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mercoledì 4 gennaio 2012

La storia di Avo, Slavo e Ferrante


Investitura di Ferrante
Arrivare alla fine della storia sarà difficile, ma utile per comprendere il presente. Questa favola non ha la pretesa, tuttavia, di raccontare fatti, ma solo leggende, che corrono sulla bocca delle persone. È la storia di Avo, Slavo e Ferrante. Avo era un uomo potente della Valle della Lupa, confinante con la Valle del Diacono e con la Valle dell’Eternità. Slavo, figlio di Avo, era destinato ad ereditare le ricchezze del padre e il predominio sulla Valle della Lupa. Ferrante, una volta cavaliere errante, si era definitivamente stabilito nella Valle del Diacono, chiamata così per via di un religioso locale che aveva servito alla corte del Papa. Per mantenere una posizione dominante sulla Valle del Diacono, Ferrante aveva stretto amicizia sia con Avo e Slavo, sia con la vicinissima e ricchissima Valle dell’Eternità, così detta per via della possibilità di replicare, magicamente e in modo infinito, un’infinità di manufatti. In quest’ultima vallata regnava il Conte Lano. Tutti questi reggenti avevano stretto un patto tra loro per la sopravvivenza delle rispettive dinastie.


Slavo sul suo cavallo
La Valle del Diacono era ricca di cibo e di acqua ed il commercio era florido, prima che arrivasse Ferrante. Gli abitanti erano liberi e coltivavano i campi e commerciavano i beni prodotti. I popolani e i signori di una vasta area del circondario, molto al di là della Valle della Lupa e di quella dell’Eternità, si recavano nella Valle del Diacono per acquistare le merci che i commercianti offrivano al locale mercato settimanale. Ma il patto di amicizia prevedeva che molte ricchezze della Valle del Diacono venissero cedute ai regnanti della Valle della Lupa, pena la decadenza del dominio che il cavaliere Ferrante si era conquistato sfidando a singolar tenzone il paladino Anselmo, già reduce da crociate in Terra Santa sotto le insegne della casata di Avo e Slavo e poi passato a servire il duca di Ceppalonia. L’inimicizia tra il Ferrante e il paladino Anselmo dovette recedere col tempo.  Infatti, la pressione del casato di Avo si fece sentire più volte per poter promuovere la concordia tra gli uomini di queste tre valli. Avo e Slavo avevano capito che solo attraverso la concordia tra tutti i potenti di queste vallate una parte delle ricchezze delle terre del Conte Lano e di Ferrante sarebbe confluita nella meno ricca Valle della Lupa. E così, ad alcuni uomini del prode Anselmo furono fatte promesse di terre e ricchezze nella Valle del Diacono.

Vittorio Gassman nel film di Mario
Monicelli "L'armata Brancaleone"

Col tempo, tuttavia, mentre questi potenti signori conducevano una vita agiata, senza più guerre o duelli tra loro, il popolo della Valle del Diacono finì per menare vita grama: gabelle sempre più alte; scorribande periodiche e indisturbate dei giannizzeri di Avo e Slavo tra il contado, senza che nemmeno il prode Anselmo levasse più un dito; confinamento del mercato in un’area angusta; assegnazione di benefici e onoreficenze solo ad amici e parenti; oppressione della povera gente da parte dei gendarmi. 

E fu così che una terra baciata dalla fortuna divenne un infelice feudo della Valle della Lupa. E perciò in questa favola non possiamo scrivere la rituale frase del lieto fine “… e vissero tutti felici e contenti”. Scriveremo, invece, una frase consona a questo periodo di sobrietà: “… sopravvissero in pochi, tutti servi e perdenti“. 

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