Andiamo per
gradi. Partiamo dall’intervista più recente sulla questione “Scalea”, comune in
provincia di Cosenza, dove quasi tutti i componenti della giunta sono stati
raggiunti da provvedimenti restrittivi emessi
dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione distrettuale
antimafia di Catanzaro a conclusione dell’inchiesta “Plinius”. Il Fatto
Quotidiano online del 21 luglio 2013, pubblica la seguente intervista al
consigliere di minoranza Mauro Campilongo.
In questa
intervista si parla di un “personaggio chiave” dell’inchiesta, il quale viene
arrestato a Sant’Arsenio, così come riportato nella cronaca locale de La Città:
Qui, a
Sant’Arsenio, è stato raggiunto dai carabinieri uno dei personaggi chiave
dell’inchiesta della procura antimafia, il 45enne Pietro Valente, che da
qualche mese si era trasferito nel piccolo centro del Vallo di Diano. L’accusa
per tutte le persone raggiungere dai provvedimenti restrittivi è di essere
legate alla cosca Valente-Stummo. Nel corso dell’operazione scattata all’alba
di ieri c’è stato anche il sequestro di beni per 60 milioni di euro.
Qualche testata giornalistica locale parla di “stupore” da
parte dei cittadini di Sant’Arsenio. In effetti, il “personaggio chiave” è
conosciuto alla cronaca locale almeno dal 2005. Infatti, a essere meno distratti,
si potrebbe leggere un resoconto dato dalla stessa testata La Città, reperibile a questo link:
Questo articolo riporta le condanne in secondo grado di alcuni “personaggi”, che potremmo
definire – in questo caso - “chiavistello”, per restare in tema. In particolare, si dice in questo
articolo: Secondo l’accusa il clan avrebbe commercializzato nel corso
degli anni 700 chili di droga giunti in Italia da Albania, Romania, Olanda e
Colombia. Un giro d’affari messo in piedi dal gruppo del Vallo di Diano che
poteva contare su contatti con trafficanti dell’Est ed esponenti della
criminalità campana e calabrese.
La ricorrenza di alcuni nomi farebbe pensare che
lo “stupore” potrebbe, dopotutto, non essere così sincero. Ma ci sono altri
addentellati che potrebbero giocare a sfavore del presunto “shock” della
comunità locale, a leggere quest’altro articolo.
SALA
CONSILINA: PATTEGGIAMENTO PER DUE
Articolo tratto da “La Città di Salerno” (23-10-2003)
Nell'aula bunker era stato deciso per il
patteggiamento della pena relativamente a undici imputati del maxiprocesso per
droga. Il Tribunale di Sala Consilina non ha invece ritenuto ammissibili tali
istanze e si è pronunciato con sentenza favorevole solo per Pietro Gallo,
difeso dall'avvocato Alarindo Cesareo, e per Ciro Capuano, difeso dagli
avvocati Angelo Cerbone e Rinaldi. Le istanze per l'applicazione concordata
della pena riguardavano Casella Dalmazio, Antonio Murno, Santo Azzolina, Felice
Balsamo, Alfonso Abruzzese, Umberto Casillo, Giuseppe D'Agostino, Enrico Zupo,
Pietro Valente. La prosecuzione ora è rimessa dinanzi al tribunale ordinario.
Le richieste di patteggiamento allargato (fino a cinque anni di reclusione soli
o congiunti a pena pecuniaria), non sono state accolte perché formulate in
violazione della legge. Per una complessità di motivi, infatti, la questione di
legittimità costituzionale sollevata risulterebbe infondata. Non sono state
ritenute ammissibili neppure le nuove istanze di patteggiamento assentite dal
pm di udienza, presentate da Casillo, Balsamo, Abruzzese, Murno e Zupo. Meglio
è andata agli imputati Pietro Gallo, difeso dall'avvocato Cesareo, e Ciro
Capuano, difeso dagli avvocati Angelo Cerbone e Rinaldi. Il Tribunale di Sala Consilina
all'udienza del 20 ottobre scorso, ha disposto nei confronti di Ciro Capuano la
pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione e una multa di 14mila euro, previa
concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione
oltre alla diminuente per la scelta del rito; nei confronti di Pietro Gallo la
pena di 4 anni e 3 mesi di reclusione e 14mila euro di multa previa concessione
delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulle aggravanti
contestate e ritenuta la continuazione oltre alla diminuente per la scelta del
rito. Inoltre la sentenza ha anche previsto a carico di ciascuno degli imputati
le spese relative al procedimento e ha ordinato la confisca e la distruzione
delle sostanze stupefacenti. Il processo dunque proseguirà davanti al tribunale
ordinario per gli imputati nei confronti dei quali il patteggiamento è stato
rigettato dal Tribunale di Sala, quindi per Casella Dalmazio, Antonio Murno,
Santo Azzolina, Felice Balsamo, Alfonzo Abruzzese, Umberto Casillo, Giuseppe D'Agostino,
Enrico Zupo e Pietro Valente.
E qui, l’articolo di Massimo Clausi del 17 luglio scorso, pubblicato su
Il Quotidiano della Calabria, apre ulteriori scenari investigativi interessanti
sulla vicenda “Scalea”.
Naturalmente, l’inchiesta “Plinius” è partita dalla Calabria. Pur
tuttavia, come abbiamo avuto modo di notare, il nostro Vallo di Diano non può
stupirsi per quello che è successo. Alcune cose – semplicemente - si sapevano
da tempo. Capita, però, che a volte ci si distrae. E capita anche che ci si
distrae proprio su questioni di importanza basilare per la vita sociale ed
economica del nostro comprensorio. Speriamo, perciò, che questo “stupore” sia
solo temporaneo e che presto si aprano gli occhi su quello che sta accadendo in
questa vallata, anche e soprattutto perché potremmo rimanere, tra non molto,
senza un Tribunale comprensoriale, seppure questa presenza abbia aiutato poco a far concentrare tutti noi su questioni altre dalle spensierate sagre e dalle celebrazioni dei potentati locali.
Nessun commento:
Posta un commento