Powered By Blogger

venerdì 27 maggio 2011

LA GIUSTIZIA DEI POVERI NEL PAESE DI ACCHIAPPA-CITRULLI

Il povero Pinocchio è in serio affanno dopo il furto del Gatto e della Volpe; egli si chiede dove sia andata la Fata Turchina.


Può capitare, in un contesto corrotto fino al midollo, di trovarsi di fronte ad un coraggioso pubblico ministero che, indagando a trecentosessanta gradi, senza timori reverenziali, scopra che il male sociale invasivo dell’illegalità trova albergo addirittura nella sua stessa istituzione. E può anche capitare che questo coraggioso servitore dello Stato venga messo alle strette, nella città di Acchiappa-citrulli. La cosa più semplice da fare per neutralizzare la sua azione potrebbe allora essere quella di togliergli sistematicamente le inchieste che sta conducendo o di trasferirlo ad altro incarico.


Pinocchio dice una bugia alla Fata Turchina e il suo
naso si allunga.

- Illustrazione di Carlo Chiostri (1863 - 1939) dal libro
di Collodi "Le avventure di Pinocchio", 1901 -
Eppure può anche capitare, secondo Collodi, di denunciare fatti e misfatti, proprio come fece Pinocchio dopo l’episodio del “Campo dei miracoli”, e di andare in prigione per questo. E non vi sembra molto simile l’episodio del Gatto e della Volpe a quello che alcune compagnie di assicurazione o alcuni promotori finanziari o addirittura alcune banche hanno messo in atto in questi ultimi tempi? Persone comuni hanno creduto di far fruttare i propri risparmi investendo in titoli aziendali; dopo qualche tempo vedono i loro danari svaniti nel nulla. Il Campo dei miracoli, appunto, che il Gatto e La Volpe indicavano a Pinocchio come il posto dove le quattro monete d’oro avrebbero fruttato un albero pieno di altre monete nel giro di una notte: il tempo necessario per trafugarle. Se solo Pinocchio avesse ascoltato il Grillo parlante! Eh già!


Corruzione e illegalità; illegalità e corruzione assurte a sistema. Difficile scrutare negli occhi le persone e definire il loro grado di adesione al “sistema”. Il sistema è pervasivo, e vive in ognuno di noi ormai. Difficile capire se chi ci sta di fronte ha a cuore la cultura della legalità o è solo una rotella dell’ingranaggio perverso che porta ad escludere dal contesto sociale chi della cultura della legalità vorrebbe farsi portavoce, magari solamente per ripetere ai quattro venti che non può esservi vero progresso e sviluppo in contesti corrotti.


Campo dei miracoli (e che miracoli!) non è forse anche un sito di pregio ambientale che si adibisce a zona industriale? La città di Acchiappa-citrulli è il contesto naturale dove può sorgere una simile stortura (si badi bene, non dico struttura, ma stortura): il sacrificio di un contesto ambientale, unico nel suo genere, sull’altare del falso progresso dei capannoni nominali e del finanziamento pubblico di “infra-storture” che possono servire a qualche speculatore nella compravendita dei terreni, a qualche ditta appaltante con tanto di certificazione antimafia per effettuare lavoricchi e a qualche amministratore per ingraziarsi gli imprenditori d’accatto della città di Acchiappa-citrulli.


E ricordate proprio tutti gli episodi del romanzo fantastico di Collodi? Pinocchio veniva messo in gattabuia insieme a Lucignolo, perché non aveva saputo far fronte alle lusinghe del Gatto e della Volpe. Fantastico, appunto! Mettere in gabbia i truffati potrebbe essere un’idea da suggerire a qualche “scassa-sigilli” in una riedizione moderna del libro. Intercettare telefonicamente gli onesti per vedere fino a che punto sono persone corrette e fino a che punto riescono a resistere al sistema; questa potrebbe essere un’idea da praticare, così da poter montare mille campagne mediatiche sulla “banda degli onesti” non appena si scoprirà che qualcuno del gruppo non è onesto fino in fondo, proprio perché agisce nel più sordido dei contesti, ovvero “in questo mondo di ladri”.



Lasciare completamente mano libera ai delinquenti, agli assassini, ai ladri, agli speculatori, agli spacciatori, ai profittatori potrebbe essere il prossimo traguardo della città di Acchiappa-citrulli. Lo stesso Pinocchio, ricordiamolo, dovette professarsi un malandrino per poter usufruire dell’amnistia dell’Imperatore (ce ne è sempre uno nelle favole che si rispettano). E così potremo tutti godere, con animo sereno, delle leccornie, frutto del latrocinio di Lucignolo, che continuerà a non volere andare a scuola. Anche quest’istituzione sarà da riformare, tuttavia, per poter fare posto ai tanti somari che stanno già arrivando a frotte dalPaese dei balocchi”. Anche per loro vi sarà onore e gloria nella splendida città di Acchiappa-citrulli, dove i cittadini sono tassati e tartassati per poter permettere a Mangiafuoco, che allestisce spettacoli, brucia l’immondizia, procaccia affari e quant’altro, di arricchirsi, più di quanto già fa con lo sfruttamento della manodopera dei poveri burattini di legno a due euro l’ora. Il più somaro potrà poi diventare il responsabile delle attività culturali della città, il più malandrino il cassiere, il più crudele l’addetto ai servizi sociali, il più furfante il capo della polizia e, infine, il ciuchino più innocuo di tutti il ciambellano di corte, posto in verità ambito da molti.


Che orrore! Ma la Fata Turchina dov’è?

domenica 22 maggio 2011

CON PAROLE NON MIE

Avrei potuto scrivere questo "post" con parole mie. Eppure, è tale il grado di condivisione dei concetti, che userò le parole del prof. Emilio Giordano, docente di Letteratura Italiana all’Università di Salerno, nell’Introduzione della ristampa di un saggio dal titolo “Le associazioni politiche nei governi parlamentari”, che l’autore, avv. Vincenzo Marone, ha dato alle stampe nel 1887. In questo libello, venuto alla luce di recente per merito del Circolo Sociale “Carlo Alberto 1886” di Padula, si affronta il tema del trasformismo politico e dei possibili rimedi da adottare per evitare un uso utilitaristico delle cariche elettive.


Scrive il prof. Giordano nell’Introduzione: “Queste pagine si presentano come uno sguardo non certo distratto sull’Italia di Depretis che – senza saperlo – si avviava a diventare crispina, uno sguardo che nasceva appunto dall’osservatorio privilegiato di un piccolo paese del nostro Meridione. La diagnosi era davvero impietosa, a tratti colma del più nero pessimismo, mentre l’autore descriveva tutti i mali, i paradossi di una democrazia che continuava a essere tale soltanto a parole. L’avvocato Marone ricordava così la “crescente incompetenza negli amministratori comunali e provinciali”, da cui una “confusione e uno sperpero che reclama l’intervento del potere centrale e spesso della magistratura penale”, con il conseguente “aumentarsi dei partiti puramente personali, senza concetti e programmi”. E poi, l’esistenza di un dannoso voto di scambio, “un sistema a trattative private, un conciliabolo da frati o da speculatori”, con la conseguente scelta di uomini “mediocri, infingardi od incapaci” come rappresentanti politici, e di una stampa non libera (“Sì, la stampa, questo quarto potere, ch’è il più schiavo di tutti”). E ancora: le classi dirigenti non all’altezza, incapaci di comprendere la reale portata di una questione sociale riguardante gli strati più poveri del Paese, sedotti perciò da discorsi più radicali e rivoluzionari (il moderato avvocato evocava, con timore, il prossimo avvento di “un Proudhon del pensiero e un Robespierre dell’esecuzione”). In tale contesto di un deprimente vuoto della politica, come si direbbe oggi, Marone notava e denunciava il sorgere di un nuovo clericalismo, sempre più subdolo e minaccioso, favorito dall’azione pastorale del papato di Leone XIII.

E dopo la diagnosi, una terapia possibile. Per salvare la società italiana dal suo veloce declino, il medesimo Marone pensava alla nascita di nuove associazioni politiche formate da gente illuminata e onesta, che dovevano diventare luoghi di discussione e di selezione delle nuove classi dirigenti, di elaborazioni di idee e proposte per il governo del Paese, insomma strumenti importanti per la crescita non solo economica, ma anche morale e civile dell’intera nazione”.

Mi permetto di aggiungere qualche considerazione conclusiva. Nel 1887 eravamo agli albori della vita democratica in Italia, eppure i problemi erano già molto simili a quelli odierni. In circa centocinquant’anni, quindi, non abbiamo ancora saputo dare una risposta concreta alle istanze di democrazia partecipata. Pertanto, a chi propugna l’idea di partiti virtuali o catodici, possiamo rispondere con le parole dell’illuminato legale di provincia, nativo di Monte San Giacomo (SA). A chi oggi dovesse continuare a negare la necessità della crescita e del radicamento dei partiti sul territorio, magari per avere più ampi spazi di manovra a livello centrale, siano di monito le invettive del “moderato” avvocato Marone. Infine, non trascurerei di considerare lo sprezzante giudizio che l’avvocato Marone dava sulla stampa, che dovrebbe concorrere alla formazione del pensiero critico del cittadino, mentre sembra essere soggiogata (ancora oggi!) da un potere economico e politico fin troppo totalizzante.

sabato 21 maggio 2011

LA SORGENTE DI VIA MOLINELLA

Ci vorrà tempo prima di capire perché un’intera collettività si distrae, mentre luoghi di pregio ambientale vengono distrutti. Del tempo per intuire per quale arcana ragione si predilogono siti palustri per costruire zone industriali. Del tempo, infine, per comprendere perché il senso estetico e la decenza hanno completamente abbandonato questi luoghi.

 Non ci vorrà molto, tuttavia, per comprendere perché ci si è completamente dimenticati di una sorgente d’acqua sulfurea che sgorga copiosa, invadendo rivoli e fiumi vicini. Proviamo quindi a comprenderne le ragioni. Per molto tempo in questo territorio gli interessi di parte sono stati anteposti al bene collettivo. E così, un complesso che doveva servire da macello comunale (vedi prima foto) viene prima abbandonato, poi destinato a impudico deposito di immondizia. Le strutture fatiscenti si scorgono da via Molinella e nettamente si distinguono dallo sfondo della collina di ginestre di Silla, periodicamente violentata da incendi dolosi. La natura è generosa, ma noi siamo pronti a offenderla, anche con le parole. La scorsa primavera, beffardamente, una sorgente d’acqua sulfurea stigmatizzava l’insipienza dell’uomo che aveva depositato di tutto in quell’area. Proruppe, così, nel bel mezzo di quell’immondezzaio, invadendo la strada antistante. Dopo non poche settimane le acque vennero irregimentate come vediamo nella seconda foto. E nel periodo natalizio dello scorso anno questo splendido dono è tornato a rivivere. Una parte di quest’ampia falda di acqua sulfurea fuoriesce impetuosa già all’imbocco di via Molinella e s’immette nel fiume Cavarelli. La seconda sorgente (si dice che ne esista una terza) si trova nelle pertinenze del macello. Le proprietà curative delle acque con contenuto di zolfo dovrebbero essere note a chi pratica scienze mediche. Io mi professo ingorante in materia. Ma so che, prima di poter capire quanto oro sta colando via da quel macello, bisogna conoscere la concentrazione dello zolfo e degli altri minerali disciolti nel liquido. Da allora, da quando questa probabile miniera d’oro è venuta alla luce, nessuno si è preoccupato di far effettuare le analisi.

Un Comitato civico ha scritto all’amministrazione comunale lo scorso giugno, senza ricevere risposta. E meno male che in primavera era arrivato il nuovo. Il solito stanco procedere nelle pratiche antiche connota ormai, da oltre un anno, anche questo nuovo apparente, nato dalle promesse e finito nella palude dell’immobilismo e sul continuo ripetere l’incapacità di far fronte a spese. E allora la distribuzione dei pacchi di pasta in campagna elettorale che mai vi era stata, a memoria del sottoscritto, era forse solo un modo per significare quanto triste era il bisogno che questi posti avevano della carità di chi possedeva i cordoni della borsa? Sicuramente questi luoghi avevano bisogno di menti libere dall’ingombro dell’interesse, capaci di pensarne il futuro e di rispettarne il presente e il passato. Menti che potessero dare un sollievo immediato alle famiglie in stato di bisogno, non con improbabili promesse di posti di lavoro, ma profondendo ogni sforzo per creare i presupposti per un riscatto di una collettività che risulta essere oggi, inspiegabilmente, tra le più povere in provincia di Salerno, nonostante sia ricca di risorse e di potenzialità oggettive per intrapendere una rapida crescita economica. In passato si è preferito fare ospitalità diffusa in regge principesche abitate da amministratori, forse rendendole più accoglienti. In questo modo si è negata, almeno ad un altro soggetto attivo, la possibilità di intraprendere in campo agri-turistico. Di queste imprese e di quelle artigianiali, di piccole realtà produttive, anche agricole, il territorio aveva bisogno, non d’improbabili zone industriali in siti di “particolare pregio ambientale”. Ma questa è la lungimiranza, queste le menti, questi i fatti. Mentre noi ancora restiamo a sperare che qualcosa possa cambiare in positivo in questo bellissimo ma sfortunato territorio. L’uomo che non ha saputo comprendere a pieno i percorsi dello sviluppo economico e sociale di questa piccola porzione di pianeta, travisandone le naturali vocazioni, saprà mai accorgersi che anche una sorgente di acqua sulfurea può essere un modo per cominciare a risollevare le sorti di una collettività bisognosa di idee e di concretezza?

venerdì 20 maggio 2011

SILENT SPRING – Un mio tributo a Rachel Carson


Rachel Carson
Rondini

Ho visto voli di rondini e di rapaci notturni
spezzati da pesticidi che, contro logica,
sono diffusi nell’aria da orribili macchine
fornite di un tubo verticale che sputa
veleno a nostra insaputa nella notte.

Ho visto gli arnesi e i corpi senza vita
di uccelli per terra e ho sentito il silenzio,
fino nell’anima, dei rondinini ignari
che attendono nei nidi il genitore
che non verrà a sfamarli in questa primavera.

A leggere il toccante saggio del 1962 “Primavera silenziosa” di Rachel Carson (1907, 1964), l’effetto devastante sull’ecosistema dello spargimento di pesticidi su vaste aree non è da sottovalutare. Questo saggio, nel tempo, è diventato un manifesto del movimento ecologista, anche perché in esso si indicano processi naturali (e non chimici) per le disinfestazioni da insetti dannosi all’agricoltura o pericolosi per l’uomo, quali le zanzare. Gli scienziati del CNR sei anni fa (2005) hanno diramato un comunicato contro le pratiche di disinfestazione su vaste aree. Dal convegno “ZANZARE - DISINFESTAZIONI - INFORMAZIONE” Esperienze e Indagini, tenutosi il 16/05/2005 presso l’Aula Marconi del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Roma, è infatti emersa la volontà dei relatori di sottoscrivere un documento comune affinché il problema in oggetto venga affrontato nel modo più opportuno e meno aggressivo possibile nei riguardi sia dell’ambiente che della salute dei cittadini. Gli scienziati hanno definito queste pratiche dannose alla salute dei cittadini e all’ecosistema. Le rondini saranno allora vittime anche quest’anno di queste pratiche medievali, dopo la strage di tre anni fa? Invece di bonificare intere aree urbanizzate, prive di sistemi di depurazione, si disinfesta? Ma da cosa?
Facciamo allora un appello ai Sindaci della Provincia di Salerno perché s’investa sulla salute dei cittadini, piuttosto che sui pesticidi. Intanto denunciamo la cosa alla stampa, perché chi ha assistito alla strage del 2008 non continui a voltarsi dall’altra parte e a sprecare denaro pubblico per affidare queste attività in “outsourcing”. Difficile parola anglica, per non aggiungere altro… e per non dare di vomito per il veleno che siamo costretti a ingerire. 

Per maggiori informazioni sulla lotta biologica agli insetti nocivi, si legga al link seguente:  http://www.infozanzare.info/document.php

domenica 15 maggio 2011

LA TRISTE VICENDA DELLA LINEA FERROVIARIA SICIGNANO-LAGONEGRO

Il Vallo di Diano è una piana a sud della provincia di Salerno, a confine con la Basilicata; questo territorio fa da raccordo tra il Salernitano e il Lagonegrese in provincia di Potenza. Paese capofila della vallata è Sala Consilina. In questa piana correva magnificamente il treno sulla linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro; ora non più. L’esercizio sulla linea fu sospeso, infatti, per l'esecuzione dei lavori di elettrificazione della linea Battipaglia-Potenza-Taranto, che è stata riaperta al traffico ferroviario nel 1992. La linea Sicignano-Lagonegro (77 km) non è stata più riaperta nonostante siano ormai passati ben 24 anni.
 Da 24 anni si viaggia prevalentemente con autobus delle autolinee private, con le quali qualche politico locale si mostra molto benevolo.

Nel Febbraio 1999, tuttavia, è stato redatto dalle Ferrovie dello Stato, a seguito di Delibera CIPE che stanziava 5 miliardi delle vecchie lire, uno studio tecnico-economico che prevedeva una ipotesi di ripristino funzionale, in prima fase, della sola tratta Sicignano-Casalbuono (che interessa la Regione Campania), con un investimento di 61,8 miliardi delle vecchie lire, con tempi di esecuzione dei lavori di 12 mesi.


Uno scorcio della fertile vallata


Successivamente, ed inspiegabilmente, veniva stipulato l'accordo n°1/02 del 21 Ottobre 2002, con il quale Regione Campania e Provincia di Salerno, a spese della Regione Campania (180.000 Euro), prendevano impegno per l'elaborazione di uno studio di fattibilità per il ripristino del collegamento ferroviario. Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., proprietaria della rete ferroviaria italiana, aveva già lo studio tecnico-economico del 1999, cosicché tale studio risultava del tutto inutile. La Corte dei Conti non bada a queste ulteriori spese? Eppure, da questo secondo studio si prevede un costo di oltre dieci volte il costo previsto dallo studio del 1999, già pagato dai contribuenti 5 miliardi delle vecchie lire: 400 MILIONI di EURO (quasi 800 miliardi delle vecchie lire).

Nel 2003, il parlamentare eletto nel collegio di Sala Consilina, l'on. Francesco Brusco, aveva ottenuto dei finanziamenti per la riattivazione del traffico su rotaia: 15 milioni di Euro, in tre annualità, stanziati dalla Legge Finanziaria 2003 e non utilizzati fino ad oggi. Questo mancato utilizzo è dovuto anche al fatto che l’assessore (pro-tempore) ai trasporti della Regione Campania, dopo essere venuto in campagna elettorale a sostenere la sua parte politica, facendo intravvedere la possibilità di riapertura al traffico delle linea ferroviaria, ha ritenuto anti-economico l’intervento, dopo aver incassato il consenso, quando si è effettivamente materializzata - con tempistica efficace - la pubblicazione del secondo studio di fattibilità.

 Una doppia vergogna, dal mio punto di vista:

1) si privano i cittadini di un servizio di trasporto eco-compatibile, costringendo gli stessi a prendere dei bus sostitutivi;

 2) si utilizzano soldi dei contribuenti per nuovi studi, quando erano stati già effettuati studi di fattibilità, decretando di fatto, per via del presunto ingente costo, l'abbandono definitivo di un'utile infrastruttura.

 I cittadini di uno Stato degno di questo nome vorrebbero sapere:
a)      perché due studi di fattibilità?
b)     quali dei due studi riporta il giusto ammontare delle spese di ripristino della linea ferroviaria?
c)     perché i cittadini non hanno mai ragione? Ovvero, se protestano perché non vogliono la TAV non vengono ascoltati e se, invece, protestano perché vogliono l’attivazione di una linea ferroviaria, nemmeno vengono ascoltati.

lunedì 9 maggio 2011

RACCOLTA FIRME A SALERNO




A Salerno, mercoledì 11 maggio 2011, contribuiremo alla raccolta firme per la legge regionale di iniziativa popolare sulla cultura e la diffusione dell'energia solare in Campania.

Dove: Presso il bar Moka, sala incontri, Corso V. Emanuele

Quando: ore 19:00

Con la legge di iniziativa popolare si vuole introdurre un nuovo modo di intendere il futuro modello di sviluppo del pianeta Terra. Per sconfiggere le cricche degli affari a danno dell'ambiente, firmiamo per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla cultura e la diffusione dell’energia solare in Campania.






LA MIA CANDIDATURA PER SALERNO

Dopo alcune osservazioni, apparse sulla stampa, sulla composizione della lista IdV per le elezioni amministrative del Comune di Salerno, mi preme rendere noto le ragioni della mia candidatura nella lista a sostegno di Rosa Egidio Masullo.

Sono ricercatore in Fisica presso l'ateneo salernitano. In passato sono stato responsabile provinciale e regionale dell'Osservatorio sulla legalità Onlus. Dopo aver accettato il ruolo di responsabile della sede Codacons del Vallo di Diano, tuttavia, mi son dimesso dalla carica ricoperta nell'Osservatorio, per poter essere più vicino alle istanze locali. Qualcuno ricorderà l'impengo profuso nella questione degli abusi edilizi nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, per i quali l'associazione che rappresento si è costituita parte civile in un processo da pochi mesi conclusosi con numerose condanne in primo grado.

Laureato presso l'ateneo salernitano con lode nel 1986, ho conseguito, nel 1987, un master presso University of Southern California di Los Angeles (USA), dove sono stato "teaching assistant". Ho ottenuto poi in Italia, nel 1992, un dottorato di ricerca con una tesi sui modelli matematici dei sistemi superconduttivi. Il mio impegno nella ricerca è testimoniato da un numero non banale di pubblicazioni su riviste internazionali. Ultimamente mi sono interessato di energie alternative e di modelli matematici per le malattie infettive. Ho contribuito, di recente, alla stesura di una legge regionale di iniziativa popolare sulla diffusione dell'energia solare in Campania. Collaboro da molto tempo con il periodico Orizzonti Nuovi dell'Italia dei Valori.

Competere con altri cinquecento candidati non è cosa semplice, ma non per il fatto che sono nato e risiedo in un paese della provincia. L’operazione di chiarezza fatta dalla nostra lista e dal nostro partito nell’affrontare la battaglia elettorale non è stata fatta da tante altre liste. Speriamo, tuttavia, che questa chiarezza paghi. Sono stato contento, poi, dell'attenzione che l'IdV ha voluto concedere alla mia storia professionale e sociale in questo frangente. Sono stato onorato di aver conosciuto Rosa Egidio Masullo, splendida figura professionale di donna con un apprezzato passato d’impegno sociale. E sono felice, infine, di poter trascorrere ancora giorni d’intensa attività a Salerno, come quando ero studente. Spendere forze e idee per questa meravigliosa città, che mi ha dato tanto e alla quale tanto vorrò dare, è per me motivo di vanto.

E anche se dall'urna non dovesse uscire un responso pienamente positivo, saprò di aver fatto quello che era giusto fare, con la convinzione che questa campagna elettorale non sarà certamente limitata dallo spazio effimero di uno scampolo di primavera. Infatti, l’arco di tempo che va da oggi al prossimo 15 maggio sarà da me vissuto come un’ennesima tappa dell’umile percorso personale che mi vede da molti anni impegnato per questa città e per questa provincia.

venerdì 6 maggio 2011

ZONE INDUSTRIALI E NON

Uno dei due rami del boschetto prima degli interventi di "urbanizzazione"
Con una legge regionale (L.R. 17/1998) si richiedeva alle Comunità Montane di stilare una “carta di destinazione d’uso del territorio” per individuare “le aree di prevalente interesse agrosilvo pastorale e di particolare pregio ambientale e paesistico, le linee d’uso delle risorse primarie e dello sviluppo residenziale produttivo, terziario, turistico e la rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale”. Con una certa inerzia, la Comunità Montana del Vallo di Diano, il 13 febbraio del 2003, riuscì a deliberare su uno studio in tal senso prodotto anche grazie a consulenze di esperti.

Che cosa si stabilisce nella “carta di destinazione d’uso del territorio” della Comunità Montana del Vallo di Diano, allora? A pag. 252 si elencano, tra le aree di particolare pregio ambientale e paesistico, anche le “macchie e boschetti paleo-palustri”. Ora, si potrebbe obiettare: ma chi definisce boschetto paleo-palustre quello della zona Cappuccini, in altre parole la zona “umida, malsana e limacciosa” che ritroviamo in alcuni scritti? A prova del fatto che tale è la definizione del boschetto che ospita una zona PIP, si può leggere una lettera, avente a oggetto la salvaguardia degli ambienti umidi del Vallo di Diano, inviata al sindaco del Comune di Sassano pro tempore e ad altre istituzioni locali da Salvatore Della Luna Maggio, responsabile territoriale dell’associazione ambientale ATAPS-FIPSAS. In questa lettera, sopravvissuta nel nostro protocollo, ancora si legge “nelle tavole delle aree d’interesse naturalistico della carta d’uso del territorio veniva evidenziata la macchia ed il relativo boschetto paleo-palustre della località Cappuccini in agro di Sassano”. Ciò “è emerso durante l’incontro che la Comunità Montana Vallo di Diano, attraverso i suoi uffici tecnici, ha tenuto il giorno 1 luglio 2003 presso il municipio di Sala Consilina”. Che cosa preoccupava Della Luna Maggio? Si legge nella stessa lettera: “Con grande sorpresa, nel corso dell’illustrazione delle successive tavole, si è evinto che nella cartografia riguardante le aree PIP della comunità montana, una delle due aree PIP del comune di Sassano insisteva sul boschetto palustre di Ponte Cappuccini”. Salvatore Della Luna Maggio chiedeva, infine (così come prevede la L.R. 17/98, d’altronde) che il Comune di Sassano rivedesse il piano regolatore, vecchio di quasi vent’anni all’epoca, alla luce di quanto emerso in sede di discussione il giorno 1 luglio 2003.  

Materiale di vario genere scaricato nell'area palustre.
E invece, l’amministrazione di Sassano, il 24 dicembre 2003 (D.C.C. n. 26/2003), approva il Piano Insediamento Produttivi. Il progetto prevedeva una strada nel boschetto (oggi parzialmente realizzata), che ne isolava i due rami irreversibilmente. La Regione Campania, senza preoccuparsi dell’assenza di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per l’opera infrastutturale da eseguirsi in una zona “di particolare pregio ambientale e paesistico”, finanziava il progetto per un importo di 808.205,05 EUR (del. G.R. n. 5450/02). L’importo totale dell’opera era di 861.954,17 EUR, di cui 53.699,12 a carico del Comune di Sassano. I risultati, tuttavia, sono quelli che i cittadini di Sassano hanno sotto gli occhi: una zona umida, che ospitava le specie arboree autoctone e specie avicole stanziali, è stata completamente snaturata. Il Corpo Forestale dello Stato è intervenuto, a seguito di un esposto presentato nel dicembre 2010 dal CODACONS locale, sequestrando, in data 20 gennaio 2011, buona parte dell’area. Le indagini della Magistratura vanno avanti. Si attendono gli esiti per comprendere più a fondo quali siano state le dinamiche amministrative che hanno portato una "zona di particolare pregio ambientale" a fungere (si fa per dire!) da "zona industriale.

mercoledì 4 maggio 2011

EROI MODERNI

Una piena giunta a valle nella prima mattinata del 3 maggio scorso ha provocato un'ennesima esondazione del fiume Tanagro. Prima dei lavori, finalmente iniziati alla fine del mese di marzo, veniva redatto questo accorato comunicato dalla Sede CODACONS del Vallo di Diano, che mi onoro di presiedere. Gli eroi moderni a cui si fa riferimento in questo scritto resistono ancora tenacemente a guardia delle campagne. A questi eroi dobbiamo molto. Ma fino a quando saranno capaci di resistere contro l'indifferenza di una società troppo distratta dal luccichio dei televisori? Queste lampade magiche non sono capaci di farci vedere la fatica e il sudore dei nostri eroi. A volte si soffermano sulla sofferenza delle loro famiglie, a compensansazione, forse, di tanti anni di indifferenza.

Lunga vita ai nostri eroi.    

IL COMITATO DI RIFERIMENTO DEGLI ALLUVIONATI DEL VALLO DI DIANO CHIEDE: “QUANDO INIZIERANNO I LAVORI?”
17-03-11
Il giorno 7 marzo u. s., presso la sede di Sala Consilina del Consorzio di Bonifica Vallo di Diano, sono state valutate le offerte delle ditte che hanno partecipato alla gara per l’assegnazione dei lavori di “somma urgenza” per la sistemazione degli argini del fiume Tanagro.
A ben quattro mesi dal 10 novembre 2010, giorno in cui gli eventi alluvionali ebbero luogo a causa della rottura degli argini del Tanagro e di corsi d’acqua paralleli in vari punti della vallata, e dopo varie successive esondazioni, l’appalto dei lavori, per un totale di cinquecentomila EUR, è stato affidato a due ditte costruttrici. La stampa locale, che ha ben seguito gli eventi e ha ben saputo rappresentare (in questo caso) il disagio dei cittadini, ha riportato prontamente la notizia della conclusione di questa prima parte dell’iter amministrativo d’urgenza. In un articolo apparso il giorno 9 marzo u. s., si precisava, inoltre, che i lavori sarebbero iniziati nei cinque giorni successivi e che avrebbero avuto una durata di due mesi. In merito a ciò, così si esprime il Comitato di Riferimento degli Alluvionati del Vallo di Diano.

Il Comitato auspica un rapido inizio delle attività di ripristino delle capacità di contenimento delle acque da parte degli argini del fiume Tanagro e dei canali paralleli, anche questi rotti in più punti. Il Comitato fa presente che sono passati ben oltre cinque giorni dalla data del 9 marzo u. s. e che il cielo continua a minacciare pioggia. I membri del Comitato, pertanto, per mezzo della loro rappresentante, Sig.ra Morello Teresa, chiedono se le notizie riportate sulla stampa possano non essere considerate solo promesse. La Sig.ra Morello afferma che bisognerebbe tener conto dello stato di disagio di intere famiglie che traggono sostentamento esclusivamente dal lavoro dei campi. Questo vivere  nell’incertezza del domani e nella speranza che il bel tempo possa durare, in modo tale da non vedere le proprie case invase dall’acqua e i campi danneggiati, mette a dura prova la tenuta psico-fisica anche di persone perfettamente in salute.

A questi eroi moderni, che abbiamo visto troppe volte in difficoltà in queste ultime settimane per via dei continui allagamenti della piana, va la nostra più convinta solidarietà. Esortiamo tutti ad accelerare i tempi di inizio dei lavori, prima che nuove piogge mettano a dura prova la resistenza di persone che, nonostante tutto, hanno dato, anche in condizioni così avverse, prova di grande dignità e compostezza.


Chiusa in prossimità del Ponte Cappuccini in Silla di Sassano

lunedì 2 maggio 2011

Il boschetto paleo-palustre di Sassano e il fiume Tanagro

Il boschetto paleo-palustre di Sassano nella foto del blog è incastonato tra due affluenti del Tanagro e costituisce l'ultima testimonianza della natura paludosa del Vallo di Diano antecedente alla bonifica. In esso si conservavano, prima di un intervento infrastrutturale finanziato con fondi pubblici che lo sta trasformando in "zona industriale", le specie arboree e faunistiche autoctone.

Nell'interrogazione parlamentare a risposta scritta, presentata dall'On. Leoluca Orlando e dall'On. Aniello Formisano, un resoconto più puntuale sullo stato del fiume Tanagro e della vallata.

Per completezza dell'informazione dobbiamo dire che, dopo l'interrogazione parlamentare, i lavori di ripristino degli argini del fiume Tanagro, rotti in più punti a causa delle esondazioni del novembre 2010, sono finalmente iniziati.


Foto scattata poco prima della rottura degli argini del fiume
Tanagro (09-11-2010)

Gli effetti di una delle tante esondazioni dopo la rottura degli
argini del fiume (in questa foto si riporta lo stato delle
campagne del giorno 17-11-2010)
------------------------------------------------------

Seduta n. 451 del 23/3/2011
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e ANIELLO FORMISANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. –

Per sapere - premesso che:

l'alluvione dei giorni 8, 9 e 10 novembre del 2010, dovuta all'esondazione del fiume Tanagro nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno, ha prodotto notevoli danni all'agricoltura, al territorio rurale e alle abitazioni civili. Alcune famiglie, che abitano nelle campagne ricadenti nel comprensorio, in prossimità delle rotture degli argini del fiume che attraversa longitudinalmente tutta la vallata, sono state soccorse dal locale comando dei carabinieri e dai vigili del fuoco con professionalità e abnegazione;

da allora, poco o nulla è stato fatto per rimuovere le cause dei continui allagamenti in pianura. In particolare, poco o nulla è stato fatto per riparare gli argini del fiume Tanagro, ormai scomparsi in più punti, tanto che, alle nuove piogge le acque fuoriescono liberamente dal fiume e invadono le abitazioni situate in campagna. La situazione è stata, peraltro, bene esposta sulla stampa locale, con interviste alla gente del luogo e agli amministratori locali. A circa quattro mesi dall'evento, questo continuo stato di emergenza sta seriamente danneggiando le famiglie che vivono del lavoro dei campi. L'angoscia in cui vivono gli agricoltori a ogni pioggia è palpabile: questi cittadini non solo sono preoccupati per l'attività principale che dà loro sostentamento, ma temono per la loro stessa incolumità. A fronte di questa situazione drammatica, quello che colpisce è l'inerzia delle istituzioni a prevenire questi eventi e a far fronte all'emergenza, cosa che certamente non è sfuggita ai cittadini del Vallo di Diano;

contrariamente alla vocazione agricola del territorio, inoltre, insediamenti produttivi crescono nella piana anche in siti di elevato pregio paesistico. Due esempi di zone industriali sorte, a circa cinque chilometri una dall'altra, in «siti di particolare pregio ambientale», così come definiti dalla «Carta di destinazione d'uso del territorio», adottata nel 2003 dalla comunità montana del Vallo di Diano: il «boschetto paleo-palustre» in località Cappuccini in Sassano e «l'areale della cicogna». Il primo sito è incastonato tra due affluenti del Tanagro e costituisce l'ultima testimonianza della natura paludosa della vallata antecedente alla bonifica. In esso si conservavano, prima dell'intervento infrastrutturale finanziato con fondi pubblici, le specie arboree e faunistiche autoctone; il secondo sito ospita il nido della cicogna bianca, che dal 1996 nidifica presso un incantevole tratto del Tanagro, adibito adesso ad area PIP;

gli enti pubblici, dal loro canto, da un lato affermano l'elevata valenza agricola e ambientale che la pianura riveste, dall'altro prontamente utilizzano i finanziamenti pubblici per infrastrutturare luoghi che andrebbero invece valorizzati per il loro intrinseco pregio paesistico. E ciò, nonostante la legge regionale n. 17 del 1998 della regione Campania che recita: «I Comuni orientano i loro piani regolatori alle indicazioni della carta di destinazione d'uso del territorio elaborata dalla Comunità Montana;

il fiume Tanagro, risorsa idrica e ambientale d'inestimabile valore, costituisce una tappa obbligata per le specie avicole migratorie. Per questa ragione, alcune associazioni ambientaliste (VAS Campania, CODACONS Sala Consilina, ATAPS-FIPSAS, WWF Campania, Associazione Risorse di Santa Marina, LIPU) chiesero, in data 15 dicembre 2005, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla regione Campania l'istituzione urgente di una zona di protezione speciale a norma della direttiva Uccelli del 2 aprile 1979. La regione Campania, per mezzo dell'assessorato alle politiche ambientali, propose, in data 15 dicembre 2005, sulla base della richiesta, in una riunione con i rappresentanti degli enti locali, una prima perimetrazione, che interessava i comuni di Sala Consilina, San Rufo, Sassano e Teggiano. Da allora, gli enti locali, nonostante fossero stati sollecitati dalla sede CODACONS locale in data 22 settembre 2006, non hanno mai presentato la perimetrazione dell'area per l'istituzione di una ZPS, mentre hanno lasciato libero il passo all'aggressione del cemento, nonostante gli obblighi previsti dalla legge regionale n. 17 del 1998;

gli interventi, compatibili con l'ambiente, per il rafforzamento delle sponde del fiume Tanagro sono stati insufficienti a prevenire le continue tracimazioni di questi giorni: ad ogni pioggia le acque del fiume sono fuoriuscite dagli argini invadendo i terreni agricoli ed i pianterreni delle abitazioni nelle località Sant'Agata e San Giovanni facendo registrare preoccupanti allagamenti, e i residenti delle zone Sant'Agata e San Giovanni che non vogliono continuare a vivere con il timore di essere sorpresi dalle acque del fiume Tanagro, denunciano che questa è la nona tracimazione dal 10 novembre -:

quali iniziative di competenza si intendano intraprendere e quali provvedimenti si intendano adottare per tutelare i legittimi diritti dei coltivatori diretti del Vallo di Diano;

se siano a conoscenza di iniziative dirette a istituire una ZPS lungo le sponde del fiume Tanagro;

se non si ritenga opportuno e urgente assumere le iniziative di competenza dirette a preservare l'integrità territoriale della vallata.

(4-11325)