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domenica 30 ottobre 2011

LA CICOGNA NEL VALLO DI DIANO

Riporto la lettera, redatta da Paolo Abbate, spedita alle istituzioni per sollecitare un progetto per la salvaguardia dell'habitat della cicogna bianca nel Vallo di Diano.


CODACONS CAMPANIA ONLUS
 Sede del Vallo di Diano, Via Silla 25, 84030 Silla di Sassano (SA)
http://www.codacons.it   E-mail  codaconsvd@yahoo.it  fax: 0975 4931194

A: Comune di SALA CONSILINA,
Comune di TEGGIANO,
Comune di SAN RUFO,
Comune di SASSANO,
Comunità Montana del Vallo di Diano,
Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni,
Provincia di SALERNO, Assessorato all’Agricoltura, Foreste, Incendi boschivi, Tutela degli animali
Regione CAMPANIA, Assessorato all’Ambiente
Ministero dell’AMBIENTE, Direzione generale per la protezione della natura e del mare,

e p.c. alla Stampa nazionale e locale

Oggetto: PROGETTO CICOGNA BIANCA

Spett.li Istituzioni,

Le cicogne bianche, dopo aver per lungo tempo solo transitato sulla nostra penisola nel loro tragitto migratorio, stanno tornando a nidificare in alcune regioni italiane. In particolare, in Campania si sono avuti eventi che lasciano ben sperare circa la futura permanenza temporanea di questi splendidi esemplari nella nostra regione. Tra questi eventi ricordiamo la sosta sulla cattedrale di Policastro, il 19 agosto 2004, di uno stormo di circa 60 cicogne, ripartite il giorno successivo verso la Calabria. L’evento più spettacolare, tuttavia, è avvenuto il 14 aprile scorso, quando 120 cicogne bianche sostarono nella baia di Trentova. Erano, evidentemente, in fase di migrazione verso il Nord e si sono fermate a riposare per riprendere subito il volo; cosa che è avvenuta poco tempo dopo il loro arrivo nella baia.
Il nido della cicogna bianca nel Vallo di Diano

Nel 1996, in area contigua al Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, una coppia di cicogne bianche ha nidificato su un traliccio dell’Enel nella piana del Vallo di Diano, nel territorio del Comune di Sala Consilina. E da allora ciò accade ogni anno. Forse, nel lungo volo verso settentrione, in quell’anno è apparsa loro questa valle dove si stagliava improvvisa una bella piana, attraversata dal fiume Tanagro e da tanti altri canali, ancora abbastanza libera dal cemento e pertanto ricca di cibo come piccoli mammiferi, rettili, anfibi, insetti.


Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (denominazione originaria dell’Ente all’epoca), salutando  l’evento di Sala Consilina con entusiasmo più che comprensibile, mise a punto un progetto “per la conservazione e la difesa della natura”, dato che le cicogne avevano trovato nel Vallo “un importante rifugio”. Il progetto era di grande respiro e urgente da realizzare, perché proteggere la cicogna bianca che ritornava in Italia, e il suo habitat, non rappresentava solo una grande iniziativa in difesa della biodiversità, ma anche un fatto etico e di rispetto della natura e del suo diritto a esistere nelle sue molteplici forme di vita.

Paolo Abbate
Alcune associazioni ecologiste, pertanto, presentarono la richiesta di istituire una ZPS (Zona di protezione speciale) per l’area di nidificazione. Ma i comuni interessati non si attivarono per rispondere positivamente alla proposta, malgrado il parere favorevole dell’Assesorato all’Ambiente della Regione Campania. Infatti, altri progetti erano in corso per due aree di “particolare pregio ambientale”, così come individuate dalla Comunità Montana nella Carta di destinazione d’uso del territorio (CDUT, D.C.M. n. 3 del 13-02-2003), che potevano fungere da habitat ideale per la cicogna. La prima area umida, denominata appunto “areale della cicogna bianca” (vedi pag. 252 della suddetta CDUT), veniva interessata da una zona PIP costruita dal Comune di Teggiano. La seconda area umida, denominata “boschetto paleo-palustre” (vedi ancora pag. 252 della suddetta CDUT), veniva interessata da una seconda area industriale. Su parte di quest’ultima area esiste, a tuttoggi, un sequestro da parte della magistratura in seguito ad una nostra circostanziata denuncia. 

Il Vallo di Diano è un’importante area di transito migratorio, essendo una florida vallata attraversata, longitudinalemnte, dal fiume Tanagro. Ribadiamo, poi che, il 19 agosto del 2004, uno stormo di circa 60 cicogne si è fermato sulla cattedrale romanica di Policastro ripartendo la mattina seguente alla volta della Calabria. Ma il fatto ancor più interessante ce lo riferisce un volontario dell’associazione Ataps-Tutela Ambiente, Salvatore della Luna Maggio, che si occupa di monitorare il nido di Sala. Proprio quest’anno un gruppo di 50 cicogne si è riunito in località Termini in Sala Consilina, vicino al luogo di nidificazione, prima della migrazione in Africa.

La centrale fotovoltaica (località Codaglioni di Teggiano)
poco distante dal nido della cicogna. I pannelli in questa
fila sono completamente assenti, ma questo è un dettaglio.
Invitiamo l'attento lettore a riflettere su come vengono spesi
i soldi pubblici, anche per occupare (inutilmente) i nostri
terreni coltivabili.
In Calabria, in provincia di Rende e nella valle del Crati, dal 2003 ad oggi sono nate 150 cicogne bianche, e solo quest’anno ne sono nate trentatrè. Tutto ciò è anche dovuto al grande successo del progetto “Cicogna bianca” che la Lipu-BirdLife Italia ha lanciato nel 2003 nella regione installando piattaforme artificiali sui tralicci dell’Enel. Grazie all’impegno della LIPU di Rende, sono 40 le piattaforme installate sui tralicci dell’Enel, di cui 35 in provincia di Cosenza e 5 in provincia di Crotone. Tutti i tralicci sono stati inoltre isolati per prevenire il rischio di folgorazione (elettrocuzione). Il progetto non ha ricevuto alcun finanziamento economico e si regge unicamente sul lavoro gratuito e la passione dei volontari LIPU e sulla disponibilità dell’Enel che, sin dall'inizio, ha creduto nella forza di questa iniziativa fornendo mezzi e uomini per l’installazioni delle piattaforme.

È attualmente in progetto individuare e preservare una zona umida nel Vallo di Diano, a cura del Consorzio di Bonifica del Vallo di Diano, per destinarlo ad habitat della cicogna. Pur tuttavia, la mera individuazione e tutela di zone umide non basta a garantire la permanenza della cicogna bianca sul nostro territorio. D’altro canto, in modo del tutto paradossale, alcune di queste aree, naturalmente presenti nel Vallo di Diano, così come già visto, sono oggi destinate ad uso industriale. Sarebbero necessarie, pertanto, non solo azioni volte alla preservazione dell’habitat e al monitoraggio del numero di esemplari, ma anche misure di accoglienza per gli esemplari più giovani, così come fatto in Calabria, in modo che il numero di permanenze temporanee possa aumentare di anno in anno.    

Premesso tutto ciò, chiediamo alle Istituzioni tutte di attivarsi, ognuna per le Sue competenze, a promuovere un progetto per la nidificazione della cicogna bianca nel Vallo di Diano, rivolgendosi possibilmente alle associazioni ecologiste che intendono collaborarvi attivamente.

In attesa di cortese riscontro, si porgono cordiali saluti.

Paolo Abbate, responsabile Settore Ambiente
Roberto De Luca, responsabile della Sede

sabato 29 ottobre 2011

DATI DI FATTO

Ho letto di recente un significativo articolo di Salvatore Medici, noto operatore dell’informazione locale per anni, oggi giornalista all’estero (Svizzera), dal titolo "Chernobyil, l´inquinamento nel Vallo e i cittadini. Qualcosa non funziona" (Salvatore Medici).
Di Salvatore ricordo le coraggiose inchieste sulla gestione dei rifiuti del Bacino SA/3 e sul monitoraggio delle tariffe dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani imposte agli utenti del Vallo di Diano. Ricordo l’impegno nel portare avanti notizie relative ai beni ambientali del nostro territorio, tra i quali il boschetto paleo-palustre di Sassano e l’areale della cicogna di Teggiano, due siti di elevato pregio ambientale (Carta di Destinazione d’Uso del Territorio, D. C. M. n. 3 del 13-02-2003, pag. 252). Entrambi i siti sono stati destinati a zona PIP dalle rispettive amministrazioni comunali, come sappiamo. Ricordo il suo diretto interessamento alla questione della moria di pesci nel fiume Cavarelli e in altri corsi d’acqua del territorio. Ricordo la sua presenza, discreta ma costante, agli appuntamenti culturali di rilevante interesse sociale. Non che non avessi avuto da ridire, anche con Salvatore, del modo troppo morbido con il quale la stampa locale affrontava il problema dell’inquinamento e dell’etica pubblica nella politica e nelle istituzioni del posto, ma nulla si poteva contestare alla sua sapienza professionale. A tal proposito, ricordo un collegamento in diretta con la trasmissione di Oliviero Beha, Radioacolori, da Salerno, tutta condotta da Beha in corrispondenza telefonica con Salvatore che forniva le notizie sul campo. Ero con lui, come rappresentante dell’Osservatorio della Legalità e dei Diritti all’epoca, associazione che aveva sollecitato l’intervanto della RAI su di una questione di pubblico interesse, e posso testimoniare la perizia di questo giornalista. Ricordo la sua presenza in occasione della visita dell’On. Di Pietro nel Vallo di Diano nel 2002. Salvatore porse delle domande a Di Pietro nella pubblica piazza Umberto I. Molti, oggi, hanno dimenticato
Salvatore ha avuto modo di svolgere anche dei servizi sull’inchiesta Chernobyl nel 2007 e oggi testimonia così questo suo impegno nel suo già citato articolo:
“… grazie al Codacons mi occupai della vicenda nella trasmissione Altromondo, in onda su Italia Due nell´ottobre del 2007. In quella sede mostrai la documentazione con dispositivo di sequestro, nome e cognome dei proprietari e indicazione geografica dei terreni nonché i metri quadri degli stessi. Spiegai che la Procura di Santa Maria Capua Vetere aveva inviato ai Comuniobbligo di intervento, a fini di bonifica e messa in sicurezza dei siti sequestrati.
Telefonai agli uffici comunali di competenza per capirecosa stessero facendo. I Comuni si erano informati delle competenze e come accade spesso, tentavano di rimpallare le responsabilità ad altri organi, penso anche per risparmiare danaro comunale.
Eloquente immagine del boschetto paleo-palustre
oggi
Così al Comune di Teggiano mi spiegarono di avere prima chiesto e poi accertato che i terreni contestati non erano nel proprio territorio. Quelli del Comune di San Pietro al Tanagro mi spiegarono di aver accertato che il terreno coinvolto non era stato analizzato e perciò avevano chiesto le analisi alla Regione Campania. La Regione aveva interessato l´organo scientifico , cioè l´Arpac che per fare le analisi dei terreni all´epoca stava ancora aspettando, non si sa cosa. Stesso iter per Sant´Arsenio e San Rufo. Il primo aveva inoltre chiesto l´esatto confine dei terreni ,anche perché gli inquisiti non risultavano proprietari dei terreni, ma solo coltivatori.
La preoccupazione dei Comuni insomma non fu quella di verificare la sicurezza dei siti, ma capire se questi si trovassero nel proprio territorio. Come se l´inquinamento si fermasse ai confini comunali.
La chicca però è questa. Il grano del terreno di San Pietro al Tanagro intanto era cresciuto nei terreni sequestrati. Sul foglio di sequestro il terreno misurava 12milametri quadri, ma il nucleo operativo ecologico ne sequestrò 4mila. Così il grano cresciuto nei 4mila metri quadri rimase incolto, l´altro, quello dei restanti metri quadri, a pochi centimetri dalla sezione sequestrata, fu tagliato e probabilmente venduto.

Taglio selvaggio di alberi del boschetto paleo-palustre
Dalla descrizione che Salvatore fa della vicenda vien fuori un certo presappochismo nell’affrontare il problema e quel senso di fastidio mostrato da alcuni, come forse si è potuto notare ancora oggi che la questione è tornata alla ribalta per la determinazione esatta delle coordinate di quei terreni segnalati, già nel 2007, dalla Procura di Santa Maria di Capua Vetere ai Comuni interessati: San Pietro al Tanagro, Sant’Arsenio, San Rufo e Teggiano.
Qualcuno già si affretta a dire che la notizia è vecchia e non riveste ormai nessun interesse giornalistico. Qualcuno dice che stiamo solo facendo una campagna allarmistica. Eppure ci siamo limitati a far vedere che cosa era scritto nei pubblici atti della Procura di Santa Maria Capua Vetere relativamente al processo che verrà celebrato a breve, in seguito al rinvio a giudizio di tutti gli indagati coinvolti nell’inchiesta Chernobyl condotta dal Pm Donato Ceglie. La coraggiosa denuncia di Salvatore risuona oggi come un monito grave per tutti noi. Ed è così che ho sentito il dovere di trasmettere il suo articolo alle autorità preposte al controllo del territorio, perché qualcuno sapesse che esistono ancora dei giornalisti capaci di testimoniare la realtà dei fatti. E tra me e me mi son chiesto se fosse solo per questo motivo che ho fatto ciò, oppure per dare un'ennesima prova del mio essere ancora legato alla figura di quel burattino del paese di Acchiappacitrulli, oppure solo per amore di questa vallata e dei suoi abitanti (me compreso). 

domenica 23 ottobre 2011

FARI LUMINOSI

Al prof. Emilio Giordano e a tutti quei fari di luce, che illuminano il nostro cammino in questo buio periodo della nostra vita collettiva, dedico questo scritto di tre anni fa. Farò a meno di immagini in questo "post", da leggere - per chi vuole - in profondo raccoglimento.


L’ORA DEL SILENZIO
11 ottobre 2008
Scritto dedicato ai fari di luce che illuminano il nostro cammino in questa buia vallata

Viene anche un momento in cui è giusto tacere o parlare molto sottovoce, per non turbare le coscienze già scosse da tante annunciate difficoltà future. Il riferimento alla crisi economica in atto è scontato, naturalmente. Tuttavia, questa grave crisi mondiale approda nella nostra regione dopo che un disastro ambientale di proporzioni non banali (e non ci riferiamo solo alla questione immondizia) ha già devastato le nostre campagne e dopo che gravissimi episodi di intolleranza e di delinquenza sociale, espressa a tutti i livelli, compreso quello politico-istituzionale, si sono manifestati in tutta la loro violenza. Questi eventi precedenti hanno purtroppo evidenziato un deficit socio-culturale, con influenze negative sulla qualità della vita del nostro Sud; alcuni opinionisti hanno perciò ripreso il famoso incitamento alla fuga da queste terre, già lanciato ai giovani da Eduardo De Filippo. Ed è da prevedere che gli effetti di questa congiuntura economica negativa saranno avvertiti, con una maggiore sofferenza, dai tessuti molli di una società ormai allo stremo, resi ancora più cedevoli da un’illegalità diffusa e ormai assurta a sistema.

Noi non possiamo rimproverarci nulla, tuttavia. Abbiamo fatto il nostro dovere quando c’era da urlare nei confronti dei palesi abusi contro il territorio (anche quando la vallata veniva avvolta da un silenzio profondo), quando si dovevano difendere i diritti delle classi sociali più svantaggiate e quando si doveva non tacere per dovere morale. Siamo stati in prima linea a denunciare i crimini ambientali e ad opporci agli scempi paesaggistici perpetrati, a volte, proprio dagli enti locali nella loro sconsiderata rincorsa al finanziamento pubblico che ammazza il territorio. Siamo stati al fianco dei cittadini quando c’era da protestare contro piccoli o grandi abusi di potere. A volte abbiamo ottenuto ottimi risultati, a volte abbiamo dovuto continuare a lottare. A volte abbiamo dovuto purtroppo assistere ad episodi di giustizia negata, come in quell’episodio di Sassano, dove nelle case di centinaia di famiglie è stata distribuita per un decennio acqua sporca e maleodorante, venduta a prezzo pieno, al posto dell’acqua potabile; le famiglie hanno adito la magistratura, ma ad un processo civile iniziato nel 2003, conclusosi poi nel giugno del 2007, ancora non è stato dato un verdetto. Nel mentre chi ha voluto pervicacemente esigere le somme (ingiuste, dal nostro punto di vista) lo ha fatto anche con decreti ingiuntivi. Ormai la sentenza, qualunque essa sarà, arriverà troppo tardi, perché chi distribuiva il fango è stato già pagato profumatamente. Qui riconosciamo una nostra sconfitta; e ci domandiamo se non sia questa una vittoria da ascrivere ai meriti del “sistema”. A volte ci siamo confrontati con l’inerzia della pubblica amministrazione per fare chiarezza su questioni di interesse pubblico. A volte abbiamo dovuto denunciare pubblicamente carenze nei servizi al cittadino. E quando abbiamo fatto qualcosa di utile per qualcuno, ce ne siamo rallegrati, senza però mai esultare. Non abbiamo fatto, forse, tutto quello che c’era da fare, è vero (in questo “mare magnum” di piccole e grandi illegalità sarebbe impossibile!), ma la nostra umile partita l’abbiamo giocata. E vorrei qui anche ricordare la pubblica denuncia della strage delle rondini uccise dai veleni selvaggi. Per quelle rondini ancora aspettiamo che la magistratura faccia quanto ad essa compete.

Le cose da fare, tuttavia, sono ancora tante. La prima, è far comprendere che la cultura della legalità alla lunga premia il cittadino e la collettività; che fare i furbi non è un modo civile di vivere; che abusare dei propri poteri è un atto delinquenziale gravissimo, soprattutto in contesti dove il cittadino ha bisogno di essere guidato nel difficile cammino dello sviluppo della persona in tutte le sue funzioni ed espressioni sociali; che pensare solo agli affari propri e dei propri amici è una mentalità mafiosa da sradicare; che non denunciare le malefatte di chicchessia è un atto socialmente grave, soprattutto quando questo “chicchessia” occupa posti di rilievo sociale; che arricchirsi alle spalle della collettività, gestendo servizi pubblici, è un peccato sociale che grida vendetta. E forse l’elenco non è ancora completo.

Per il momento, però, taceremo, perché è giusto che sia così. In silenzio, tuttavia, continueremo a seguire il sentiero tracciato da quei pochi fari di luce che ancora irrompono splendidi nella nostra buia vallata e continueremo ad aiutare le persone che subiscono ingiustizie. Sì, perché ancora c’è qualcuno che continua a pensare che  il profitto sia l’unico serio impegno di un uomo, a credere che il possesso di danaro e di beni sia l’unica e sola vera aspirazione di tutti, a ritenere che il servizio alla collettività sia un potere che gli viene conferito una volta e per sempre, di cui può disporre a suo piacimento da una posizione privilegiata di comando.

Continueremo a portare avanti le nostre idee, perché la cultura della legalità, la libertà di pensiero e di parola, la democrazia partecipata, la solidarietà per le fasce sociali più svantaggiate, lo sviluppo eco-sostenibile e la crescita sociale e culturale possano ancora essere parole pronunciabili in questa terra dimenticata, illuminata a volte da squarci di splendida luce, ma ancora terribilmente succuba del pervasivo e opprimente “sistema”.

sabato 22 ottobre 2011

LAVORATORI





Art. 1

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

….

Art. 4


La Repubblica riconosce a tutti i cittaidni il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

…. 

Art. 23


Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.


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Di recente, ho letto una lucida sintesi della vertenza dei lavoratori della Ergon S.p.A. a firma di Maddalena Robustelli, esponente regionale del PD in Campania. Ve la ripropongo, per poterla successivamente commentare, anche alla luce degli articoli della Costituzione Italiana riportati sopra. Il pezzo è intotolato “I diritti ed i bisogni dei lavoratori non hanno colore politico”.

Museo della memoria, Bologna
 La vicenda delle rivendicazioni salariali degli operai dell’Ergon Spa si incrocia in maniera netta e precisa con la “battaglia politica” posta in essere per annullare gli attuali vertici della suddetta società e per consegnare successivamente il Consorzio Sa 3 nelle mani del commissario G. Siano, in ottemperanza del disposto della legge 26/2010. Difatti tale impianto normativo, statuendo la provincializzazione del ciclo dei rifiuti, ha determinato in primo luogo lo scioglimento dei vari consorzi presenti nell’ambito territoriale salernitano ed il conseguente loro affidamento a commissari nominati dal Presidente della Provincia, on. E. Cirielli, affinchè in secondo luogo concertassero la loro azione politico-amministrativa con la società provinciale creata ad hoc, Ecoambiente, presieduta da R. Celano, consigliere d’opposizione nell’assise comunale salernitana. Ma, mentre il cammino dei tre commissari sub provinciali dei Consorzi di bacino Sa1, Sa2, Sa4 è stato relativamente facile, il designato a capo del Sa3 si è trovato di fronte a veri e propri scogli di natura giuridica ed amministrativa nascenti dalle caratteristiche del suindicato consorzio, che non si occupa solo di rifiuti ma, anche, di promozione turistica, sport, formazione professionale, turismo ed altro. Se a ciò si aggiunge la circostanza che il ramo rifiuti dell’ente è stato ceduto all’Ergon Spa, sua consociata, con il relativo trasferimento delle maestranze, la matassa è apparsa di difficile dipanamento. Si è conseguentemente intrapresa da parte delle contrapposte istituzioni territoriali, la Provincia da un lato ed il Consorzio Sa3 dall’altro, una vera e propria battaglia giudiziaria a suon di ricorsi e controricorsi, che oggi vedrà V. Esposito, presidente dell’ente consortile, consegnare nelle mani del custode giudiziario G. Siano le funzioni del ramo rifiuti. Tutto apparirebbe, quindi, risolto se non fosse che è stata sollevata questione di illegittimità costituzionale della legge 26/2010 sulla provincializzazione del ciclo dei rifiuti e ,quel che è più rilevante, che l’ass. reg. G. Romano ha dilazionato di un altro anno (gennaio 2013) l’entrata in vigore della suddetta legge, perché le province di Napoli, Salerno e Caserta non hanno presentato il relativo piano. Il panorama normativo è, quindi, di difficile attuazione e le nebbie della politica calano pesantemente sulle sorti dei lavoratori.

Non entro nel merito delle considerazioni che Maddalena Robustelli fa sulla questione, tutte contenute nel seguito del suo scritto pubblicato su Quasimezzogiorno (articolo), perché rischierei di effettuare un’operazione critica che non attiene al tema. Mi limito solo a dire che riconosco la legittimità delle posizioni politiche del PD locale (che tuttavia non comprendo e non condivido affatto) sulla vicenda.

Illustrazioni de "Le avventure di Pinocchio, storia di un burattino",
Carlo Collodi, Bemporad & figlio, Firenze 1902 (disegni di
Carlo Chiostri)
 Questa compagine politica controlla quasi tutta la vita amministrativa del Vallo di Diano e localmente ha saputo imporsi, anche se a macchia di leopardo, con lucida presenza anche in varie attività economiche – un presidente di una S.p.A. si definisce addirittura “indicato” dal partito - e finanziarie che nulla o poco dovrebbero avere a che fare con la politica. Il sospetto, poi, è che questa presenza si estenda impropriamente anche in altri settori, alcuni proprio di garanzia del corretto vivere civile. Da qui a condizionare il corso della vita sociale e individuale e dell’economia (la cui attuale floridità tutti hanno sotto gli occhi) di un intero comprensorio, il passo è breve. La pericolosa miscela tra potere politico-amministrativo e potere economico-finanziario lascia poco spazio ad un dibattito politico sereno sui temi del lavoro (oggi così importanti anche per la vertenza degli idraulici-forestali e del licenziamento – notizia appresa solo ieri – di tutti i dipendenti di una vivace realtà metalmeccanica di Sala Consilina). Così come lascia poco spazio al dibattito sul ruolo dell’ambiente e dell’agricoltura nel nostro territorio invaso da capannoni orribili. Questa miscela è pericolosissima e andrebbe combattuta con armi politiche se, appunto, fossimo un Paese normale. Eppure, mentre la pseudo-politica impropriamente occupa spazi imprenditoriali che essa stessa ha creato, mentre le aree di pregio ambientale vengono invase da capannoni senza che alcuno fiati, mentre gli affari dei para-massoni locali infiltrati in ogni dove (pur di lucrare su qualche rivolo di finanziamento pubblico) ancora prosperano, i lavoratori soffrono quelle pene che, attraverso la nostra Costituzione, avremmo voluto scongiurare per sempre. E proprio perché questo dramma umano viene vissuto da molte famiglie del Vallo di Diano, sentiamo vivo il dovere civico di dire tutte queste cose, prima che questa scossa tellurica non tramuti tutto in rovina. E prima che sia troppo tardi, qualcuno dovrebbe recidere questi legami. Tuttavia, posso assicurare a Maddalena Robustelli che ciò non avverrà proprio perché non viviamo in un Paese normale, ma in uno molto simile a quello di Acchiappacitrulli. Le metafore costruite da Collodi sul burattino Pinocchio sono sempre attuali, infatti. Pinocchio venne turlupinato dal Gatto e la Volpe, mandato sotto processo per aver denunciato il misfatto dei due delinquenti e lasciato a marcire in galera. Ecco la parabola giusta per una persona che “scrive troppo”. Potrei scrivere ancora di più, ma sono cosciente del fatto che bisogna utilizzare questa strada con parsimonia, per tante intuibili ragioni.

venerdì 21 ottobre 2011

LA NOSTRA CHERNOBYL


La tristemente famosa centrale nucleare di Chernobyl oggi
(foto tratta da Wikipedia)
Pagavano gli agricoltori, scavavano enormi buche nei loro terreni e vi seppellivano rifiuti altamente tossici. Nel processo di primo grado erano stati condannati solo per associazione per delinquere finalizzata alla truffa: la corte d’Appello di Napoli, invece, ha ritenuto otto tra titolari di azienda e autotrasportatori colpevoli anche di disastro ambientale doloso, accogliendo la tesi del pm Federico Bisceglia”. Questo e poco più la Redazione di una testata giornalistica locale riportava, in data 2 aprile 2010, circa l’inchiesta “Terra mia” che sei anni fa consentì di scoprire grandi quantità di rifiuti, anche radioattivi, sversati in provincia di Napoli e Caserta.

Una non notizia, ho pensato, visto che essa veniva relegata ad un insignificante trafiletto di una pagina interna. Rileggendo, però, ho ripensato all’inchiesta Chernobyl, che nel 2007 ha portato all'arresto di oltre trenta individui, implicati a vario titolo nel traffico di rifiuti tossici. In questa inchiesta sono state coinvolte anche due persone del Vallo di Diano e, per ordine del pm Donato Ceglie della Procura di Santa Maria Capua Vetere, sono stati sequestrati terreni nei comuni di Sant’Arsenio, San Rufo, Teggiano e San Pietro al Tanagro.

E dire che già nel 1997, una voce fuori dal coro degli esimi esponenti della cultura e delle istituzioni locali, tutte osannanti il buon vivere del territorio, faceva rilevare come il pericolo dell’inquinamento ambientale fosse stato sollevato nel noto saggio “Ecomafia, i predoni dell’ambiente”, di Antonio Cianciullo ed Enrico Fontana, pubblicato da Editori Riuniti nel 1994, in questi termini: “E’ il periodo (1970-1990, n.d.r.) in cui le risorse naturali della Campania sono state letteralmente saccheggiate ed immolate sull’altare dei profitti mafiosi: dal litorale del Cilento alle pendici del Vesuvio. Vent’anni di ambiente abbandonato all’illegalità sistematica, trasformato in merce di scambio tra criminalità organizzata e potere politico: ai clan veniva assicurata la gestione di attività devastanti (dalle cave ai rifiuti tossici), ai politici corrotti veniva garantita una sorte di potere perpetuo”. Proprio in quel periodo si scoprivano alcune discariche di rifiuti tossici nel Vallo di Diano.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere (foto tratta dal sito
http://www.videocomunicazioni.com)
Nulla è cambiato, a distanza di oltre dieci anni da questi eventi. Nessuna inchiesta seria è mai stata portata avanti da giornalisti o forze investigative (non fosse altro per disturbare un poco, di tanto in tanto, qualche delinquente per bene) e, così, a distanza di tempo, ci ritroviamo di nuovo a piangere sul tragico destino al quale il nostro territorio è stato abbandonato, nell’indifferenza di tutti: l’ambiente come bene a disposizione della malavita, anche di quella spicciola. E guai a fiatare o a ricordare l’inchiesta Chernobyl. Infatti, qualche
rappresentante politico locale, interrogato in privato sul perché non si esprimeva in merito, diceva: “Vedrete che poi tutto finisce in una bolla di sapone e la gente dimenticherà. Presto dimenticherà”. Un altro, dopo la richiesta di bonifica dei terreni da parte della Procura di Santa Maria Capua Vetere ai comuni interessati dagli sversamenti, dichiarava pubblicamente l’impossibilità di far fronte alla messa in cantiere della bonifica stessa. Eppure, le sagre di antichi sapori o di prodotti tipici locali, di maiali e salsicce, pannocchie e cavatelli, erano puntualmente finanziate per commemorare, tra suoni e banchetti, la salubrità dei nostri luoghi e la bontà del cibo, magari ricavato dai terreni a ridosso di quelli sequestrati (o proprio nel loro perimetro se qualcuno aveva, nel frattempo, rimosso i sigilli).

Ci chiediamo allora chi avrebbe dovuto controllare quei terreni. Forse qualche paesano o parente di uno degli indagati? Forse qualche sodale delle cordate politico-affaristiche dietro il business dei rifiuti? Lasciate che muoiano bambini, ragazzi, giovani; l’importante è salvare il buon nome dei paesi della vallata. Lasciate che vi dicano, ormai anche nelle interviste televisive, che qui c'è rischio per la nostra salute; l’importante è non disturbare la sensibilità del satrapello di turno. Lasciate che qualche folle vi dica che il nostro territorio è fortemente esposto; l’importante è partecipare alle logge para-massoniche locali per assicurarsi una comoda sedia in un ente locale per fare il bello e cattivo tempo senza rischi di sorta e con "una sorte di potere perpetuo".
La soppressata, pietanza tipica locale
E mentre le ruspe cingolate si facevano strada anche nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, chi denunciava diventava un malfattore e chi sventrava le montagne a 1100 metri sul livello del mare un benefattore dell’umanità. E così, come preannunciato dal politico di grido (uno a caso dei tanti che da oltre trent’anni calcano la scena delle compiacenti TV locali), nessuno aveva più parlato più dell’inchiesta Chernobyl e alcune testate giornalistiche già stanno preparando le loro spedizioni per la Valle delle Orchidee, definita “sagra della pasta e fasuli” dall’attuale amministrazione, tacendo spudoratamente su tutto il resto. Ma, come un fulmine a ciel sereno, è arrivato un blog di Cono D’Elia a parlarci della storia di Chernobyl. Un giovane che, nel suo pacato eloquio e con la sua già saggia penna, ha saputo ritrarre uno scenario che vorrei qui sottoporre all’attenzione dell’accorto lettore (D'Elia).

Badate bene, però. Il delinquente, in tutta questa storia (che sembra tratta dal famoso libro di Collodi) è solo chi sottoscrive queste righe e nessun altro. A lui e all’associazione che rappresenta potrete imputare tutte le denunce, anonime e non. A lui potrete imputare il sottosviluppo del territorio, mentre i soliti noti fanno affari, inquinano e si gonfiano fino a scoppiare. A lui gli amministratori finiti sotto processo per abusi, o interdetti dai pubblici uffici, potranno gridare: “Povero uomo, queste cose non si fanno”. Essi sono ignari, però, del fatto che non è il sottoscritto a compiere i reati. Su di una cosa hanno tuttavia ragione: la mia dignitosa e consapevole povertà. E con la stessa povertà di mezzi (armato - fino ai denti - solo di un libro) ho rilasciato questa intervista a UNO TV sull’inchiesta Chernobyl. Per leggere un passo da uno di questi libri, nel 2005, sono stato radiato dagli studi televisi nei secoli dei secoli. Forse la storia non si ripeterà: oggi ho motivo di essere fiducioso.

domenica 16 ottobre 2011

Ancora "bava alla sponda"


Formazione della schiuma nel fiume Cavarelli (16-10-11).
Il fenomeno potrebbe rimanere inosservato se la chiusa
non creasse turbolenze nel corso d'acqua. In questo modo,
i prodotti chimici che generano schiuma non darebbero
alcun segno della loro presenza: un pericolo occulto che 
potrebbe mettere a rischio la salute dei bambini che
frequentano il parco giochi, attraversato dal Cavarelli.  


SILLA DI SASSANO 16-10-2011 - Chi inquina è forse ben consapevole che, mentre gli altri dormono di notte o riposano nei giorni festivi, la si sfanga meglio a sversare veleno nei fiumi? Così nel Cavarelli, di domenica si può ancora tranquillamente vedere la schiuma nell’acqua che scorre nei pressi del plesso della Scuola Primaria e dell’Infanzia di Silla e che attraversa il parco dove i bambini si ritrovano a giocare. Un doppio crimine: non solo si attenta all’ambiente, ma si mette a rischio la salute degli alunni del vicino plesso e di tutti coloro i quali frequentano il parco giochi.

Il fiume Cavarelli (16-10-11): bava alla sponda.
Me lo avevano detto: quel fiume non vivrà più, perché in esso scorre “veleno assoluto”. Io dicevo che vedevo le acque più pulite da un po’ di tempo. Mi si rispondeva che non frequentavo quei luoghi nelle ore giuste. Che tipo di sostanza scorre nelle acque di quel fiume non è dato sapere. Nessun segnale alle nostre proposte di munire il corso d’acqua, una volta bonificato, di indicatori biologici. I pesci non nuotano più nel fiume da tempo e nessuno se ne dà per inteso. Proprio due giorni fa ho pubblicato un post che non avrei mai voluto pubblicare (venerdì), citando un evento del 1997 che, forse, ha prodotto gli effetti di cui il Sig. Valentino ci parlava. Non vorrei che, fra altri quattordici anni, altre persone raccontino storie tristi come quelle del Sig. Valentino di Sala Consilina.
Stamattina, vedendo un giovane davanti allo sportello Ambiente e Salute (eh già!) che affaccia sul fiume Cavarelli, ho sperato che ci fosse qualcuno che potesse rendersi conto di quanto stava accadendo. Invece, dallo stesso giovane ho appreso che in quella struttura si teneva il tesseramento di un importante partito. Tra me e me ho pensato che la cosa fosse abbastanza strana: questo partito non ha sede in quella struttura! Ma si sa come funzionano le cose nella vallata; e mentre il Cavarelli muore, la “politica” può continuare a prosperare.
Il fiume Cavarelli (16-10-11): in giallo il plesso della Scuola
Primaria e dell'Infanzia di Silla (in alto a sx, edificio giallo).

A questo punto bisogna chiedere alle autorità sanitarie di chiudere, in via precauzionale, il plesso della Scuola Primaria e dell’Infanzia almeno fino a quando non si stabilirà di quale natura sia quella schiuma. Sarebbe strano, infatti, continuare a mantenere aperta una scuola in un posto a rischio sanitario. Eppure, ci domandiamo come mai, dopo anni che è stato denunciato il fatto, ancora non si sia riuscito a venire a capo delle cause. Ma si sa, nel paese in cui gli anticorpi che dovrebbero attaccare i virus fanno fronte comune con gli agenti patogeni c’è poco da sperare. Mi sembra di vivere in quei posti dove chi appartiene al clan giusto fa quello che gli pare e piace e riesce comunque a farla franca, anche in extremis, venendo magari eletto a pieni voti nelle tornate elettorali. Chi denuncia i misfatti, invece, viene perseguito: un perfetto esempio del paese di Acchiappacitrulli. Mi candido anch'io, allora, ma per essere considerato il Pinocchio di turno.
Schiuma nel Cavarelli (16-10-11): un dettaglio.
Avevo messo in versi quello che era successo un po’ di tempo fa (poesia). Pensavo che, nel mettere le emozioni e le vicende in forma poetica, qualcuno avesse avuto pietà del Cavarelli. E invece, oggi, domenica 16 ottobre 2011, ancora bava alla sponda.