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giovedì 30 giugno 2011

ARRIVANO I MOSTRI

Di cemento si è parlato tanto, perché disarmato. E disarmante e tragico è infatti stato l’effetto prodotto dalla mancanza di anima (in tutti i sensi) nelle strutture abruzzesi a l’Aquila. Di cemento si parla anche perché esso è fonte di guadagno (lecito e - a volte - illecito). Di cemento e di cementifici parliamo in questo breve intervento.

Lo "scheletro bianco" di Sassano


L’associazione “Verdi ambiente e società” (VAS), da tempo attenta alle questioni ambientali su tutto il territorio italiano, due anni fa ha indetto il terzo concorso fotografico, col patrocinio del Ministero dell’Ambiente, dal titolo Nonsolopuntaperotti [1]. Ricordiamo che l’associazione VAS ha partecipato attivamente alla manifestazione tenutasi a Sala Consilina nel novembre del 2003 contro la costruzione della zona industriale nell’areale della cicogna – area di pregio ambientale, così come definita nel febbraio 2003 dalla Comunità Montana – dando man forte alle tante associazioni locali che si erano opposte a questa scelta impropria. La giuria del concorso si è riunita a Milano ed il 31 marzo 2009 ha premiato tre fotografie “ex equo”: la prima, scattata da Gaetano D’Amato, ritrae lo scheletro di quella che sarà la nuova casa comunale di Sassano, la seconda le abitazioni a gradoni sul lago di Como e la terza il cementificio di Sapri.


La stessa struttura in cemento vista da un'altra angolatura

Sassano possedeva una casa comunale di egregia fattura nel centro del paese. Andata questa in disuso, fu costruita, negli anni ’70 (se la memoria non m’inganna) sotto l’amministrazione De Laurentiis, una nuova sede (l’attuale) di fronte al plesso delle Scuole Elementari. La nuova casa comunale sorge non molto distante dal centro storico, che è arroccato sopra il “sasso sano” che l’Arch. Di Brizzi nella sua opera parzialmente esposta a Silla ha voluto rappresentare come un grosso masso bianco. Stranamente, il colore dello scheletro in cemento premiato dall’iniziativa dei VAS vagamente ricorda il candido masso dell’Arch. Di Brizzi. All’amministrazione De Laurentiis, negli anni ’80, dopo un breve periodo di instabilità politica, segue un lunghissimo periodo reggenza di Gaetano Arenare, sindaco fino al 2005, vicesindaco dal 2005 al 2010, consigliere e assessore provinciale per lungo tempo. Si direbbe un politico di “lungo corso”, il sindaco Arenare, pronto anche oggi a tornare in sella non appena le condizioni locali lo permetteranno.

Nel 1996 il Consiglio Comunale di Sassano disponeva, col beneplacito della minoranza (qui è veramente necessario ricorrere all’accezione più ampia del termine), l’abbattimento della vecchia casa comunale, che, nel frattempo, aveva subito dei danni dal sisma del 1980. Si eliminava così una testimonianza civica del paese. In questi ultimi anni di ricorso massiccio al cemento nelle strade, nelle piazze e nei centri storici, si deliberava, infine, anche sulla costruzione della nuova sede municipale.


Ve ne era effettivo bisogno di questa ennesima costruzione in cemento? Adesso la cittadinanza sta giustamente protestando per l’invasività del “mostro”. Si veda, ad esempio, il gruppo, costituitosi su Facebook, denominato Chiediamo la demolizione del “mostro di Sassano”. Vi è quasi un unanime dissenso in paese sulla vicenda e quella costruzione è diventata il simbolo dello slegamento tra il comune sentire e lo stanco andazzo amministrativo. I Sassanesi hanno avuto l’occasione, con le elezioni amministrative del 2010, di esprimere il loro dissenso nelle urne. Ai trenta anni di reggenza di Arenare hanno così sostituito un ibrido tra la vecchia amministrazione, un certo “nuovo anagrafico” e un antichissimo modo di fare politica. Dopo più di un anno dalle elezioni amministrative del 2010, tuttavia, del cosiddetto ecomostro - materia del contendere in campagna elettorale - non si parla più: le proposte mancano, mentre questa struttura di cemento incombe sulle teste dei Sassanesi che, se aveste pazienza di ascoltare, vi direbbero – in privato - che non ne possono più di quell’orrida vista. In pubblico forse qualcuno avrebbe delle remore a parlare, per quella riservatezza tipica della gente del luogo, o per un certo timore nell’esprimere le proprie opinioni. Nulla, infatti, deve urtare la suscettibilità di chi, nel chiuso delle stanze dei bottoni, gode del potere di chiudere qualche rubinetto vitale per la sussistenza delle famiglie. Proprio quella solita tara medievale dalla quale il cittadino non riesce più a svincolarsi per via di un’economia sempre più bloccata, soprattutto in questo periodo di crisi.     



[1] Marcello Saponaro ha costituito l'omonima associazione (Nonsolopuntaperotti) per organizzare il concorso fotografico e ha coinvolto nella giuria molte personalità lombarde: dal costruttore e giornalista Luca Beltrami Gadola al fotoreporter di fama internazionale Uliano Lucas, dal musicista e fotografo del blues Fabio Treves alla fotografa Silvia Tenenti, dal giornalista della Nuova Ecologia Marcello Volpato, al conduttore televisivo Roberto Poletti, al video giornalista freelance Matteo Cundari. E poi gli ambientalisti: Guido Pollice, Presidente nazionale di Green Cross Italia e Fabio Fimiani, Presidente lombardo di VAS (Verdi Ambiente e Società). Infine i consiglieri Regionali: oltre a Marcello Saponaro, che presiede la giuria, il capogruppo Verde Carlo Monguzzi, la consigliera di AN Silvia Clementi Ferretto e il consigliere dei DS Pippo Civati.


sabato 25 giugno 2011

PISTE "RICICLABILI"

Gianni Lettieri, ex presidente dell’Unione Industriali di Napoli e candidato a sindaco per il PdL nelle recenti elezioni amministrative nel capoluogo campano, sembra sia rimasto affascinato dalle piste ciclabili dopo una visita all’Europa del Nord, così come si può leggere in una sua intervista (Repubblica di Napoli, 26 agosto 2009). Il bello, l’utile e la necessità di futuro per l’ambiente colpisce chi fa capolino in luoghi diversi dai nostri.

Una pista "riciclabile". Si notino i pneumatici sul lato sinistro.
Il nostro vincolo territoriale ci impone di parlare del Vallo di Diano, ridente vallata ricca d’acqua, attraversata longitudinalmente dal fiume Tanagro e tagliata obliquamente da decine di canali e affluenti che fanno fluire il liquido prezioso dai monti circostanti all’ampio affluente del Sele. In parte ricadente nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, il nostro territorio era una volta naturalmente irriguo per la sua ricchezza di acque superficiali: una rete fittissima di piccoli rivoli, popolati da minuscoli pesciolini mangia-larve. Oggi i terreni sono parzialmente inariditi dal prosciugamento dei corsi d’acqua dovuto essenzialmente all’occultamento dell’oro del terzo millennio: un controsenso. Ma questa è la storia dei luoghi, che forse qualcuno racconterà nella sua interezza nel futuro, lontano da quei condizionamenti di sudditanza strisciante nei confronti dei politici del posto, i quali hanno permesso che si costruissero zone industriali in siti di pregio ambientale, quali l’areale della cicogna ed il boschetto paleo-palustre. Il primo sito avrebbe dovuto essere preservato per creare un habitat favorevole per la cicogna bianca, che ormai da anni nidifica su di un traliccio dell’Enel tra Sala Consilina e Teggiano. Il secondo è la testimonianza vivente della vegetazione del Vallo prima della sua bonifica: adesso ospiterà capannoni industriali, nonostante degli esperti, pagati con i soldi dei contribuenti, avessero individuato in esso una specificità da salvaguardare, avendo studiato le caratteristiche del Vallo nel suo complesso.

Vista ravvicinata dei pneumatici sulla pista "riciclabile".
Queste le azioni di rilancio del territorio: mortificazione dell’impresa agricola e crollo del valore catastale dei terreni destinati alle colture, in modo da poter comprare a poco prezzo e costruire dappertutto case agricole tramutate in ville e, perché no, in laboratori di vario genere. E capannoni “nominali” vuoti e supermercati da averne ormai quasi uno per abitazione. Senza che mai nessuno levasse una mano per dire: “Alt!”. No, si è lasciato fare, come se lo sviluppo della vallata passasse attraverso la sua deturpazione finale. E chi si opponeva a questo sacco era un folle. E sacco è stato per una chiara volontà politica, secondo il parere di chi scrive.

Ma torniamo al titolo ed alle piste ciclabili, che da noi sono diventate "riciclabili". Si sa, d’estate si possono fare lunghe passeggiate in bicicletta. Durante il periodo adolescenziale, quando il mio amico coetaneo Sergio veniva da Genova a trascorrere le sue vacanze dai nonni, queste passeggiate erano quasi un obbligo quotidiano: una buona scusa per esplorare la vallata e per scendere scalzi nei canali non troppo profondi, dopo aver lasciato le biciclette sull’erba. Adesso è solo un modo per restare fuori e respirare a pieni polmoni in aperta campagna. Ma quanto costa vedere queste naturali piste asfaltate, strade che costeggiano le sponde dei fiumi per lunghi chilometri, poco frequentate dalle automobili, essere diventate ricettacolo dell’immondizia del mondo. Si potrebbe raccogliere quel materiale da queste strade e riciclarlo, così da creare, per la prima volta, delle “piste riciclabili” al Sud. Le sponde dei fiumi, una volta di un bel verde e ben tenute, adesso fragili e schifose. Sergio non viene più nel Vallo da quando i nonni sono scomparsi. Almeno lui non sa quanto sia cambiata questa vallata nel giro di pochi lustri.

sabato 18 giugno 2011

La centrale fotovoltaica di Teggiano: quale verità?

La questione della centrale fotovoltaica di Teggiano è seria, a mio parere (in questa Italia, tuttavia, questo aspetto passa in secondo ordine rispetto a problemi molto più gravi). Oggi, complice anche certa stampa appiattita sul potere politico-finanziario, non viene fuori quanto di scomodo c’è in questa vicenda. Non si riesce a comprendere, infatti, se la centrale sia attualmente in funzione e quanti KWatt, in media, riesca ad erogare, rispetto ai 500 KW per i quali essa era stata progettata e realizzata. Addirittura, la questione è venuta di nuovo fuori, in modo distorto - secondo il mio parere - con il rapporto Legambiente "Comuni Rinnovabili 2010", dal quale leggiamo quanto segue. 
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Una parte della centrale fotovoltaica di Teggiano.
"Sono 583 le Amministrazioni Comunali che attraverso il questionario di Legambiente hanno dichiarato di aver installato pannelli fotovoltaici sui tetti delle proprie strutture, 156 in più rispetto al 2009 per una potenza totale di 21.194 kW. Il Comune che risulta avere la maggior potenza installata è il Comune di Bologna con 1.966 kW, seguito dal Comune di Verona con 1.134,46 kW e dal Comune di Isera con 805 kW. A Bologna è interessante il progetto portato avanti insieme all’Ente pubblico che gestisce il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, con installazioni che hanno coinvolto 63 edifici. Gli impianti sono in grado di produrre 1,5 milioni di kWh annui che permetteranno di risparmiare 1.500 tonnellate di CO2 all’anno.
PRIMI 10 COMUNI DEL FOTOVOLTAICO IN EDILIZIA
  
 PR COMUNE kW
1 BO Bologna 1966
2 VR Verona  1134
3 TN Isera    805
4 PO Prato   598
5 SA Teggiano 500
6 TN Carano   500
7 AP Monteprandone 404
8 BZ Laces    370
9 PU Pesaro   294
10 RM Roma  256
Fonte: Rapporto “Comuni Rinnovabili 2010” di Legambiente.
Si noti la quasi totale assenza dei pannelli in almeno due file
della centrale fotovoltaica.
Una spinta alla diffusione del fotovoltaico è importante che venga anche dall’integrazione in edilizia e in particolare laddove è più semplice, ossia nei nuovi interventi edilizi. Sono 76 i Comuni che hanno introdotto, secondo quanto previsto dalla Finanziaria 2008, all’interno del proprio Regolamento Edilizio l’obbligo di installazione di pannelli solari fotovoltaici per almeno 1 kW ad alloggio nella nuova edificazione. A questi obblighi comunali si aggiungono quelli regionali che complessivamente permettono di disegnare una cartina dei territori “più avanti” in Italia nella spinta a questa tecnologia".
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La questione è seria per due motivi. Il primo motivo (e forse il più grave) è che, se ci si riferisce all'installazione della centrale fotovoltaica, allora la potenza attualmente erogata non può essere quella originale (500 KW, appunto!) perché la stessa centrale è priva di molti pannelli (asportati a più riprese da ladri e mai rimpiazzati).
Il secondo motivo è che, chi ha fornito i dati, riferendosi forse alla centrale, non avrà ben compreso che vi è una differenza tra gli impianti su strutture pubbliche e quelli delle centrali solari su terreni agricoli. Pur tuttavia, il dato è rimbalzato su certa stampa che, senza domandarsi nulla ha voluto esaltare l'operato delle amministrazioni locali (per le solite questioni di mercato). Con questo modo di agire, la verità viene fatta a pezzi e il Paese viene condannato ad un rapido declino, in quanto i furbi e i profittatori, che si annidano in ogni dove, avranno sempre più buon gioco, a discapito delle persone perbene, responsabili e rispettose delle regole e della verità, appunto.

sabato 11 giugno 2011

ACQUA NOSTRA? QUANDO SI VA “OLTRE IL REFERENDUM”

Il quesito referendario sull’abrograzione della norma che vuole la partecipazione obbligatoria dei privati alla gestione delle reti idriche recita, testualmente:

« Volete Voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e finanza la perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea”, convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale? ».

Sarà bene prestare attenzione a questi numeri, perché nel Vallo di Diano si sta prendendo la decisione di far gestire gli acquedotti al CONSAC S. p. A., che entrerà, presumibilmente entro l’anno, nel pieno possesso della rete idrica di tutti i Comuni del comprensorio. Essendo la S. p. A. a totale capitale pubblico, alcuni vanno blaterando che tale fatto non avrà alcuna conseguenza negativa sui cittadini.



In un incontro pubblico tenutosi a Sala Consilina facevo presente che nella carta di servizio del CONSAC sono presenti alcune amenità, che qui elenco:


-       La custodia dell’impianto nella sua complessiva configurazione è a carico dell’Utente che ha l’obbligo di comunicare all’Azienda qualunque guasto, perdita o disfunzione in qualunque punto dell’impianto. [Commento: Tutte le riparazioni verranno effettuate a carico dell’Utente, che andrà in giro con la casacca del CONSAC per monitorare le perdite della rete?]


-       Tutte le perdite di acqua verificatesi per qualsiasi motivo dopo il contatore sono a carico dell’Utente, così come le perdite verificatesi nella tubazione di derivazione. [Commento: Attenzione alle perdite all’esterno del contatore: si pagherannno anche quelle!]


-       L'Utente ha l’obbligo di comunicare la lettura all'Azienda, o di sollecitarla, se trascorso un anno dalla lettura precedente, non è stata eseguita la successiva [Commento: Siamo chiamati ad essere dei capi del personale o grandi manager dell’Azienda?].


-       La morosità connessa al mancato pagamento della bolletta o di contestazione non accettata da luogo alla chiusura dello sbocco [Commento: Se non paghiamo, o non possiamo pagare, tagliano l’acqua].



Ma da dove scaturisce la decisione di trasferire al CONSAC S. p. A., ditta della ridente cittadina di Vallo della Lucania, la gestione idrica dei comuni di un comprensorio con una produzione del bene acqua in surplus? Facendo bene attenzione ai numeri e ai nomi, forse capiremo da quanto segue.



Il giorno 15 marzo 2011 l’Assemblea dell’Autorità di Ambito Sele, presieduta dal Sindaco di San Mauro La Bruca, verbalizzante il segretario, dott. Mario Bianchino, ha affidato - ai sensi dell’art. 23 bis comma 3 del D. L. 112/2008, articolo che si vuole abolire con il referendum, come abbiamo visto - la gestione del servizio idrico integrato nell’ambito dell’area del Parco del Cilento (così è scritto nella delibera!) alla società CONSAC S. p. A. Il sindaco di Sala Consilina, Gaetano Ferrari, consigliere di amministrazione dell’ATO 4, oltre a rappresentare Sala Consilina nella suddetta assemblea, ha avuto al suo attivo ben otto deleghe da parte dei sindaci dei seguenti paesi del Vallo di Diano: Atena Lucana, Buonabitacolo, Casalbuono, Pertosa, Salvitelle, San Rufo, Sanza, Sassano. Che significa tutto ciò? Il sindaco di Sala Consilina è presente nel CdA dell’Ente di Ambito ATO 4; probabilmente da questo organismo, su direttive “politiche”, parte l’iniziativa di trasferire la gestione degli acquedotti comunali ad un singolo soggetto, proprio sulla base della norma che si vorrebbe abrogare attraverso il referendum. Si penserà ad un’operazione fatta a favore del cittadino per preservare la natura pubblica della gestione della risorsa comune “acqua”.

 Tuttavia, dal verbale di questa assemblea, reperibile su rete, vengono fuori un bel po’ di cose. La prima è che si parla esplicitamente di gradualità della crescita dei livelli tariffari rispetto a quelli attualmente in uso. Come per dire, il servizio ai cittadini del Vallo di Diano, forse nel senso partenopeo del termine, verrà reso piano piano. La seconda e più incredibile questione è legata al parere tecnico acquisito in questo stesso verbale. Il Dirigente Tecnico dell’Ente, nella seduta del 15 marzo scorso, afferma – tra le altre cose: “io ho già segnalato che la procedura è irrituale… ho anche elaborato una proposta deliberativa che non è quella che ha dato lettura il presidente…”. In effetti il tecnico lamenta il fatto che il CONSAC non possiede (come presupposto dell’operazione “politica”) uno Statuto adeguato a permettere questo allargamento delle competenza su altri comuni. Infatti, citando questi aspetti della questione, egli afferma: “… nel momento in cui si contrattualizza con questi elementi siamo assolutamente tacciabili da parte dell’autorità garante di diciamo inadempienza rispetto a dei principi dell’affidamento in house con tutte le conseguenze di legge e di responsabilità personali e dell’ammnistrazione”.

Sembra quasi che negli “alti livelli” si voglia un po’ forzare la mano per ottenere il risultato sperato. Conosciamo bene questi meccanismi. Abbiamo cominciato a conoscerli con la gestione della Sanità. Poi abbiamo visto come è andata con il Parco Nazionale (che adesso qualcuno chiama, in modo improprio, del Cilento). A questi due grandi successi politico-amministrativi possiamo aggiungere, adesso, anche la gestione della rete idrica.

Ci consoleremo con l’inceneritore di Atena Lucana e la sua salutare gestione “in house”, nel nostro territorio. Le due vicende sono molto simili: si è fatto di tutto per non far trapelare nulla e poi, scoperto l’affare, la parole d’ordine era quella dei soldati sul fronte del Piave: “tacere e andare avanti”. E così questa terra, già baciata dai rifiuti (vedi inchiesta Chernobyl della Procura di Santa Maria di Capua Vetere), potrà essere abbracciata anche dalla diossina dell’inceneritore se il TAR, adito da alcuni associati della sede CODACONS del Vallo di Diano, non si metterà di traverso, per frenare i sogni di gloria di alcuni, a discapito della salute di tutti. Gli associati del CODACONS si sono autotassati per effettuare il ricorso al TAR. Al loro impegno civico io mi inchino con molto rispetto, tralasciando, per una volta, di ascoltare i vaniloqui dei soliti ciarlatani per onorare solo l’indiscutibile valore di queste donne e di questi uomini di specchiata moralità che hanno aderito con fiducia ad un’associazione ambientalista. Oggi, con questo scritto, vorrei idelamente abbracciare tutti loro, sperando che domani, insieme, potremo convincere chi ha ordito questo folle disegno che la strada da seguire è quella di una gestione locale del sistema idrico, per un modo più equo di distribuzione alle famiglie di sorella acqua, evitando così quella perversa gradualità della crescita dei livelli tariffari rispetto a quelli attualmente in uso.


Aggiornamenti:
L’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 è stato abrogato dal referendum del 12 e 13 giugno 2011. L'operazione "politica" è però a prova di bomba. La si è fatta "paventando" il non raggiungimento del quorum. Reggerà, se non ci mobilitiamo, all'urto dell'abrogazione dello stesso art. 23-bis.

mercoledì 1 giugno 2011

Dal convegno “ZANZARE - DISINFESTAZIONI - INFORMAZIONE”

CNR

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

Rachel Carson
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, avvertita l’esigenza di rispondere a quesiti e dubbi di cittadini che hanno manifestato interesse e preoccupazioni sui metodi usati per la lotta agli insetti (in particolare alla “zanzara tigre”), ha organizzato un convegno, chiamando a riferire su tale problematica, scienziati, tecnici, giornalisti ed ambientalisti. Le ricerche e le novità presentate al convegno, di cui si riporta una sintesi dei risultati, hanno suscitato un rilevante interesse anche nei media.

Dr. Vincenzo Francaviglia
Dirigente di Ricerca - CNR

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Dal convegno “ZANZARE - DISINFESTAZIONI - INFORMAZIONE” Esperienze e Indagini, tenutosi il 16/05/2005 presso l’Aula Marconi del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Roma, è emersa la volontà dei Relatori di sottoscrivere un Documento comune affinché il problema in oggetto venga affrontato nel modo più opportuno e meno aggressivo possibile nei riguardi sia dell’Ambiente che della Salute.

Durante i lavori è stata criticata la facilità estrema con la quale chiunque desideri liberarsi da “insetti molesti” è autorizzato a diffondere nell’ambiente, in ogni ambiente (Aree protette e Parchi Naturali compresi), prodotti chimici tossici, ad alta residualità dichiarata, che rimangono nel suolo per 10, 20 anni e passano quindi nelle falde acquifere, inquinandole. I piretroidi e gli esteri fosforici nebulizzati nell’ambiente e comunemente usati per la lotta alle zanzare, inoltre, non sono selettivi, uccidono tutti gli insetti tra i quali, anche esemplari adulti di zanzare, ma non risolvono il problema: oltre ad avvelenare il nostro habitat, rendono più aggressivi e resistenti ai trattamenti i vari insetti non desiderati, superstiti, che, prima o poi, non saranno più eliminabili.

Il tossicologo molecolare, prof. Claude Reiss del CNRS di Parigi, ha riferito che, con la Tossicogenomica (Ricerca, su cellule umane) sono stati testati vari insetticidi, ed è risultata una inaspettata pericolosità per la salute, anche di quelli comunemente ammessi ed usati per combattere le zanzare e fino ad oggi ritenuti poco pericolosi e a basso impatto ambientale (permetrina ed altri)

Da più voci è stato ribadito che l’allarme per la pericolosità della Aedes albopictus (la zanzara Tigre) è ingiustificato, poiché, seppure di importazione, e più aggressivo, l’insetto è innocuo nei nostri climi. Le sue punture procurano solo ponfi un po’ più rilevanti perché, il nostro sistema immunitario ancora non le conosce. Per limitarne l’azione è sufficiente usare gli stessi rimedi tradizionalmente impiegati per le altre 60 specie di zanzara, presenti nel nostro Paese.

Le disinfestazioni, giustificate solo in caso di effettiva emergenza, sono dannose all’ecosistema in generale, in particolare per gli insetti utili, le specie protette (tra cui le api, sempre più decimate dalle irrorazioni chimiche, con gravi ripercussioni sui raccolti) e per gli uccelli, predatori naturali degli insetti nocivi.

La produzione di orti e frutteti, raggiunta dagli insetticidi, non può essere raccolta e consumata prima che sia trascorso il periodo di tempo necessario al decadimento della tossicità del principio attivo, che varia a seconda dei prodotti usati, ma non sempre i cittadini ne sono avvisati e i trattamenti, ripetuti, trasformano i prodotti coltivati in pericolosi veicoli di malattie, anche a lungo termine.

Nonostante ciò, ogni condominio o Comune, senza emergenze, senza alcun controllo da parte delle Autorità Sanitarie, senza bonifiche dei focolai può, attualmente, a suo piacere, far intervenire una ditta privata che nebulizzi insetticidi, con cannoni o pompe a lunga gittata, per cercare di liberarsi da punture moleste sì, ma non pericolose. Ogni cittadino, con grande leggerezza, può far irrorare le sostanze di sintesi nelle sue proprietà, anche all’aperto, senza tenere conto dei diritti di chi non vuole che il suo habitat venga inquinato.

Ormai ciò che dovrebbe essere applicato solo in gravi emergenze, è divenuta una sorta di moda, una “pratica igienica” preventiva, mentre dal Convegno è emerso che il vero pericolo non sono le zanzare, ma i veleni che vengono, con grande abbondanza e leggerezza, irrorati dappertutto. L’alta temperatura dei muri, in estate, continuerà, inoltre, a diffondere le sostanze nell’ambiente, per evaporazione e nebulizzazione aerosolica.

I Relatori, per favorire l’equilibrio naturale e per evitare pericoli per la salute e per l’ambiente, sono stati unanimi sulla necessità di liberare  risorse ed idee nel settore della Ricerca nell’ambito delle biomolecole (molecole di derivazione naturale) per sostituire gli attuali pesticidi di sintesi.

Nel frattempo, invece di continuare a permettere di irrorare sostanze chimiche, sarebbe opportuno divulgare, applicare ed incentivare tecniche naturali e selettive già sperimentate come, ad esempio:

-          l’impiego dell’olio di Neem, insetticida naturale selettivo (non uccide gli insetti utili e non è tossico per persone e animali) che interviene sia sugli adulti che sulle larve, ostacolando la riproduzione delle zanzare. (“Studio e sviluppo di bioinsetticidi per il controllo di Aedes albopictus  (Zanzara tigre) - Ricerca congiunta ENEA BIOTEC - Università di Roma “La Sapienza” – per l’utilizzazione e valorizzazione del pannello esausto di Neem (Neem-cake).

-          la sterilizzazione mediante raggi Gamma e conseguente liberazione nell’ambiente dei maschi della Zanzara tigre. Le femmine si accoppiano una  volta sola e se ciò avviene con i maschi sterili, non ci saranno larve. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo)

-          dove possibile, (in centri residenziali, zone di campagna, parchi, giardini, cimiteri, periferie, ecc) favorire l’impianto di una rete di “giardini acquatici” con l’introduzione delle Gambusia affinis (i pesciolini delle zanzare) capaci di predare, ciascuno, fino a 150 larve di zanzara al giorno (Giardini di Ninfa).

-          l’introduzione nei tombini di microcrostacei ciclopoidi, ottimi predatori di larve. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo)

-          l’impiego, in stagni e risaie, del Bacillus thuringiensis israelensis che, predato dalle larve dei culicidi, le uccide in poche ore.

-          l’impiego, nelle zone costiere, dell’Aphanius fasciatus, altro pesce eccellente distruttore di larve. Nelle fascie sperimentali in cui è stato introdotto ha azzerato la popolazione larvale. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo) )

-          il favorire l’aumento della popolazione degli uccelli insettivori (rondini, balestrucci, pipistrelli, ecc), agevolandone la nidificazione, anche sorvegliando o impedendo le attività venatorie.

Poiché la lotta agli adulti si è rivelata oltretutto parziale e non risolve il problema, i metodi da continuare ad applicare e sperimentare, sono soprattutto, oltre la prevenzione, quelli che intervengono direttamente sulla distruzione delle larve e, nell’attesa di altre novità da parte dei Ricercatori, occorrerà far applicare i tanti altri metodi naturali conosciuti e sperimentati come efficaci, continuando ad informare la popolazione ed a richiederne la fondamentale collaborazione, in ambito domestico, per prevenire e arginare la proliferazione degli insetti.

Opinione comune è stata inoltre la necessità di vietare qualsiasi forma di disinfestazione chimica nei Parchi Naturali e nelle Aree protette.

Roma, 16 luglio 2005