volte il pianto greco proviene proprio dalle file degli elettori di questi nuovi baroni locali. Mentre i cittadini consapevoli desidererebbero vedere una classe dirigente più preparata sia sul piano culturale in generale che delle esperienze lavorative e amministrative. Persone che studiano e viaggiano per fare confronti e per cercare di prendere il meglio delle esperienze virtuose altrui, invece di affidarsi all'improvvisazione e all'assenza perenne di un'idea di sviluppo.

Una fontana murata nel centro di Sala Consilina.
Quando si va oltre la privatizzazione, succede
anche questo.
Se saliamo appena di un gradino, ci accorgiamo che il peggiore dei mediocri potrebbe ben rappresentare il basso contenuto etico delle azioni amministrative locali. Anche con il contributo di chi si auto-definisce migliore o alternativo. E già! Un’azione amministrativa vessatoria nei confronti dei cittadini, un incurante atteggiamento verso le emergenze ambientali locali, una voluta disattenzione nel contrasto all'illegalità diffusa (salvo poi professare la legalità a parole), uno sguardo distratto quando le emergenze sociali reclamano impegno serio e concreto danno garanzia di ascesa al gradino successivo. E già!

Sul livello ancora successivo si è fatto tanto parlare sulla pletora di candidature locali. Nessuno, men che meno la stampa commerciale locale, ha però notato che sono state le compagini dei migliori e degli alternativi a ingrossare le file dell’elettorato passivo. I due caravanserragli contavano una decina di liste ciascuno e mettevano in campo otto candidati locali in totale. 
Mancava il candidato del M5S, per il quale gli amici pentastellati avrebbero dovuto lavorare. Per fortuna (della vita democratica locale), c’era una voce fuori dal coro che ha voluto ricordare anche alle più pavide minoranze (ma certamente non a quelle proditoriamente costruite) che esiste una via per l’opposizione al renzismo. Sì, perché anche i migliori e gli alternativi hanno rimpinzato di voti i deluchiani e, di conseguenza, i renziani. Sarebbe davvero interessante, adesso che il contesto politico nazionale è nettamente polarizzato su due fronti opposti, vedere i migliori (tra i mediocri) dove si collocheranno, semmai lo faranno apertamente. I due fronti sono, ovviamente, i seguenti: il primo dell’opposizione netta alle false riforme, il secondo dei capponi locali che tentano di condurre anche noi cittadini nella padella della cucina di Azzeccagarbugli.


Un esempio di come sono ridotti i nostri fiumi.
E un esempio di un tentativo di recupero da
parte di uomini di buona volontà.
Ci sarà molto da fare dopo il fallimento di questo maldestro tentativo di minare alla base le fondamenta della vita democratica italiana. Ci sarà da acquistare fiducia nelle istituzioni, da lavorare per un futuro diverso e, si spera, migliore. Si lavorerà, allora, seguendo un progetto fondato su paradigmi del tutto diversi da quelli prospettati dal loquace fiorentino. Un futuro in cui l’onestà e la competenza degli amministratori locali dovranno ricomporre l’attuale frattura tra i cittadini e la politica e far recuperare il passo a una nuova idea di progresso. Non più un progresso che preveda forti sperequazioni sociali, modelli produttivi basati su fonti energetiche inquinanti e un conseguente sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, ma un progresso basato sulla conoscenza, sulla ricerca, sulla giustizia sociale, sul rispetto vero delle risorse naturali residue e sulla valorizzazione delle peculiarità culturali dei nostri territori.          

venerdì 29 luglio 2016

Costruzione del consenso


A sentir dire da un sopraffino intellettuale, durante la piacevole presentazione di un suo interessante libro, che egli mai si sarebbe piegato alla logica della raccolta del voto attraverso il favore alle clientele o la partecipazione ossessiva e inopportuna ai funerali di ciascun defunto, mi chiedevo se fossero proprio queste le vie locali al consenso. E mentre gli inviti (alcuni anche interessati) alla partecipazione alla vita amministrativa del paese si sprecavano, era commovente assistere alla strenua difesa della propria integrità caratteriale da parte del plurilaureato scrittore. 

Molti si chiedevano ad alta voce come mai la vita socio-politica del posto dovesse rimanere chiusa all'ingresso di intellettuali che potrebbero dare un valido apporto di conoscenze e competenze. Sul banco degli imputati, quindi, non venivano posti gli amministratori locali e gli attuali metodi di raccolta dei voti, ma l’intellettuale che non si prestava al gioco e che aveva, addirittura, l’ardire di affermare la propria diversità antropologica rispetto a chi calca la scena politico-amministrativa del luogo.
Una parte della centrale fotovoltaica (?)
a Teggiano. 

Invece, a subire un processo da parte dell'opinione pubblica dovrebbero essere proprio quegli amministratori che hanno così tanto alterato il clima politico-amministrativo da rendere una persona di cultura incompatibile con una competizione elettorale a qualsivoglia livello. Tuttavia, se si potesse attrezzare un luogo, anche non fisico, dove discutere pacatamente di questioni simili, chiamando a raccolta le residue forze sociali sane, ancora non contaminate dalla logica becera del voto dato, in una sorta di partita di giro, alla compagine che si ritiene vincente, si potrebbe cominciare a imbastire un dialogo franco su queste dinamiche perverse. 
Alberi che invadono la carreggiata
di una strada di Sala Consilina.

Eppure, il clima sociale appare così alterato che qualsiasi tentativo di cambiare lo stato attuale potrebbe essere destinato a fallire. La stessa area della protesta, che vent'anni fa non esisteva affatto, è corrotta dal virus dell’acrimonia e del contrasto alla persona. Coniugando il motto della giungla “mors tua, vita mea”, molti si abbandonano alla lotta all'individuo, finalizzata al rimpiazzo di una classe dirigente con un’altra identica, invece di proporre nuove idee amministrative e di promuovere progetti di rilancio del territorio.

Pur tuttavia, sebbene gli esperimenti fatti e da fare nella direzione dell'aggregazione delle forze di contrasto al "sistema" potrebbero risultare fallimentari, questi stessi esperimenti possono costituire l’inizio di una nuova fase di pensiero e di azione per la vallata. Bisogna però abbandonare la logica imperante del comando per il comando, del potere come affermazione di se stesso, e ricordare che la politica è un servizio alla collettività che comporta molti oneri e, se va bene, qualche onore.


Alberi abbattuti in un parco giochi di
Sant'Arsenio.
Per questi motivi si prova compatimento nei confronti di quegli amministratori che ostentano i numeri come prova delle proprie capacità. Perché proprio questi hanno avvelenato il clima democratico fino ad azzerare, in alcuni casi, il dibattito politico in alcuni popolosi paesi della vallata. Cosicché, per rovesciare questa situazione, bisognerebbe fare affidamento sulle intelligenze integre e sulla volontà di rilancio di un progetto comune. E questa sembra essere davvero un’ardua impresa; non impossibile, tuttavia.             

domenica 5 giugno 2016

Ricordiamo le date del processo Chernobyl

 1)      La prima udienza avrebbe dovuto svolgersi il 9 aprile 2014 a Salerno a seguito del secondo rinvio a giudizio (il primo a Santa Maria Capua Vetere, il secondo a Salerno, in un processo che non vuole partire e che, forse, non deve partire) delle 38 persone implicate nei fatti riportati nei numerosi faldoni delle indagini svolte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere nel periodo che va dal gennaio 2006 a giugno del 2007. 

2)      Rinviata una prima volta, per difetto di notifiche, al 17 dicembre 2014: in questa seconda data sussistevano ancora difetti in alcune notifiche. Il tutto si rinviava all'8 aprile 2015: un primo anno andato in fumo. 

3)       L'8 aprile 2015 ancora sussisteva una mancata notifica degli atti a un singolo imputato. Si rinviava così alla data del 12 giugno 2015. 

4)       Il giorno 12 giugno 2015 si rinvia ancora all'11 novembre 2015. Nel collegio giudicante mancava il presidente.

5)       11 novembre 2015, ore 9.50, aula n. 16 del Tribunale di Salerno. Entra il collegio giudicante (al completo). Sono previste altre udienze prima della quinta prima udienza del processo Chernobyl. Colpisce la mancanza quasi totale di attinenza con quanto di grave si dovrebbe trattare in questa quinta prima udienza sullo smaltimento illecito di rifiuti. Telefonate, messaggini e vicende sentimentali tengono banco: l’amministrazione della Giustizia è anche tutto ciò. I fatti, legati ad un’intricata vicenda sentimentale che coinvolge varie persone, risalgono alla fine del 2013. Ma come è celere la Giustizia in alcuni casi! La quinta “prima udienza” dovrebbe iniziare alle ore 11.00. Tuttavia, alle ore 10.55, circa un allarme bomba fa in modo che il tribunale di Salerno sia evacuato a scopo precauzionale. Si rinvia al 20 gennaio 2016. 

6)       Il 20 gennaio 2016 è sciopero degli avvocati penalisti. Infatti, il presidente della Camera Penale di Salerno indice uno sciopero dal 18 al 25 gennaio 2016 contro la soppressione della Corte d’Appello di Salerno. Si rinvia al 25 maggio 2016.

7)       Il 25 maggio 2016 l’udienza è saltata per l’astensione nazionale dei Penalisti il 24, 25 e 26 maggio 2016 proclamata dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Delibera del 7 maggio 2016). La manifestazione nazionale dei principi del foro si svolgerà a Roma proprio il 25 maggio 2016.

8)       Il 18 gennaio 2017 si dovrebbe tenere l’ottava “prima udienza” del processo Chernobyl. Sembra uno scenario da brividi. Ai cittadini l’ardua sentenza, visto che difficilmente ne arriverà una dalla giustizia umana.

La prescrizione del reato di disastro ambientale viene comodamente attesa per l'anno 2019. Data che arriverà presto, se la freccia del tempo non verrà in qualche modo invertita. A leggere questa coraggiosa inchiesta di Rita Pennarola e di Andrea Cinquegrani si comprendono molte cose.



sabato 7 maggio 2016

Il prossimo 25 maggio e l'incedere stanco della vita

L'albero della "legalità" nel Parco di Silla
intitolato a Paolo Borsellino. Sta morendo,
probabilmente perché le radici affondano
nello stesso terreno dove è stato smaltito
materiale di risulta.
Non è il giorno successivo alla marcia sul Piave (24 maggio 1915) da parte dell'esercito italiano all'inizio del primo conflitto mondiale, ma la data della settima (e - si spera - ultima) "prima udienza" del processo Chernobyl.

La sesta mancata "prima udienza" avrebbe dovuto aver luogo lo scorso 20 gennaio. Sciopero degli avvocati penalisti, fu detto. E tra bombe (finte!), mancate notifiche (troppe!) e scioperi (scioperi?) siamo alle soglie del 25 maggio 2016. La prescrizione del reato di disastro ambientale è prevista esattamente tra tre anni, nel 2019. Soli tre anni, dunque, per un accertamento della verità giudiziaria. Mentre ai cittadini del Vallo di Diano e a quelli di altre zone della Campania interesserebbe anche un'altra verità, quella che è sotterrata sotto i terreni posti sotto sequestro dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.

Verità sotterrate, come nella pratica italiana più recente. Piccole e grandi verità insieme: navi dei veleni e materiale di risulta, ingenti quantità di rifiuti e spezzoni di cemento armato. Ma sotterrate per sempre, perché nessuno veda, nessuno indaghi, nessuno parli.

Spuntoni di ferro che fuoriescono dal cemento di edifici
preesistenti all'abbattimento: un esempio di come si possa
smaltire il materiale di risulta in modo economico nel fiume
Cavarelli (ormai privo di fauna acquatica) che scorre a 

pochi passi da una Scuola per l'Infanzia presso il Parco 
di Silla intitolato a Paolo Borsellino.

Si urbanizzano le zone di particolare pregio ambientale; addirittura si costruiscono zone industriali nell'areale della cicogna a Teggiano e nel boschetto paleo-palustre a Sassano. Ma nessuno è disposto a prestare attenzione a queste cose. Anzi, gli artefici di queste epiche imprese vengono premiati con lunghe e luminose carriere politiche.

Quel che rimane di un ramo del boschetto
paleo-palustre di Sassano in una zona che il
Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato 
nel 2011. Si legge nel rapporto "sono 
scomparsi circa 2000 mq di area boscata".
Ma così va il mondo ed è inutile cercare di invertire la rotta, se la collettività non prenderà coscienza del delicato momento che l'intera Umanità sta vivendo: una sorta di follia collettiva che ci porta a consumare il suolo, l'aria e l'acqua in modo scellerato, deturpando l'intero globo e mettendo a rischio l'assetto climatico del pianeta. Preoccupa anche il fatto che alcune metropoli stiano toccando punte estreme nel numero di abitanti. Preoccupa, altrettanto, la volontà cieca di voler sguarnire i presidi urbani delle periferie del mondo, sottraendo ad esse servizi e risorse, alimentando così lo spopolamento, fenomeno che le nostre zone interne stanno purtroppo sperimentando sulla pelle degli abitanti del posto. Ma piccoli uomini spocchiosi ancora danno la caccia alla poltrona, in questo momento in cui ogni posto di responsabilità deve essere occupato con umiltà e competenza.

Così arrivano i giorni delle liste uniche e delle liste civette. E, per rimanere in ambito zoologico, arriva anche il giorno della quaglia. Perché, pur di rimanere nel giro, non si esita a cambiare squadra. L'interesse spicciolo è il collante di queste compagini, dove a dettare il ritmo delle danze è, per lo più, un unico partito, quello della nazione, senza progetti, senza strategie da proporre. Così il territorio langue, i giovani scappano e lo spopolamento si fa strada anche nei centri medio-grandi del Vallo di Diano. I servizi vengono "razionalizzati", come nella prosa di Orwell, dove i maiali non parlavano mai di "riduzione", ma sempre di "razionamento". Così un tribunale chiude, un carcere-gioiello pure, la ferrovia è chiusa al traffico da anni e un ospedale che dava conforto alla gente del posto diventa un "pronto-soccorso". In compenso le ecomafie prosperano, perché la gente - pur di credere e far credere alla favola dell'isola felice - fa finta di non sapere che anche i giovani incominciano ad ammalarsi di cancro.

Un pezzo del boschetto paleo-palustre devastato
dalla voglia di cemento di un'amministrazione
(a lista unica nel 2005 e a lista unica nel 2015) che
si definisce ecologista. I lavori di questa zona PIP
sono stati eseguiti da una ditta di Casal di Principe.

Arriva anche il giorno della triste constatazione che nessuno vuole o, pur volendo, è in grado di opporsi con chiarezza a questo potere che, come una crosta purulenta, si spande sulle amministrazioni locali, diventate le aziende più prospere in questa desolata valle. La cultura allora passa in secondo piano, perché con la cultura non si mangia. E tutto si riduce a una corsa al danaro, pubblico o privato che sia. Tutto diventa "business" e il sistema si regge sugli interessi dei singoli che sono pronti a svendere i beni comuni affinché siano fatti salvi i propri privilegi e i propri affari. Una triste e pessimistica visione delle cose che, purtroppo, non è molto lontana dalla realtà dei fatti. E mentre la democrazia viene sbeffeggiata da chi non sa praticarla e sa solo ululare alla luna o da chi, con le mani in pasta, ha il potere di costruire (nel giorno fatidico della civetta) anche liste ad hoc per evitare sorprese nelle urne, o ancora da chi - dicendo di fare gli interessi dei cittadini - non dispera della collaborazione di fidati scudieri per tentare la strada della lista unica, l'opposizione sociale è ferma al palo, perché il pallore dei visi di alcuni oppositori è indice della paura che questo arrogante potere incute in questi anni di profonda crisi economica, sociale e politica. Non tutti però sono presi da timore. Ci sarà sempre chi, nella terra del sacrificio di Pisacane, non potrà mai dare tregua a un potere arrogante e inconcludente che sta arrecando solo danno ai cittadini di questa valle.      


mercoledì 18 novembre 2015

Un nuovo patto politico contro il rischio di desertificazione sociale del Vallo di Diano

Si torna a scrivere su cose ormai note. E come nella trama scontata di un film drammatico, assistiamo alle sequenze finali, nelle quali i protagonisti devono purtroppo prendere atto di un triste epilogo: la desertificazione sociale della vallata.
Così come altri giornalisti e analisti hanno fatto rilevare in questi giorni, l'inizio del declino del Vallo di Diano può essere fatto coincidere con l’anno 1987. Proprio in quell’anno veniva chiusa al traffico la linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. Poche le voci contrarie alla chiusura allora. Pochissime le voci favorevoli alla riapertura oggi. Molti, invece, i tentativi di speculazione e di aggressione nei confronti della strada ferrata. Solo per citare un esempio eclatante, lo stesso sindaco pro-tempore di Sala Consilina veniva rinviato a giudizio, nel 2013, insieme al direttore dei lavori del viadotto autostradale e del direttore dei lavori dell'Anas, per alcuni lavori compiuti sul viadotto stesso in località Quattro Querce a Sala Consilina. Il processo (*) si sta oggi svolgendo a Lagonegro, nell’indifferenza dei più, dopo la chiusura del Tribunale locale nello stesso anno 2013 voluta dal “Partito della Nazione” (PdN). L’intera vicenda ha dell’incredibile ed è indicativa, per chi volesse trarne qualche utile spunto di carattere socio-politico, di quanto sia tenuta in considerazione, in questo lembo di terra, la strada ferrata, che oggi potrebbe collegare i centri valdianesi alla linea ad alta velocità a soli 70 Km di distanza.

Si legge, infatti, in un articolo apparso su La Città il 6 gennaio 2013 a firma di Pasquale Sorrentino. … « da un significativo fascicolo fotografico sullo stato dei luoghi del Corpo Forestale dello Stato e dal verbale di accertamento della Direzione compartimentale di Rete Ferroviaria Italiana del marzo 2010 si evinceva che una stretta strada comunale di campagna, parallela alla linea ferroviaria, al servizio di un complesso immobiliare privato di nuova costruzione in località, aveva invaso il demanio pubblico ferroviario. La Procura aveva fatto richiesta di archiviazione al Gip. Questi però disponeva - anche a seguito di una nostra opposizione alla richiesta di archiviazione - l'imputazione coatta per danneggiamento della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro nei confronti del direttore dei lavori del viadotto e del direttore dei lavori dell' Anas. Lo stesso Gip ordinava l' imputazione coatta del sindaco di Sala Consilina per occupazione di demanio pubblico ferroviario». Il virgolettato contenuto in uno degli innumerevoli (quanto inutili!) comunicati della Sede Codacons del Vallo di Diano.

 Naturalmente, gli eventi che si sono succeduti negli anni non hanno fatto altro che mettere in evidenza una sorta di cecità di un’intera classe dirigente e dei clarinetti che l’hanno sostenuta. Pronta a dilaniarsi su questioni di potere locale, questa congrega di opere pie è stata totalmente incapace di progettare un futuro di prosperità per le future generazioni. Così come nel medioevo, quando ai valvassini bastava godere di un potere periferico quali rappresentanti di un più solido e dispotico potere centrale, alcuni amministratori locali hanno fatto a gara per occupare poltrone utili solo per la distribuzione delle pubbliche commesse. Ed è stato così che alcuni appalti di opere pubbliche hanno percorso strade circolari, ritornando al mittente nella terra di nessuno, dove la giustizia sociale è diventata un miraggio ancor prima di quel fatidico 13 settembre 2013.

E proprio nel 2013 furono in pochi a partecipare alla marcia organizzata dalla sede Codacons locale: si partiva dal Tribunale per arrivare al punto più vicino della linea Sicignano-Lagonegro in località Sant’Agata. Molti ci derisero. Ma quella marcia era solo l’inizio di un triste percorso verso il deserto sociale che si stava parando davanti agli occhi dei valligiani. Avranno adesso di che ridere i benpensanti di allora. Ancora prima – nelle amministrative locali del 2009 - molti non compresero una candidatura a Sala Consilina per un esperimento politico che andasse al di là dei confini del paese e che investisse temi comuni a tutta la vallata. E così, in occasione delle regionali del 2015, abbiamo dovuto vedere affissa sui muri di quella stessa cittadina l’assurda frase “Io voto salese”. Mentre proprio ai cittadini di Sala Consilina doveva essere proposto un nuovo patto politico. Per il fatto stesso che essi fossero residenti in quello che una volta fu il paese capofila della vallata, era necessario - per quegli stessi cittadini - farsi promotori di esperimenti politici che potessero ridare slancio alla vita socio-economica di tutto il Vallo di Diano. E, invece, prima le annunciate dimissioni dei sindaci della vallata, mai formalizzate, per protestare contro la soppressione del tribunale, poi il “voto salese” hanno definitivamente rotto questo patto tra i cittadini della vallata, implicitamente accettato da molti. Ora nemmeno si prova più a chiamare gli altri sindaci a raccolta per scongiurare, con uno “scatto d’orgoglio”, la definitiva perdita di un carcere-gioiello, dove il numero di ore trascorse fuori dalla cella erano ben otto e dove si potevano svolgere attività culturali e di formazione.

Addirittura, coloro i quali rappresentano localmente i materiali esecutori di questo ennesimo scippo, inscenano adesso strane esibizioni di protesta, offendendo l’intelligenza del cittadino medio.Ormai rotto il primo, adesso sarebbe opportuno un secondo patto politico tra la gente del Vallo di Diano. Un patto che possa, per prima cosa, scongiurare l’arrivo delle trivelle. Perché noi crediamo che la desertificazione sociale del territorio, l’impoverimento economico progressivo e l’abbrutimento del paesaggio siano funzionali alle mire di chi da questo Sahara vorrebbe estrarre petrolio a seimila metri di profondità. Un patto che vada stretto tra i cittadini e le forze extra-governative per un impegno reciproco. I cittadini valdianesi si impegnerebbero a risanare le ferite impresse al paesaggio e alla natura, nel rispetto delle vere vocazioni del territorio, mentre le forze sociali esterne si impegnerebbero a rendere questo territorio vivibile, costringendo il governo a riaprire al traffico la linea ferroviaria, ergendosi a salvaguardia dei presidi sanitari locali e facendo in modo che i servizi sottratti al cittadino nel corso degli anni vengano progressivamente ripristinati. Nessun paese sarà più capolfila di nulla nel nulla, ma si andrà verso la creazione di un’unione dei paesi del Vallo, per condividere servizi e risorse, ognuno con la propria identità storica e culturale, senza più cianciare su fantomatiche città.

E, soprattutto, tutti i cittadini si impegneranno a mettere in netta minoranza tutti i rappresentanti delle forze di governo in tutti gli enti locali del comprensorio. Perché, anche se molti sindaci, nonostante recenti adesioni spontanee, rinunciassero oggi alla tessera del PD (un partito che sembra avere una sorta monopolio politico localmente), ci sono molte altre tessere che possono portare consensi a quel PdN che tanto male ha fatto al Vallo di Diano. In questo partito esteso, infatti, si funge da rappresentante locale delle forze di governo e, nel contempo, da tenace oppositore delle decisioni del governo centrale. Per poter prendere in giro il cittadino anche alla prossima tornata elettorale. E perché sia sempre rispettato il motto “Io voto salese… e ne pago le spese “.



Sassano, 7 novembre 2015


* Si legga aggiornamento nel commento sottostante.


mercoledì 11 novembre 2015

Bomba o non bomba, si arriverà al dunque…

Salerno, 11 novembre 2015

Ore 9.50, aula n. 16 del Tribunale di Salerno. Entra il collegio giudicante (al completo). La quinta prima udienza del processo denominato Chernobyl dovrebbe iniziare tra un’ora circa. In aula pochi avvocati delle parti civili. E’ presente, come in ogni (prima) udienza finora celebrata, l'avv. Alfonso Penna che rappresenta il Comune di Sassano e supplisce all’assenza di vari altri legali che dovrebbero curare gli interessi di altri Comuni del Vallo di Diano. Tra le parti civili sono presenti in aula l'avv. Vera Sticco, che rappresenta Legambiente e Coldiretti, l’avv. Matteo Marchetti per il Codacons e Vincenzo Di Riso, referente del Comitato cittadino Ponte Barizzo di Capaccio. Anche il Ministero dell’Ambiente è rappresentato in aula.

Sono previste altre udienze prima della quinta prima udienza del processo Chernobyl. Colpisce la mancanza quasi totale di attinenza con quanto di grave si dovrebbe trattare in questa quinta prima udienza sullo smaltimento illecito di rifiuti. Telefonate, messaggini e vicende sentimentali tengono banco: l’amministrazione della Giustizia è anche tutto ciò. I fatti, legati ad un’intricata vicenda sentimentale che coinvolge varie persone, risalgono alla fine del 2013. Ma come è celere la Giustizia in alcuni casi! Più di una dettagliata deposizione testimoniale  su un uomo conteso tra due donne riempie il cuore di speranza che quanto accade in questo mondo è anche dettato dall'Amore, la forza attrattiva nel pensiero di Empedocle, e non solo dall’Odio, forza ritenuta repulsiva dallo stesso pensatore di Agrigento.Buongiorno principessa”… questo l’incipit dei messaggini letti in aula. E poi vacanze estive e gite domenicali raccontate con dovizie di particolari. Sembra di assistere ad un’edificante telenovela, di quelle che lasciano una traccia nell'animo. Ed è molto giusto che anche il “non posso vivere senza di terimbombi nelle austere aule dei nostri tribunali, per allietarne l’aulica atmosfera.

Oggi, tuttavia, si dovrebbe decidere sulla costituzione di parte civile di tutti gli Enti e di tutte le Associazioni che hanno fatto richiesta di prendere parte attiva al processo Chernobyl. Oggi si dovrebbe intraprendere un importante cammino per comprendere cosa sia successo negli anni 2006-2007 nei 41mila metri quadrati di terreno agricolo del Vallo di Diano posti sotto sequestro dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. E perciò, finito con le senz'altro formative testimonianze sulle vicende amorose di un fortunato (o sfortunato?) amante, i lavori giudiziari vengono sospesi per una decina di minuti. Sono le undici e con l'avv. Marchetti si pensa di andare al bar nelle immediate vicinanze del Tribunale a prendere il primo caffè della giornata, dopo la rapida colazione della mattina. La giornata è straordinariamente bella; un sole quasi primaverile riscalda le coste del capoluogo di provincia. Ma l'avv. Marchetti si accorge che qualcosa di anomalo sta succedendo: le porte del Tribunale stanno per essere chiuse proprio quando ci accingiamo a bere il caffè. Bevuto in tutta fretta l’agognata tazzina di caffè, si corre verso la porta del Tribunale. Che sta succedendo? Allarme bomba la risposta.

Corso Vittorio Emanuele a Salerno, ore 12:00 del giorno 11-11-2015


Con l’avv. Marchetti si aspetta al di fuori di quella porta, dalla quale escono a piccoli gruppi le persone. Verso le 11 e trenta si riesce a sapere che la quinta prima udienza del processo Chernobyl è stata rinviata al 20 gennaio 2016 (decisione presa in un attimo?). Antonello Venditti cantava “bomba o non bomba, noi arriveremo a Roma. A guardare la scena, anche nei volti delle persone che uscivano (per nulla allarmate, alcune – anzi – visibilmente felici) dalla porte in ferro del Tribunale, nel notare l’assembramento intorno allo stabile (una vera bomba avrebbe dovuto consigliare di allontanarsi ancora di più dal Palazzo di Giustizia), una domanda attraversava la mente: “Chi è Stato”? Di certo non tutti quei bambini e quelle maestre che aspettavano che l’allarme rientrasse nel bel mezzo di Corso Vittorio Emanuele. Essi erano stati distolti dalle attività quotidiane da chi è Stato, da chi decide se si va a scuola, se si celebrano i processi, se questi processi possono essere seguiti oppure no dalla stampa nazionale o locale. Quindi è Stato chi sorride di queste assurde vicende, facendo finta di stare dalla parte degli onesti. È Stato chi si dimostra indifferente, è Stato chi decide di non andare più a votare solo perché si è accorto di non aver votato molto attentamente in passato. È Stato chi non ha il coraggio di essere un cittadino ma preferisce il rassicurante abbraccio di un conformismo locale che porta dritto verso l'anticamera della corruzione e del malaffare, locale e globale. Intanto la prescrizione del reato di disastro ambientale, di cui sono accusati gli imputati, è prevista per il giugno del 2019. La sesta prima udienza si celebrerà nel 2016; un passo in avanti è stato fatto, nell'indifferenza della quasi totalità della stampa.

sabato 31 ottobre 2015

Il caso di Sala Consilina come paradigma della crisi socio-economica in atto

 La vicenda non finirà qui, ma in un’aula di Tribunale”. Questa è una parte della dichiarazione che il sindaco-avvocato di Sala Consilina ha rilasciato alla stampa locale dopo l’episodio avvenuto presso la casa comunale la mattina del 9 ottobre scorso. I fatti, così come si possono riassumere da quanto si apprende dai giornali, sono i seguenti. Un trentenne disoccupato con famiglia a carico si reca al Comune per chiedere un colloquio, finalizzato all'ottenimento di un posto di lavoro nell'ambito della raccolta dei rifiuti solidi urbani, con il sindaco di Sala Consilina. Sembrerebbe che, alla risposta non positiva del sindaco e del vicesindaco, entrambi al momento impegnati in una riunione nella sede comunale, il giovane abbia reagito in malo modo. La stampa riporta che la persona disoccupata è stata successivamente denunciata a piede libero, da entrambi gli amministratori, per danneggiamento e tentata aggressione. In seguito a questa notizia, è arrivata immediata la solidarietà, da parte del PD locale, ai due amministratori del Comune di Sala Consilina.
 
Per quanto concerne un’analisi più serena dei fatti, forse sarebbe bene aggiungere alcune considerazioni, che giustificano questo intervento fatto a titolo puramente personale. Premetto – per non lasciare alcun dubbio sull'adesione dello scrivente alla cultura del rispetto delle regole - che l’uso della violenza fisica e verbale è sempre da condannare, sia quando i cittadini protestano per i propri legittimi diritti, sia quando gli amministratori o i pseudo-politici locali stigmatizzano anche con toni offensivi (è successo!) quelle che essi percepiscono come indebite ingerenze, da parte di rappresentanti di associazioni locali residenti in altri paesi del Vallo di Diano, nei fatti rientranti nel perimetro del Comune, che è forse ritenuto invalicabile.

Veniamo al punto. Secondo chi scrive bisogna considerare, nell'analisi dei fatti, non solo la nostra contiguità amicale o politica al potere amministrativo locale, ma anche lo stato di esasperazione che la mancanza di lavoro può indurre in un giovane padre di famiglia. Si spera, infatti, che tale condizione emerga nell'aula del Tribunale a cui approderà, forse in altra regione, la questione. Tuttavia, leggendo di questi fatti e ascoltando alcuni commenti, viene immediatamente alla mente l’articolo 4 della Costituzione Italiana, di cui si riporta integralmente il testo: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Parole straordinarie, dosate nel modo più equilibrato possibile. Si parla di diritto al lavoro, ma anche del dovere di svolgere “un’attività o una funzione” all'interno della collettività, affinché la stessa possa progredire anche dal punto di vista “spirituale”. La richiesta che il giovane papà faceva era di un lavoro tra i più faticosi e forse anche tra quelli meno retribuiti.

E così, con il rimandare all'aula di un Tribunale la risoluzione del problema, forse si aggiunge disagio al disagio. Ecco che, con questa lettera, vorrei fare un appello, affinché le istituzioni della Repubblica Italiana possano “promuovere le condizioni che rendano effettivo” il diritto al lavoro di tutti quanti oggi non hanno un impiego. Se l’attuale difficile assetto socio-economico non permette di rendere “effettivo” questo fondamentale diritto, si faccia di tutto per trovare una soluzione tampone al disagio di molte famiglie. Alcune proposte di legge sono state presentate sul reddito minimo garantito: si dia perciò corso all'esame di uno di questi testi con urgenza. Non si dimentichi, inoltre, che la nostra Repubblica è stata fondata sul lavoro e così ci si adoperi, nel futuro, per trovare un’organizzazione sociale che onori lo spirito del caposaldo fondativo della nostra civiltà politica.

Infine, per quanto riguarda il giovane che avrebbe – e se lo ha fatto ha sicuramente sbagliato – causato danni a oggetti custoditi nella casa comunale e tentato di aggredire gli amministratori, si spera che l’amministrazione stessa voglia considerare anche la via della comprensione e della riconciliazione. Si chiede, infatti, di attivare tutti i canali possibili per risolvere questo e altri casi simili che possano essere presenti sul territorio comunale, affinché la bussola di chi amministra non sia solo quella della rigida regola, ma anche quella della solidarietà. Infatti, la crescita costante dei costi di beni e servizi e la complessità dei fenomeni socio-culturali, a cui siamo attualmente esposti, richiedono alle lavoratrici e ai lavoratori una capacità reddituale sempre più alta per far fronte alle esigenze dei componenti, in special modo se minori, della propria famiglia. Pertanto, in attesa che nuovi assetti macro-economici possano risolvere le criticità attuali, la via della solidarietà verso chi attualmente versa in serie difficoltà economiche può e deve essere percorsa, a cominciare dagli amministratori locali, che hanno contatto diretto con i cittadini e che assolvono al difficile compito di farsi garanti dell’organizzazione dello Stato Italiano sul territorio.

 Sassano, 11 ottobre 2015