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giovedì 1 agosto 2019

Duemila tonnellate di rifiuti a Polla: usare la testa per evitare la protesta


La notizia del trasferimento a Polla di 2000 tonnellate di frazione umida di rifiuti non è una buona notizia. Tuttavia, sarebbe il caso di sapere con quali motivazioni la Provincia di Salerno ha deciso il trasferimento di queste sostanze proprio a Polla, presso l’impianto gestito dal Consorzio Centro Sportivo Meridionale - Bacino SA3 (un nome, ossia due, un programma). Non sarà per caso perché, proprio a Polla, esiste un impianto di compostaggio “perfetto”?

Infatti, la storia di questo impianto parte da lontano. Era il 2008, quando su La Città si leggeva: L’assessore Ganapini chiede lo sblocco dell’impianto di compostaggio e i comuni di Sala e di Atena sollecitano un’altra soluzione. Per l’assessore regionale all’Ambiente Walter Ganapini l’impianto di compostaggio di Polla “è perfetto“, ma il sito non funziona e i comuni sono costretti a pagare 200 euro a tonnellata per trasportare la frazione umido-organica dei rifiuti in Sicilia. “Ho trovato gli impianti di Santa Maria Capua Vetere e Polla perfetti, ma gli impianti non funzionano. Una situazione spaventosa a cui bisogna trovare un rimedio”.

Il tutto è documentato al seguente link https://codacons.it/il-sito-di-polla-perfetto-ma-chiuso/. 

E per non incorrere nell’autocitazione, lasciamo che parlino solo i protagonisti della vicenda legata all’impianto di compostaggio di Polla. Seguendo perciò la lettura di questo formidabile pezzo sul quotidiano locale, si legge ancora: Una situazione di stallo, per molti versi imbarazzante e difficile da comprendere, che qualche mese fa ha portato i comuni di Atena e Sala Consilina a chiedere un nuovo impianto, mentre quello di Polla sembra sará inutilizzato, nonostante sia perfetto. È uno dei tanti misteri nella gestione dei rifiuti in Campania che, forse, meriterebbe anche l’attenzione della magistratura.

Ecco, l’ultima frase non era affatto pleonastica. Infatti, nel 2015 il Corpo Forestale dello Stato intervenne con un sequestro dell’area dell’impianto. Oggi, forse anche grazie alla scomparsa del Corpo, la Provincia può liberamente ordinare l’utilizzo della stessa area. E la protesta così può essere incarnata proprio da chi avrebbe dovuto e potuto porre rimedio a queste e altre situazioni relativamente alla gestione dei rifiuti. Figuriamoci! Ma così va il mondo, cosicché diventa inutile elencare luoghi, fatti e personaggi, tanto più che siamo idealmente proiettati, almeno la maggioranza di noi lo è, verso il Nord, ma miseramente ancorati alle criticità di questi luoghi.

Un vecchio sito di trasferenza nel Vallo di Diano.
E veniamo alle 2000 tonnellate e cerchiamo di quantificare il numero di viaggi, effettuati da un TIR, necessari a trasportare questi rifiuti. Si stima che ogni TIR possa trasportare circa 18 tonnellate. In questo modo, saranno necessari circa 111 viaggi di un TIR per trasportare 2000 tonnelate di rifiuti; ossia, 19 viaggi di un TIR in un mese, qualora il trasferimento dovesse avvenire in sei mesi.

Ma la domanda non è la quantità, che abbiamo visto potrebbe risultare eccessiva anche se fosse trasferita in un impianto funzionante, poiché bisognerebbe tener conto dell’umido prodotto localmente, ma la qualità. Ossia, quali sostanze potrebbero essere presenti nel rifiuto-regalo FUTA (Frazione Umida Trattata Aerobicamente)? A questa aggiungiamo un’ultima domanda: dopo lo stoccaggio a Polla quale sarà il destino del rifiuto-regalo FUTA? Cosicché, se avessimo usato la testa nel far funzionare le strutture dedite al compostaggio dei rifiuti e nel dedicare più attenzione alla pratica dello sport (ma chi fa cosa in questa landa?), forse oggi avremmo dovuto affrontare una criticità in meno, tra le tante (la sanità in primis) che si stanno delineando all’orizzonte. E forse la maggioranza dei cittadini del Vallo oggi non sognerebbe la nebbia di Milano, ma solo la solita stupenda California.

domenica 9 giugno 2019

Ossimori politici nel Vallo di Diano

Considerazioni a margine dei risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo

Ci sarebbe bisogno di un’analisi politica approfondita per poter spiegare perché un partito che ha fatto del secessionismo e dell’anti-meridionalismo la propria bandiera possa oggi risultare la compagine politica più votata nei seguenti paesi del Vallo di Diano:

Atena Lucana, Buonabitacolo, Padula, Polla, Sala Consilina, San Pietro al Tanagro, San Rufo, Sanza, Sassano, Teggiano.

 Non sappiamo e non possiamo azzardare alcuna ipotesi, ma questi risultati devono farci riflettere. Tralasciamo pure il caso di Sassano, anche se questo paese è retto da una lista unica di ispirazione di centro-sinistra che potrebbe invocare, naturalmente, la distanza da questo risultato (ma gli elettori non sono gli stessi che hanno votato per la lista unica?). Tralasciamo inoltre, non tanto perché non siano dati importanti, il caso dei paesi dove non si è votato per i rinnovi dei consigli comunali, per concentrarci solo sul caso di Sala Consilina, dove, come a San Pietro al Tanagro e San Rufo, si è votato anche per le amministrative. 

Quali sono le percentuali nel paese più popoloso del Vallo di Diano? Eccole.

SALA CONSILINA – ELEZIONI EUROPEE
67,22%           affluenza
7.929               votanti
367                  schede bianche
186                  schede nulle
0                      schede contestate

LEGA SALVINI PREMIER
Voti 2.319        31,41%

MOVIMENTO 5 STELLE
Voti 1.558        21,11%

FORZA ITALIA
Voti 1.190        16,12%

PARTITO DEMOCRATICO
Voti 1.021        13,83%

FRATELLI D'ITALIA
Voti 608           8,24%

+EUROPA - ITALIA IN COMUNE - PDE ITALIA
Voti 215           2,91%

LA SINISTRA
Voti 119           1,61%

EUROPA VERDE
Voti 106           1,44%

PARTITO COMUNISTA
Voti 79 1,07%

PARTITO ANIMALISTA
Voti 68 0,92%

POPOLO DELLA FAMIGLIA - ALTERNATIVA POPOLARE
Voti 40 0,54%

CASAPOUND ITALIA - DESTRE UNITE
Voti 19 0,26%

POPOLARI PER L'ITALIA
Voti 16 0,22%

FORZA NUOVA
Voti 13 0,18%

PARTITO PIRATA
Voti 11 0,15%

Il partito che è stato la negazione della questione meridionale, in quanto per anni ha operato per una forte decentralizzazione delle risorse provenienti dalle regioni settentrionali, erodendo progressivamente la quota di solidarietà destinata alle regioni del Mezzogiorno, adesso risulta essere la prima compagine a Sala Consilina. Per lo stesso principio che vale a Sassano, quindi, gli elettori della Lega potrebbero essersi distribuiti in tutte e tre le liste che hanno dato vita alla competizione in campo amministrativo, i cui risultati sono riportati sotto. Il Partito Democratico, al quale si ispirano sia Cavallone, sia Cartolano, risulta essere una sparuta minoranza a Sala Consilina. A questo partito, tuttavia, riesce un gran colpo: si aggiudica la maggioranza e una buona fetta della minoranza in Consiglio Comunale. Come sia potuto succedere tutto ciò, sarebbe difficile da spiegare. Intanto, notiamo anche come sia le schede bianche sia le nulle hanno conosciuto una flessione nel passaggio dalle elezioni europee a quelle comunali, così come dai dati riportati sotto.      

SALA CONSILINA - ELEZIONI COMUNALI
64,30%           affluenza
7.921               votanti
70                    schede bianche
160                  schede nulle
0                      schede contestate

CAVALLONE FRANCESCO
Voti 3.697        48,04%
LISTA                           VOTI     PERCENTUALE
SALA VIVA                    3.697   48,04%


CARTOLANO DOMENICO
Voti 3.293        42,79%
LISTA                           VOTI     PERCENTUALE
SALESI                         3.293   42,79%


CARRAZZA ALESSANDRO
Voti 705           9,16%
LISTA                           VOTI     PERCENTUALE
EVOLUZIONE SALA       705      9,16%


L’accorato appello di Giulio Pica, affinché si potesse dibattere pubblicamente, durante la campagna elettorale, sui temi inerenti le politiche europee, non ha trovato sponda in nessuna lista. Sarebbe forse stato troppo rischioso, per ciascuna compagine locale, contrariare la predisposizione al voto di oltre 2300 cittadini? Questi effetti sono stati ben monitorati nel passato, perché lo stesso consenso oggi tributato al novello Alberto da Giussano veniva precedentemente dato al cavaliere di Arcore. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi? Qualcosa di nuovo adesso c’è. Infatti, il partito del presidente-imprenditore non ha mai propugnato (in pubblico) idee anti-meridionaliste. Vero è anche che, durante il ventennio berlusconiano, non si sono registrati passi in avanti nella risoluzione della questione meridionale. In concomitanza con questo periodo, poi, il Vallo di Diano ha conosciuto una rapida involuzione socio-economica. Pertanto, tutta la fiducia concessa alla compagine dell’ex presidente del consiglio si è quasi dissolta, favorendo l’ascesa locale del partito di un più giovane ed efficace comunicatore multi-mediatico. Di contro, esistono caratteristiche locali molto simili tra il partito di Arcore e il partito di Alberto da Giussano. Nessun operatore socio-politico locale (o quasi nessuno) è stato in grado di rivendicare il consenso attribuito, per soli effetti mediatici, prima al partito di Arcore e poi al partito di Alberto da Giussano. Altra storia è il caso del Movimento Cinque Stelle, laddove si è tentata un’attribuzione locale dell’immenso patrimonio di voti immediatamente dopo le ultime elezioni politiche: i fatti sono ben (tristemente) noti a tutti. Pertanto, questo consenso “liquido”, attribuito alle due compagine che fanno riferimento al Nord, sembra avere una consistenza propria della volatilità delle idee in un’epoca in cui la memoria è una pratica difficile. Difficile per i giovani, troppo ansiosi di mettere le mani sul futuro, ma difficile anche per chi questo futuro l’ha definitivamente compromesso con scelte che non si confanno alla realtà locale. 
L’appello di Giulio Pica è quindi sempre attuale: una classe politico-amministrativa che si rispetti deve saper comprendere e interpretare il consenso politico che promana dalle urne. Ed è qui che l’ossimoro politico si realizza: un’amministrazione di centro-sinistra dovrebbe comprendere e interpretare il consenso attribuito alle compagini che guardano al Nord come modello, dimenticando che il Sud ha bisogno di risorse, investimenti e idee. Evidentemente, questi stessi processi cognitivi sono talmente distanti dalla realtà amministrativa che sarebbe forse anche inutile cercare di intessere un dialogo politico di alto profilo a livello locale. Così Alberto da Giussano e non Carlo Pisacane potrà ben diventare un punto di riferimento per il Vallo che verrà.           

venerdì 10 maggio 2019

Ritroviamo il nostro futuro

Considerazioni a margine della presentazione delle liste elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Sala Consilina: necessità di un rinnovamento dei canoni etici e sociali nella vita politico-amministrativa

Non sarà un post breve, perché non può esserlo. Pertanto, a chi avesse poco tempo da dedicare alla lettura, consiglierei semplicemente di non leggere, perché una scorsa superficiale a queste righe potrebbe risultare in un'inutile perdita di tempo. Lo stesso consiglio mi sento di dare a chi cerca concetti espressi in modo semplice e immediato: purtroppo non sempre si può. Infatti, è difficile rappresentare lo sconforto di chi scrive e di tanti altri cittadini. Il tema del post è brevemente indicato nel sottotitolo.

La premessa sarà più che breve: Sala Consilina è il principale paese del Vallo di Diano, ospita istituti scolastici e servizi di varia natura. Per questi motivi la cittadina non può essere considerata solo “proprietà politica” dei residenti. Prova ne è l’ultima vicenda legata alla chiusura della struttura dell’Istituto Tecnico Industriale Statale (ITIS), frequentato da giovani che provengono da vari paesi del circondario: la preoccupazione espressa dai genitori degli studenti sui “social network” dà l’idea di quanto questo paese appartenga a tutto il Vallo di Diano. Pertanto, lo slogan “#iovotosalese”, o altre trovate campanilistiche simili, non dovrebbero più trovare spazio nella realtà attuale. E con queste parole si dovrebbe porre fine all'inutile pantomima del richiamo al campanile, anche per evitare che alcuni, pensando in piccolo (ossia, localmente) adottino questi motti per fini elettoralistici e poi, allo stesso momento, si facciano paladini dell’idea di una città del Vallo, con la pretesa di agire territorialmente. D’altro canto, già negli anni ’80 un illuminato amministratore diceva che “bisogna affrontare e risolvere i problemi a livello comprensoriale”. Sarebbe il caso, quindi, di non perdere di vista questi preziosi insegnamenti.  

L’idea di fondo dell’assemblea popolare del 9 aprile scorso, indetta per chiamare a raccolta tutte le forze del rinnovamento per poter cambiare lo spartito, non solo i suonatori, per un nuovo canto a più voci che potesse rischiarare la visione del futuro della vallata, si rifà proprio a questa premessa. Tutti gli interventi in seno all'assemblea sono stati di spessore e hanno rafforzato l’idea che il riscatto del territorio potrà partire solo dal paese capofila. Gli interventi spontanei sono venuti da persone che hanno o hanno avuto un ruolo politico e sociale a Teggiano, a Padula, a Sala Consilina. L’assemblea è stata perciò un momento di riflessione collettiva sulle dinamiche sociali che hanno portato allo stallo socio-economico attuale. Allo stesso momento, attraverso la stessa assemblea, è stata sondata la possibilità di dar vita a un movimento trasversale, che si riconoscesse nei princìpi fondanti della Costituzione Italiana, per poter “affrontare e risolvere a livello comprensoriale” i problemi che affliggono il nostro territorio. Questo movimento non poteva non trovare espressione in un momento di confronto democratico, senza improvvisazioni di sorta, ma con l’apporto dell’esperienza e della volontà di riscatto che ciascun cittadino avrebbe potuto apportare all'azione collettiva. E però l’appello è caduto nel vuoto per le ragioni che andremo a esporre.

Innanzitutto, dobbiamo ancora specificare che l’appello era rivolto a tutti coloro i quali avrebbero voluto contribuire a una nuova stagione di idee per il territorio. Ci si svincolava così dalle appartenenze di partito e si guardava con favore a chi non propugnasse politiche anti-meridionaliste o antidemocratiche. Questo era stato detto in chiaro sia nell'invito, sia nella parte introduttiva dell’assemblea popolare. Ma perché c’era bisogno di un incontro con la popolazione per poter, eventualmente, portare avanti anche la costituzione di una lista per concorrere alle presenti amministrative? Erano arrivati segnali chiari. Una lista di un movimento politico che si fa garante di politiche a favore dell’ambiente e dell’acqua pubblica non era sorta; la conferma l’abbiamo avuta solo il 27 marzo scorso, non già in modo diretto, ma perché quella data costituiva il termine ultimo per la presentazione dell’elenco dei candidati all'agenzia garante del movimento stesso. Stava poi accadendo un fatto strano: amministratori del passato che avevano ricoperto ruoli apicali a livello comunale, stavano organizzando, alcuni in prima persona, alcuni per interposto congiunto, una lista da contrapporre a quella dell’amministrazione uscente. E fin qui tutto legittimo. Si comprende bene che “il potere logora chi non ce l’ha” (mi dispiace citare questa frase, ma non ne trovo altre più adatte). Così, “contro il logorio della vita moderna” (questa citazione è presa direttamente dal tanto amato Carosello), ci si può anche lanciare in operazioni di vago sapore “vintage”. L’aspetto comico, se non vogliamo definirlo tragico, è che alcuni vogliono far credere che in questo modo ci si possa preparare a lavorare per il futuro del Vallo. In realtà si stanno semplicemente perpetrando liturgie pseudo-politiche cui siamo soliti assistere da qualche tempo a questa parte.

Pur tuttavia, era molto chiaro a chi scrive l’interesse trasversale, non solo di una parte, di fagocitare forze potenzialmente attive di donne e uomini capaci di lavorare per il rinnovamento di idee e metodi. Alla fine, forse grazie proprio alla scaltrezza, che non fa difetto ad alcuni amministratori del passato, queste ultime forze sociali, contro ogni nostro auspicio, si stanno oggi avviando a sperimentare l’abbraccio esiziale di forze (certo di segno opposto) che tenderanno inevitabilmente a oscurare quanto di potenzialmente buono queste stesse donne e questi stessi uomini avrebbero potuto esprimere in una compagine che facesse chiaramente riferimento al futuro e non già al passato.

Al di là della legittima ironia sul fatto che, durante questi anni, nonostante l’assenza del Tribunale, il Consiglio comunale si stia tramutando in un foro (anche se alcuni potrebbero pensare a un vero e proprio buco nero, visti i servizi che stanno pian piano scomparendo nel nulla), fa riflettere un aspetto, in particolare. Infatti, di recente non pochi hanno notato come siano soprattutto alcuni rappresentanti di una specifica categoria professionale quelli più attivi dal punto di vista politico-amministrativo. Qualcuno forse pensa di aver ricevuto un'investitura speciale nell'abbracciare la propria professione e che i cittadini abbiano firmato un mandato per essere rappresentati anche in ambito politico. E però è vero che sono proprio questi professionisti i veri protagonisti dell’ultima stagione valdianese; tutti gli altri soggetti sociali si sono accontentati del semplice ruolo di “comparsa”. Il ruolo della “scomparsa”, invece, viene puntualmente ricoperto dalla classe intellettuale, se ancora ne dovesse esistere una localmente. E così, assistiamo a un lento assottigliarsi delle capacità rappresentative di una vasta fascia della popolazione locale che delega a chi, per impostazione professionale, ha una visione abbastanza unilaterale delle questioni. Pertanto, potremmo anche scherzare sul fatto che tutti i candidati a sindaco hanno come lettere iniziali “Ca”. Ironia per ironia, potremmo dire che, se mettessimo in fila queste iniziali, potremmo ottenere lo spunto per definire un nuovo tipo di ballo, cacofonia a parte. Il fatto sostanziale, tuttavia, è che queste persone sono stati capaci di aggregare, per motivi non completamente chiari allo scrivente, l’interesse di altre categorie di cittadini, indipendentemente dalla evidente egemonia politico-amministrativa di questa classe di professionisti, che la società civile dovrebbe non solo cercare di neutralizzare dal punto di vista politico, viste le ultime vicende legate al Tribunale di Sala Consilina, ma anche contrastare (sempre in ambito politico) in modo deciso, proprio per ridare una rappresentanza meno corporativistica alla vita democratica del nostro territorio. Di contro, la complessità dei problemi legati alla vita sociale, che abbisogna del contributo di varie competenze e di diversi approcci, è lasciata per lo più all'attenzione di una singola categoria di persone. Su questo aspetto è bene che la politica si interroghi. D’altro canto, le altre categorie, sempre che i singoli non trovino un riscontro utilitaristico nelle attività amministrative, dovrebbero avvertire il bisogno di far sentire la propria voce in un consesso che non è fondato sul puro tecnicismo, ma è espressione di esigenze e aspirazioni che promanano dagli strati più vasti della società.

In particolare, la classe intellettuale non dovrebbe solo limitarsi all'invettiva episodica e sterile, ma dovrebbe proporre un percorso culturale di emancipazione dal gretto localismo al quale siamo condannati da una visione utilitaristica del momento elettorale. La partecipazione alla vita politica e sociale dovrebbe essere così vista come un valore aggiunto e non come una diminuzione della propria figura professionale. E, tuttavia, comprendiamo come un intellettuale non abbia nulla da recuperare, in termini di convenienza spicciola, da un tale impegno; cosicché un atteggiamento snobistico nei confronti dell’attività politica è da considerarsi un comodo pretesto per giustificare un esecrabile disinteresse alle questioni locali. Senza tener conto che il “quieto vivere”, fatto anche di buone letture e di splendide produzioni letterarie, potrebbe essere turbato da un’attività che impegna parte della propria attenzione e del proprio tempo libero. Pertanto vanno senz'altro bene le iniziative culturali episodiche, che tendono a mettere in chiaro, per correggerle, alcune derive razziste, ad esempio. È tuttavia necessaria una più precisa indicazione di un progetto collettivo di cui solo la classe intellettuale può e deve farsi carico, proprio perché distante da quella convenienza spicciola che potrebbe animare un operatore sociale interessato alle commesse di un ente pubblico. L’indipendenza, la sensibilità e le competenze di un intellettuale non sono, pertanto, da trascurare in questo momento della vita sociale e politica del territorio, che sta arretrando non solo sul piano socio-economico, ma anche sul piano culturale, proprio per il colpevole prolungato silenzio di una comunità di menti che tende a distinguersi, per la massima parte, per mezzo dei propri tratti individualistici e narcisistici. La reazione scandalizzata nel vedere che ruoli di vitale importanza per la vita sociale vengono ricoperti per lo più da persone prive di strumenti culturali, utili a decifrare la realtà e ad articolare una risposta adeguata alle esigenze di una collettività di anime senzienti, non può più costituire un alibi per continuare a rimanere inerti, ma deve essere considerata una colpa che la classe intellettuale può espiare solo attraverso un impegno puntuale nella vita politica locale e nazionale. 

Inoltre, il concionare sulle grandi questioni mondiali, quale il mutamento climatico in atto, e poi rimanere indifferenti alle questioni di inquinamento ambientale a corto raggio, lasciando che siano sempre i soliti noti a interessarsi della difesa del territorio, come se solo a questi fosse demandato questo gravoso compito, è poi un atteggiamento che non può essere individuato con epiteti benevoli. Così nessun intellettuale si è accorto del florilegio di candidati, condotto con metodo scientifico in campo avversario, per contestarne l’inopportunità. Nessun intellettuale ha evidenziato l’assoluta incongruenza etica, prima ancora che politica, della composizione delle liste elettorali in cui appaiono assonanze e discrepanze, inclusioni ed esclusioni, ripetizioni “ad libitum” e apparizioni estemporanee. Siamo soliti tollerare anche clamorosi balzi in avanti e all'indietro, siamo proni a tutto, pur di salvaguardare quella immutabile “pax” che prima o poi verrà rotta dall'incedere prepotente dell’arroganza del potere locale, sempre più privo di freni inibitori, perché la pubblica opinione non è più capace di alcuna reprimenda, essendo le nostre stesse colpe, collegate a lunga latitanza o a una voluta negligenza dei fatti, fin troppo gravi. Questa arroganza diverrà palpabile e si diramerà, attraverso gli accoliti di turno, se tutte le fasce sociali non si organizzeranno per dare una risposta politica adeguata alle esigenze della collettività valdianese. Infatti, con il perdurare dell’abbandono del campo sociale da parte della classe intellettuale, le prospettive future non potranno che essere quelle che oggi stiamo vivendo come una sorta di caccia al tesoro, condotta esclusivamente da una singola componente sociale, affiancata da soggetti con interessi più o meno palesi.

E ci chiediamo se sia possibile evitare che la caccia al tesoro venga condotta per lo più in modo sotterraneo, ossia, con le stesse modalità con le quali sono state condotte le trattative per la costituzione delle liste. Se sia possibile, quindi, evitare che si dia la stura ad uno dei momenti meno edificanti della vita collettiva condita di invettive, maldicenze, pettegolezzi, illazioni, insinuazioni. A tutto questo la classe intellettuale potrebbe sopperire con un dialogo pacato sul futuro di queste terre, sui programmi da mettere in atto, sui metodi con i quali affrontare e risolvere le problematiche in campo e, infine, sull'inversione di rotta nella concezione della vita amministrativa, non più mera risposta a situazioni contingenti, ma visione di una città del futuro, intelligente in ogni sua forma, legata alle tradizioni e allo stesso tempo aperta ai cambiamenti, culturalmente attiva e socialmente produttiva, tanto quanto basti per scongiurare l’attuale continua emorragia di giovani forze.      

Eppure, pur riconoscendo l’assoluta necessità di concepire un futuro prossimo che lasci qualche speranza soprattutto ai più giovani, siamo adesso costretti a ripensare al nostro passato, nel migliore dei casi. Nel caso peggiore saremo vittime di un passato remoto che fatica a lasciare le briglie di una carrozza destinata allo sfascio. A chi dice che gli interpreti della prossima vita politico-amministrativa sono anche dei giovani, bisogna rispondere che l’età anagrafica è un aggravante in questo caso, perché questi rampolli avranno sicuramente ereditato metodi e idee dei protagonisti di una stagione fallimentare. Pertanto, il tratto peggiore in tutta questa triste vicenda è che il passato si sta impossessando del futuro prossimo, soggiogandolo in un stretta che lascia poche speranze al cittadino. A meno che quest’ultimo non trovi la forza per uno scatto d’orgoglio che possa mandare un chiaro segnale a chi ha ordito queste trame e, all'esterno, a chi deve interpretare il dato politico che proviene dalle urne. “Spes ultima dea”: il futuro è ancora tutto da scrivere e molti cittadini non sono più disposti a sacrificarlo a un passato irto di non-imprese, per giunta fallimentari.

lunedì 6 maggio 2019

Ospitalità a Giulio Pica

Concedo molto volentieri ospitalità sul mio blog a Giulio Pica, il quale desidera proporre questo tema di discussione all'attenzione dei cittadini del Vallo di Diano.



L’importanza di un’Europa Unita


Giulio Pica

A poche settimane dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo non si prevede alcun incontro sul tema a Sala Consilina e dintorni; i contendenti alla carica di sindaco o di consigliere comunale sono troppo indaffarati a cercare consensi, a comporre le liste riempendole di persone di destra, di sinistra, di centro, tutte insieme appassionatamente, tanto si sa che a livello locale conta l’ampiezza della famiglia e non la convinzione personale.

Perciò può capitare che un candidato sindaco di sinistra ospiti nella propria lista candidati di destra e viceversa, in spregio a qualsiasi coerenza ed in nome di interessi reciproci che poco hanno a che fare con l’idea che si ha – se la si ha – dello sviluppo che si vuole imprimere al proprio territorio. Eppure scorrendo le immagini agghiaccianti del ministro Salvini che osserva con orgoglio, da una torre di guardia, la recinzione di filo spinato fatta costruire dal premier ungherese Orban per blindare i confini del suo paese, si dovrebbe provare un moto d’indignazione e cercare di informare gli elettori sull'importanza del voto europeo e sull'urgenza di porre un freno alla crescita di partiti e movimenti sedicenti ”sovranisti”.


Si può comprendere che una costruzione europea basata soltanto su rigidi principi liberisti abbia negli anni creato disaffezione e malessere tra i ceti meno abbienti di ciascuno Stato, che il dogma del libero mercato abbia ridotto garanzie e forme di protezione sorte all'ombra dello Stato-nazione ed abbia acuito l’insicurezza dei penultimi a scapito degli ultimi. Ma bisogna ricordare che l’attuale Unione Europea è il risultato di scelte compiute all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, adottate proprio per evitare che i nazionalismi esasperati potessero provocare una nuova guerra in Europa. Tutto sommato, la CEE prima e l’UE negli anni recenti, hanno garantito 70 anni di pace, la produzione legislativa europea –  i Trattati, i regolamenti e le direttive -  ha assicurato standard omogenei di tutela dei diritti di tutti i cittadini europei: dalle norme a tutela dei consumatori, a quelle sul giusto processo, a quelle a tutela dei diritti fondamentali contenute in vari trattati europei, a cominciare dalla Carta di Nizza del 2000.

Nonostante questi indubbi vantaggi, l’Unione Europea è stata percepita unicamente come una combriccola di banchieri e burocrati interessati ad affamare il popolo ed ingrassare le élite. Questo miscuglio di frustrazione, insicurezza e cattiva informazione ha costituito la linfa vitale di cui si nutre la demagogia populista e sovranista al fine di distruggere l’idea di Unità europea e di deviare la rabbia dei penultimi contro gli ultimi, ovvero immigrati ed extra-comunitari, additati come la causa di ogni male. Nel corso della storia, i demagoghi hanno sempre individuato un capro espiatorio su cui scaricare il malessere del popolo: prima i barbari, poi le streghe, poi gli eretici, gli ebrei, i selvaggi ed ora gli immigrati, preferibilmente neri africani. I vari leader nazionalisti europei sembrano avere un’idea comune ma, in realtà, un nazionalismo solidale è un ossimoro, è come dire che il ghiaccio è caldo ed il fuoco è freddo.

E’ evidente che se Orban non vuole accogliere neanche un migrante in Ungheria, i migranti resteranno in Italia; è palese che i nazionalisti tedeschi di AFD o i nazionalisti austriaci non concederanno mai all'Italia di sforare i conti; è ovvio che gli amici di Salvini, ungheresi, cechi e polacchi, non accetteranno mai di ridiscutere il Trattato di Dublino per consentire che gli immigrati sbarcati in Italia siano redistribuiti nei loro territori. Il nazionalismo è un male in sé perché è il prodotto dell’esasperazione dell’idea di nazione, perché, nel corso del XX secolo è stato la causa principale dello scoppio di due tremende guerre mondiali, perché scatena il rancore dei ceti meno abbienti e lo indirizza verso i meno garantiti, perché mette gli uni contro gli altri con la falsa promessa di proteggere i più poveri. Il nazionalismo si declina anche attraverso l’intolleranza ed il razzismo di cui si sono avute molte manifestazioni anche in Italia negli ultimi anni.

In aggiunta a tutto ciò, Il rifiuto di Salvini di commemorare il 25 aprile rappresenta una violazione dei principi costituzionali, è una mancanza di rispetto per quella Costituzione sulla quale lo stesso ha giurato al momento di assumere l’incarico di ministro della repubblica. Per questo un’ Europa unita, più attenta alla società e meno al mercato, può essere un antidoto alla furia distruttiva dei nazionalismi e dei sovranismi che rischiano di far rivivere, anche se in forme meno cruente e diverse, fenomeni deleteri che hanno sconvolto la società europea nella prima metà del secolo scorso.


giovedì 25 ottobre 2018

CHERNOBYL, l’epilogo



Repubblica Italiana, Tribunale di Salerno (aula 16), 
31 gennaio 2018

Ore 9.20  In attesa dell’inizio della seconda udienza dibattimentale del cosiddetto processo Chernobyl. La prima “vera” udienza è stata celebrata il 20 ottobre 2017, dopo circa tre anni di rinvii e dopo un cambio della presidenza. Ricordiamo infatti le date: il 9 aprile 2014 la prima udienza non fu celebrata per un difetto di notifica. A questa “prima udienza” si sono succeduti altri otto tentativi di inizio del processo andati a vuoto a causa di vari motivi: altri difetti di notifica, quattro astensioni consecutive degli avvocati penalisti e un allarme bomba (che non sembrava l’unico evento ad orologeria).
Il decimo tentativo non è andato a vuoto e il 20 ottobre 2017 il collegio giudicante decideva di ascoltare, nell’udienza successiva, i testimoni indicati dal pubblico ministero sulla questione legata agli sversamenti illeciti di 980mila tonnellate di rifiuti speciali in varie località delle Campania.

E così si leggerà, nella sentenza definitiva, il lungo elenco dei rinvii, compresa la menzione dell’allarme bomba. Ed è proprio in queste occasioni che si può notare quanto la giustizia sia coraggiosa nel citare questi eventi su atti ufficiali e quanta cura abbia nel ricordare ogni singolo rinvio, con le relative cause.

Con decreto del 25.2.2014 gli imputati sono stati rinviati a giudizio dinanzi a questo tribunale per rispondere dei reati descritti in rubrica.
·         All’udienza del 9.4.2014 si è fatto rinvio per difetto di notifica.
·         All’udienza del 17.12.2014 si è fatto rinvio per difetto di notifica.
·         All’udienza deil’8.4.2015 si è fatto rinvio per difetto di notifica.
·         All’udienza del 12.6.2015 si è fatto rinvio, con l’invito alle parti a depositare memorie.
·         All’udienza dell’i 1.11.2015 si è fatto rinvio per l’impossibilita di tenere udienza, in ragione di un allarme bomba.
·         All’udienza del 20.1.2016 si è fatto rinvio per astensione dalle udienze da parte della classe forense e per difetto di notifica (donde l’impossibilita di considerare il rinvio come sospensivo del termine di prescrizione)’.
·         All’udienza del 25.5.2016 si è fatto rinvio per astensione dalle udienze da parte della classe forense, assenti pero anche i testi (donde l’impossibilita di considerare il rinvio come sospensivo del termine di prescrizione).
·         All’udienza del 18.1.2017 si è fatto rinvio per astensione dalle udienze da parte della classe forense, assenti pero anche i testi (donde l’impossibilita di considerare il rinvio come sospensivo del termine di prescrizione).
·         All’udienza del 24.5.2017 si è fatto rinvio per astensione dalle udienze da parte della classe forense, assenti però anche i testi (donde l’impossibilita di considerare il rinvio come sospensivo del termine di prescrizione).
·         All’udienza del 20.10.2017 è stata disposta l’acquisizione delle consulenze tecniche delle parti.
·         All’udienza del 31.1.2018 dette consulenze sono state materialmente acquisite ed è stato sentito il teste Gennaro MAGNESE.
·         All’udienza del 14.2.2018 le parti hanno formulato le proprie richieste e l’imputato CERINO ha reso spontanee dichiarazioni, quindi il tribunale ha rinviato per l’acquisizione a cura della cancelleria del certificato di morte dell’imputato Gaetano FERRENTINO.
·         All’udienza del 7.3.2018 si è fatto rinvio per sospensione elettorali.
·         All’udienza del 28.3.2018 le parti hanno ribadito le proprie richieste e il tribunale ha emesso sentenza della quale ha dato pubblica lettura.

In mancanza di sospensioni del termine di prescrizione, i reati si sono prescritti alle seguenti date: quello di associazione per delinquere (capo A), contestato fino al 30.5.2007, il 30.2.2016 per capi, promotori e organizzatori e il 30.11.2014 per i meri partecipi; quello di smaltimento illecito di rifiuti (capo B) il 30.11.2014; quello di disastro (capo F) il 30.ll.20l4; per il danneggiamento (capo G) a novembre 2014; idem per il reato di falso (capo H), per quello di frode nelle pubbliche forniture (capo I) e per quello di truffa contestato al capo J; le truffe contestate ai capi L ed M si sono prescritte il 30.11.2014; infine, il reato di violazione di sigilli (capo N) si è estinto ancor prima, a febbraio o a marzo 2014.


Ore 10.00 La prima udienza in calendario riguarda una questione legata allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Ore 10.45 Terminata la parte dedicata allo spaccio di droghe, la seconda udienza dibattimentale del processo Chernobyl può iniziare.

Ore 11.45 Si inizia con il lungo appello: l’elenco degli imputati è lungo, come sappiamo; le parti civili sono rappresentate dai legali di alcuni comuni del Vallo di Diano e del beneventano, di alcune associazioni, tra le quali Legambiente e il Codacons, e dai legali incaricati dalla Provincia di Salerno e dal Ministero dell’Ambiente. Eccolo completo, così come tratto dagli atti:
  • ·         Anpana,
  • ·         Codacons Campania onlus,
  • ·         Coldiretti Campania,
  • ·         Comune di Castelnuovo di Conza,
  • ·         Comune di Montecorvino Rovella,
  • ·         Comune di Sala Consilina,
  • ·         Comune di San Pietro al Tanagro,
  • ·         Comune di San Rufo,
  • ·         Comune di Sant’Arsenio,
  • ·         Comune di Santomenna,
  • ·         Comune di Sassano,
  • ·         Comunità montana Tanagro Alto e Medio Sele,
  • ·         Comunità montana Vallo di Diano,
  • ·         Federconsumatori Campania,
  • ·         Federconsumatori nazionale,
  • ·         Legambiente Campania,
  • ·         Masseria Codanti,
  • ·         Ministero dell’ambiente, difeso dall’Avvocatura dello Stato;
  • ·         Provincia di Salerno,
  • ·         Regione Campania.

A mezzogiorno circa si procede all’interrogatorio, da parte del pubblico ministero, dell’unico teste chiamato a deporre: un maresciallo maggiore del NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) che aveva partecipato alle indagini. Già prima della deposizione avevamo assistito a uno scambio di battute tra un avvocato difensore e il presidente del collegio giudicante. Il senso dell’interlocuzione era il seguente. L’avvocato si rivolge al presidente facendo comprendere abbastanza chiaramente che la giustizia italiana potrebbe anche fare a meno di celebrare questi processi per occuparsi di cose ben più importanti e che un’eventuale rapida conclusione dello stesso potrebbe concedere più tempo alla giustizia di perseguire reati gravi.

Si legge poi nella sentenza, in merito alla volontà del pubblico ministero:
All’udienza del 31.1.2018 il pubblico ministero ha espressamente chiesto di limitare l’istruttoria a questo solo reato (a suo avviso non ancora prescritto), nulla opponendo le difese degli imputati (che a tal fine, del resto, avrebbero dovuto rinunciare alla prescrizione).

Tuttavia, nulla faceva presagire quanto era da venire. Nell’interrogazione, infatti, abbiamo sentito distintamente che si faceva riferimento soltanto a rifiuti speciali non pericolosi. E così veniva fedelmente riportato negli atti:

Il teste MAGNESE ha detto che nel corso dell’indagine emersero solo rifiuti speciali non pericolosi, che non furono fatti accertamenti sull’inquinamento di matrici ambientali come acqua,suolo, fiumi, sottosuolo, falde acquifere, ne verifiche sanitarie di tipo epidemiologico su malesseri,malori, malattie, lesioni. Gli unici accertamenti furono fatti dall’Arpac, ma sui campioni di rifiuti,non sulle matrici ambientali.

Intanto, nella richiesta di rinvio a giudizio dei 38 indagati nell’ambito dell’inchiesta denominata Chernobyl condotta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere tra gennaio 2006 e giugno 2007, in parte riportata nel testo della sentenza, si legge:

smaltimento illecito di imponenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, allo stato solido, liquido e semiliquido, rifiuti costituiti in particolare da fanghi da depurazione delle acque reflue urbane e sabbie provenienti dal trattamento delle acque reflue, nonché rifiuti liquidi provenienti dal porto di Napoli, da ospedali e lidi balneari del litorale domizio, e da una pluralità di fosse settiche di impianti ospedalieri e strutture private, per una quantità di rifiuti illecitamente smaltiti stimabile in circa 980.000 [tonnellate, n. d. r.]  in circa 18 mesi

e ancora

venivano smaltiti illegalmente fanghi tossici…fanghi assolutamente pericolosi in quanto rifiuti speciali da smaltire in discarica   

È poi vero che la stessa Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, il 16 agosto del 2007, spediva ai sindaci dei Comuni, nei quali ricadevano i terreni interessati dagli sversamenti, una comunicazione in cui si chiedeva alle Amministrazioni competenti di intervenire. Il testo della missiva viene di seguito testualmente riprodotto.

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Procura della Repubblica
Santa Maria Capua Vetere

Quest’Ufficio accertava smaltimenti illeciti di imponenti quantitativi di rifiuti su aree, terreni e fondi agricoli in numerosi comuni della Regione Campania e Puglia, attività criminali messe in atto da un’articolata e pericolosa organizzazione criminale stabilmente dedita alla perpetrazione di numerosissimi reati ai danni dell’ambiente, nonché di truffa a pubbliche amministrazioni.
Ai sensi degli artt. 197, 239, 245 e 305 e segg. del D. Lgs. 152/06, la presente vale come richiesta di interventi da parte delle Amministrazioni competenti, attesa l’estrema pericolosità derivante dalle attività criminali accertate in tema, in particolare, di smaltimenti illeciti di rifiuti.
Tanto si comunica per quanto di competenza; in attesa di riscontro alla presente si porgono distinti saluti.

S. Maria C. V. 16/08/2007

Il Sostituto Procuratore                                                           Il Procuratore della Repubblica    

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Con questa testimonianza e con la decisione, da parte del pubblico ministero, di non ascoltare altri testi, si poteva già ipotizzare l’esito del processo, ossia che si stava andando verso la prescrizione (tutti i reati contestati, tranne quello di disastro ambientale sono prescritti: tra i capi di imputazione ricordiamo quello di distruzione e deturpamento delle bellezze naturali). Così come un avvocato difensore aveva poi fatto notare in aula, si poteva già ipotizzare che il capo di imputazione di disastro ambientale non sussistesse. In questo modo, con la conclusione rapida del processo nell’interesse dell’amministrazione della giustizia, si avrebbe avuto più tempo per affrontare questioni di ben più grave portata. Pertanto, il 14 febbraio 2018 (giorno degli innamorati) si sarebbe potuto prendere atto che 980mila tonnellate di rifiuti illecitamente smaltiti non costituiscono un danno così ingente per l’ambiente da dar luogo a un cosiddetto “disastro ambientale”. Tanto più che il solo teste interrogato, alla domanda da parte del pubblico ministero se risultasse che questi sversamenti avessero prodotto dei danni alla salute dei cittadini, aveva prontamente risposto che ciò non risultava. Tuttavia, così come riportato prima, non sono stati fatti studi epidemiologici. Ed è bene leggere, ancora una volta, le parole riportate nella sentenza:

Il teste MAGNESE ha detto che nel corso dell’indagine emersero solo rifiuti speciali non pericolosi, che non furono fatti accertamenti sull’inquinamento di matrici ambientali come acqua, suolo, fiumi, sottosuolo, falde acquifere, né verifiche sanitarie di tipo epidemiologico su malesseri, malori, malattie, lesioni. Gli unici accertamenti furono fatti dall’Arpac, ma sui campioni di rifiuti, non sulle matrici ambientali.

 In conclusione dell’udienza un avvocato chiede il dissequestro di tutti i terreni agricoli.
        
Repubblica Italiana, Tribunale di Salerno (aula 16), 
14 febbraio 2018

Si può ascoltare la requisitoria del pubblico ministero che ricalca i timori da noi espressi in un comunicato del giorno 1 febbraio 2018: si chiede l’assoluzione per il solo capo d’imputazione sopravvissuto agli undici lunghi anni dalla chiusura delle indagini, ossia, il disastro ambientale (tutti gli altri reati contestati sono già prescritti). Si prende effettivamente in considerazione il fatto che, non esistendo un impianto accusatorio solido, le 980mila tonnellate di rifiuti illecitamente smaltiti non dovrebbero costituire un danno così ingente per l’ambiente da dar luogo a un cosiddetto “disastro ambientale”. In ogni caso il pubblico ministero chiede al presidente di inoltrare ai comuni interessati dagli sversamenti una richiesta di intervento, per la salvaguardia della salute dei cittadini. Nella sentenza, in merito a questa richiesta, venuta poi anche da pare di alcune parti civili, così si legge:

Essendo i reati tutti prescritti, non può darsi corso alla richieste delle parti civili di disporre perizia sui terreni per verificare se il reato ambientale sia o meno avvenuto o il relativo pericolo si sia o meno prodotto, non essendo giuridicamente possibile compiere ulteriori atti istruttori su illeciti ormai estinti. Peraltro, nel caso di specie si tratterebbe, più che di un atto istruttorio, di un vero e proprio atto di indagine, in quanto tale spettante al pubblico ministero, e difficilmente compatibile con la terzietà propria alla magistratura giudicante. Ciò in quanto, non essendo la chiesta verifica stata fatta in precedenza da alcuna delle parti (con l’eccezione di quella disposta per conto dell’imputato CERINO su una sola delle aree oggetto delle imputazioni), la perizia non avrebbe il compito di stabilire quale attendibilità abbiano indagini già svolte dalle parti processualmente contrapposte, bensì di andare a ricercare per la prima volta ed ex novo elementi processualmente utili: ed è evidente che una siffatta ricerca — a fronte della assoluta assenza allo stato di elementi a carico degli imputati — sarebbe suscettibile di modificare l’attuale situazione probatoria solo ed esclusivamente a danno degli imputati (e qui cade quanto si diceva a proposito della inevitabile perdita di terzietà all’esito di un siffatto intervento).
Infine, ognun vede l’impossibilità di verificare lo stato di terreni a distanza di molti anni dai fatti dedotti in imputazione e di attribuirne eventuali modificazioni alle predette condotte anziché di possibili eventi sopravvenuti. Tanto premesso, prima di passare all’esame del merito delle accuse, va chiarito che una piena istruttoria è stata svolta solo per il reato descritto al capo F, del quale è evidente l’insussistenza, posto che il teste MAGNESE ha chiarito che i rifiuti erano speciali ma non pericolosi e che non furono fatti accertamenti sui terreni.

Dopo il clamore sullo smaltimento dei rifiuti in Campania, dovuta all’inchiesta di Fanpage, forse l’opinione pubblica potrà finalmente trovare un momento di conforto rispetto ai fatti legati ai processi quali, ad esempio, il processo Cassiopea. Potranno così essere smentiti, almeno in questo caso, i toni allarmistici della brava giornalista Rosaria Capacchione che in un suo articolo su Il Mattino del 5 luglio 2007 così esordiva: «Rifiuti tossici, Campania come Chernobyl». Sottotitolo: Smaltimento fuorilegge dei fanghi, scorie utilizzate come concime: 38 arresti, sequestrati 4 depuratori. Infatti, le inchieste e i successivi processi denominati Cassiopea e Chernobyl non possono essere considerati alla stessa stregua. Nonostante il fatto che entrambi i processi siano stati incardinati– inizialmente – a Santa Maria Capua Vetere, a seguito del rinvio a giudizio di due diversi gruppi di persone che si occupavano di smaltimento di rifiuti. Tanti rifiuti, a leggere le carte della Procura. E nononstante il fatto che il capo di imputazione più grave in entrambi i processi sia proprio il disastro ambientale (prescrizione: 12 anni). Per Cassiopea, infatti, le indagini si chiudono nel 2001 e il processo da Santa Maria Capua Vetere viene spostato a Napoli per un’eccezione della difesa. Dal Tribunale di Napoli il processo viene poi di nuovo trasferito a Santa Maria Capua Vetere, dove si estingue nel 2013.
Per Chernobyl non è così. Dopo 11 anni, infatti, c’è una richiesta di assoluzione a Salerno, dove il processo è stato trasferito da Santa Maria Capua Vetere. Dal giorno in cui verrà letta in aula la sentenza, sarà quindi possibile far nascere un nuovo futuro fatto di consapevolezza, di sostenibilità dei processi produttivi, di rispetto per l’uomo e per l’ambiente, e di partecipazione vera ai processi democratici del Paese.
La seduta del 14 febbraio si conclude con un avvocato delle parti civili che richiede che si effettui un’indagine sui terreni ancora sottoposto a sequestro. Un altro avvocato di parte civile fa presente l’incongruenza tra quanto affermato dall’unico teste e quanto riportato nella richiesta di rinvio a giudizio dei 38 indagati. Si dà infine la parola a uno degli imputati il quale, dopo essersi professato innocente, dichiara in aula di aver fatto eseguire analisi del sangue ai suoi vicini di casa e parenti: stanno tutti bene. Il solito avvocato difensore chiede il dissequestro di tutti i terreni agricoli.


Repubblica Italiana, Tribunale di Salerno (aula 16), 
7 marzo 2018

Si è votato da pochi giorni. Gli Italiani hanno chiesto un cambiamento di rotta alla politica italiana. Arriviamo in aula con tanti scatoloni disseminati qua e là: le nostre schede elettorali. La volontà del popolo italiano è ben custodita in quelle scatole, mi dico. In scatole simili, per anni, sono state custodite le ossa dei Trecento a Padula. Erano scatole di cartone e la stampa si era interessata a quella vicenda, legata a lla Storia della nostra nazione. La lettura della sentenza è rinviata, per l’acquisizione di un certificato di morte di uno degli imputati, al 28 marzo 2018.  


Repubblica Italiana, Tribunale di Salerno (aula 16), 
28 marzo 2018

Ore 14:00 circa  Dopo una camera di consiglio che dura poco più di mezz’ora si può ascoltare la sentenza, letta dal presidente del collegio giudicante. In sintesi: capo d’imputazione f) disastro ambientale: assoluzione perché il fatto non sussiste;  per gli altri capi d’imputazione: non si deve procedere per avvenuta prescrizione. Tutto come previsto. Il solito avvocato chiede il dissequestro di tutti i terreni agricoli. E lo ottiene, finalmente. Infatti, si leggerà nella sentenza: I beni in sequestro vanno restituiti agli aventi diritto.

Infine, un estratto della parte finale della sentenza pronunciata in nome del popolo italiano lo stesso giorno:

… il tribunale, visto l’articolo 530 c.p.p. assolve … [nomi degli imputati] … dal reato loro ascritto al capo F della rubrica perché il fatto non sussiste; e visto l’articolo 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di … [nomi degli imputati] … in ordine ai restanti reati loro rispettivamente ascritti perché estinti per prescrizione…
Restituzione agli aventi diritto dei beni in sequestro.
Così deciso a Salerno il 28 marzo 2018.