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sabato 29 dicembre 2012

MAIALI E CANI NELLA PROSA DI ORWELL


« Intanto la vita era dura. L’inverno era rigido quanto lo era stato quello precedente, e i viveri erano anche più scarsi. Ancora una volta vennero ridotte tutte le razioni, eccetto quelle dei maiali e dei cani. Una eguaglianza delle razioni troppo rigida, spiegava Clarinetto, sarebbe stata contraria ai principi dell’Animalismo. In ogni caso egli non aveva difficoltà a dimostrare agli altri animali che, nonostante l’apparenza, in realtà essi non soffrivano di scarsità di cibo. Per il momento, certo, s’era trovato necessario venire a un nuovo razionamento (Clarinetto parlava sempre di “razionamento”, mai di “riduzione”), ma in confronto ai tempi di Jones si stava enormemente meglio. Leggendo le cifre con voce rapida e acuta, dimostrava loro minutamente che avevano più avena, più fieno, più rape che non ai tempi di Jones, che lavoravano un minor numero di ore, che bevevano acqua di miglior qualità, che vivevano più a lungo, che c’era un’assai minore mortalità infantile, che avevano più paglia per il loro letto e soffrivano meno per le pulci. Gli animali credevano ad ogni parola. » (G. Orwell, La fattoria degli animali, 1945).

Se volessimo trasporre il brano di Orwell, per riferirlo ai giorni nostri, non avremmo alcuna difficoltà nell'individuare i cani e i maiali di cui si parla, in modo figurato, nel famoso romanzo scritto nel lontano 1945. Ecco cosa vuole dire un classico: qualcosa che viene scritto in una particolare epoca ma che, col tempo, non perde la sua universale validità nella forma e nel contenuto. Efficace e, al tempo stesso, sconcertante la frase finale del passo di sopra. Clarinetto (anch'egli un maiale) che parla agli animali di come i tempi presenti, nonostante i sacrifici imposti, siano migliori di quelli in cui vi era Jones, il fattore: gli animali gli credono. Quanti Clarinetto conoscete in giro per la nostra Penisola pronti a negare l’evidenza e a raccontarci della necessità dei sacrifici che tutti noi, tranne - ovviamente - i maiali e i cani, dobbiamo fare?


La negatività fa male, dicono. Bisogna pensare positivo, anche quando questa maledetta crisi morde le carni di una società allo stremo. Avevamo cominciato a parlare per tempo, quindici anni fa circa: avevamo previsto che una classe dirigente inadeguata, propensa all’inciucio e alla cura dell’orticello proprio, di quello degli amici e degli amici degli amici, dei "clientes" e degli accoliti di turno, avrebbe portato la nostra vallata (e il Paese) allo sfascio. Ci dispiace dire che avevamo predetto quello che poi si è avverato. E ci dispiace prendere atto che, nella loro protervia e nella loro crassa  ignoranza, questi personaggi, cani e maiali insieme, hanno lasciato alla deriva milioni di persone, operai, dipendenti pubblici e non, piccoli e medi imprenditori, agricoltori, commercianti e artigiani. Adesso questi maiali e questi cani hanno abbandonato il territorio per rinchiudersi nei loro ambiti palazzi: a noi parlano attraverso i Clarinetto dei mass media, oppure seduti su comode sedie davanti a una telecamera. Mai in una piazza: non frequentano più galline, pecore, conigli, asini, mucche e cavalli, forse per paura di una rivolta. Ma noi, come gli animali di Orwell, crediamo a quello che ci dicono. E ci dicono che bisogna ancora portare la soma, più pesante di quella dello scorso anno, e che la nostra razione - già oggi scarsa - sarà ancora meno ricca il prossimo anno. 


Non parlano di “tagli”, ma di “razionalizzazione”. I loro attacchi alla dignità del lavoro non li definiscono “sottrazione di diritti”, ma “rilancio della competitività”. Non parlano di “recessione”, ma di “mancata crescita”. Sono maiali e cani, nella piena accezione Orwelliana dei due termini, e per giunta falsari linguistici. Sta a noi riconoscerli, alcuni vicini, altri lontani, alcuni ancora grondanti di bava per i lauti recenti pasti. Mandarli definitivamente a casa, nell'interesse di tutti, perché la politica possa tornare a essere onesto servizio, è dovere di ogni cittadino.



« Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. »  (G. Orwell, La fattoria degli animali, 1945).

lunedì 24 dicembre 2012

NONOSTANTE TUTTO... E' NATALE


In questi anni di crisi profonda le aziende sono alle prese con bilanci deficitari, le famiglie hanno difficoltà a far quadrare i conti, il lavoro scarseggia, i giovani stanno perdendo fiducia nel futuro. L'Italia è letteralmente in ginocchio per via di una parentesi economica recessiva di inaudita asprezza: la nostra vallata non fa eccezione alla genuflessione peninsulare.

In questi anni di crisi profonda, però, c'è sempre chi sa approfittarne per incassare qualche soldino in più: gli aumenti del costo dei beni di largo consumo sono sotto gli occhi di tutti; l'aumento dei prezzi dei carburanti fossili ha spinto alcune famiglie a limitare il riscaldamento degli ambienti e gli spostamenti con l'auto; l'aumento delle tariffe dei servizi sta giocando un ruolo importante nel deprimere la capacità di spesa dei singoli.

Tuttavia, come ogni anno, viene Natale e poi il Capodanno e l'Epifania. Le festività natalizie sono una buona occasione per stilare bilanci e per rammentarci, con nuovi e più arditi propositi per l'anno nuovo, delle finalità della nostra esistenza . In queste particolari feste, tuttavia, il pensiero va a quelle famiglie che hanno difficoltà economiche, a tutti i nostri giovani in cerca di un lavoro (non di uno purchessia!), alle aziende in crisi, agli operai e dipendenti delle stesse, a coloro i quali hanno perso la speranza in un futuro migliore, ai perseguitati dalle mafie (anche quelle legalizzate), ai bambini che chiedono un pasto, alle loro mamme disperate, ai padri che lavorano per pochi denari, alle persone recluse nelle carceri italiane e a tutti coloro i quali sono i primi nel "discorso della montagna".

E se vivere significa ancora qualcosa, si deve anche vivere per impegnarsi a fare in modo che si possano "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Perché "ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività e una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società".

Sono questi i propositi per il futuro. Questi gli auguri, affinché questa società possa di nuovo ritrovare uno spirito collettivo che porti a nuovi traguardi tecnico-scientifici e sociali; affinché la stessa società possa essere più giusta, più rispettosa delle regole e dei diritti dei singoli, più attenta all'ambiente, alla cultura e all'anelito di pace che promana dalle popolazioni, più libera dal pregiudizio e dall'odio per il diverso. Auguri sinceri a tutti, eccezion fatta per i farabutti che popolano le stanze del potere senza muovere un dito perché l'articolo 3 della Costituzione Italiana possa realizzarsi.    

sabato 15 dicembre 2012

UNA TRAPPOLA PER LA LUCE DEL SOLE


Questo “post” è dedicato a coloro i quali vogliano cimentarsi nella ricerca di nuove idee per l’utilizzo dell’energia solare. Nel 2006 la rivista European Journal of Physics pubblicò un’idea promettente. La propongo ai lettori del blog, essendo in parte padre dell’idea stessa. Formulo, infine, una proposta: una caldaia a energia solare.

Fig. 1   La cattura dei raggi solari attraverso un collettore, 
composto da due specchiM1 e M2, e un corpo perfettamente
assorbente B. In questa rappresentazione schematica i raggi
di luce sono le line traggiate gialle. F1 e V1 sono, rispettivamente, 
il fuoco e il vertice dello specchio parabolico M1

Il concetto di trappola di energia solare [1], ovvero di un sistema costituito da un collettore di luce solare e da un corpo perfettamente assorbente, può essere adoperato per ideare – come vedremo i seguito - un generatore di vapore. Innanzitutto, vediamo cosa si intende per “trappola di raggi solari”. Uno schema di questa “trappola” è dato in figura 1. La luce che promana dal Sole viene intercettata da uno specchio primario orientabile M1 a forma parabolica. Per le note proprietà della parabola, la luce “dall’infinito” viene concentrata nel fuoco F1. In prossimità di F1 viene posto uno specchio M2 a profilo ellittico (ad esempio). L’ellisse, a differenza della parabola, che ha un unico fuoco, possiede due fuochi distinti. Costruiamo M2 in modo tale che i suoi due fuochi corrispondano esattamente con F1 e V1. Lo specchio a profilo ellissoidale è denominato “Zozzaroide”, in onore del prof. Zozzaro Paolantonio che ne ha ipotizzato l’uso specifico. Operiamo quindi un piccolo foro nello specchio parabolico M1 in prossimità del suo vertice V1. In questo modo, tutta la luce intercettata dallo specchio primario potrà essere intrappolata in un corpo perfettamente assorbente B. Come costruire questo corpo B? Un’idea è espressa in figura 2: la didascalia ne specifica le caratteristiche. A questo punto siamo pronti per costruire la caldaia solare rappresentata in figura 3.


Fig. 2   Il corpo “perfettamente” assorbente B viene rappresentato come una cavità con pareti assorbenti. La luce del sole, riflettendosi nella cavità, cede la propria energia alla parete e, quest'ultima, all'acqua contenuta nella sfera di raggio R, che ha pareti isolanti e che ingloba la cavità. Dopo un certo numero di riflessioni, tutta l’energia radiante è trasferita all'acqua.

Nella “caldaia solare” in figura 3 il corpo assorbente è di forma cilindrica e la camicia esterna alla cavità, in cui avvengono le riflessioni della luce mostrate in figura 2, è parzialmente riempita di acqua. L’acqua non solo è riscaldata, ma è portata a ebollizione e il vapore surriscaldato è estratto come in figura 3. Naturalmente, la quantità di vapore generato all’istante di tempo t dipende in modo diretto dall’energia radiante che il sistema riceve, istantaneamente, dal sole. Sebbene questa caratteristica restringa il campo di applicazione dell’apparato, soprattutto per quanto concerne le applicazioni industriali tradizionali, è possibile individuare dei metodi di immagazzinamento dell’energia prodotta, preferibilmente anch’essi rispondenti alle caratteristiche di sostenibilità alle quali il concetto di caldaia solare si ispira, in modo da poter usufruire di questa stessa energia in maniera più controllata.

Fig. 3   Rappresentazione pittorica della “caldaia solare”. La scatola in basso a sinistra regola l’inseguimento solare dello specchio parabolico. Nella parte non rotante in basso è riprodotto l’ingresso e l’uscita di vapore.
La presente proposta di caldaia offre dei vantaggi nel campo della generazione diretta del vapore da fonte solare attualmente allo studio [2]. In questi sistemi, gli specchi parabolici, molto simili a quelli concepiti nel progetto Archimede di Carlo Rubbia, concentrano la luce del sole nel fuoco lineare, dove scorre un tubo in cui viene racchiusa acqua. Nelle centrali del progetto Archimede, al posto dell’acqua, si utilizza un liquido ad alta temperatura di ebollizione che possa trasferire calore, per convezione, ad una caldaia, nella quale viene prodotto vapore. Tra i vantaggi offerti dalla caldaia concettualmente ideata in questo lavoro, vi è quello che la temperatura del vapore surriscaldato non è limitata da effetti di dispersione del calore verso l’ambiente esterno, come avviene nei sistemi a concentrazione solare, sia che utilizzino un liquido convettivo sia che producano vapore in modo diretto. Inoltre, l’ingombro sul terreno di questi sistemi, che si potrebbero sviluppare anche in altezza, è minore rispetto ai tradizionali impianti a concentrazione, a parità di superficie efficace delle parabole esposte al sole.

Altre applicazioni del concetto di trappola di energia solare possono essere ideate, soprattutto nello sforzo di aiutare le popolazioni del Sud del Mondo, per le quali lo sfruttamento diretto della luce del sole potrebbe significare un inizio di un processo di sviluppo diverso da quello conosciuto dai paesi attualmente altamente industrializzati. Basti pensare alle possibili applicazioni nel campo della dissalazione dell’acqua marina, processo che potrebbe essere molto più efficace ed efficiente, se effettuato all’interno di una trappola solare. Proprio per uno strano destino di queste popolazioni, che sono molto ricche di energia solare, ma povere, in genere, di acqua, le applicazioni di questi sistemi potrebbero in parte alleviare le sofferenze prodotte da siccità cicliche o da quelle indotte dai mutamenti climatici in atto. Non sarebbe nemmeno troppo lontano dalla realtà ipotizzare, nel prossimo futuro, un processo di sviluppo industriale di queste aree completamente basato sulle energie rinnovabili, tra le quali l’energia solare.

[1] R. De Luca, F. Romeo, P. Zozzaro, Capturing sunlight, Eur. J. Phys. 27 (2006) 347-352.
[2] E. Zarza, L. Valenzuela, J. León, D. Weyers, M. Eickhoff, M. Eck , K. Hennecke, J. Solar Energy Eng. 124, 126 (2002).

domenica 2 dicembre 2012

PARCE SEPULTO: pietà per i nostri defunti

Ripropongo uno scritto, provocato dallo sdegno provato nel venire a conoscenza dei fatti narrati. Il clero ancora tace, la minoranza fa finta di nulla, la maggioranza intanto continua ad operare con i metodi descritti. 

Oggi apprendo che gli eredi di un anziano, che aveva acquistato un loculo per la propria sepoltura, si sono visti chiedere la "regolarizzazione dell'acquisto" nello stesso giorno del decesso del loro caro. Non ho altre parole di conforto... se non quelle scritte due anni fa.
    
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PARCE SEPULTO 

Come la famosa locuzione di Virgilio (Eneide, III, 41) sia diventata, oggi, lettera morta. Una delibera costringe i parenti dei defunti a nuovi esborsi di denaro per la sepoltura dei loro cari. Seppure l’atto amministrativo dovesse risultare tecnicamente ineccepibile, dal punto di vista umano e politico possiamo già da ora considerarlo un esecrabile obbrobrio.

Roberto De Luca - 4 Dicembre 2010 

Immagine dal sito http://keynes.scuole.
bo.it/studenti/delsorbom/indexvgilio.html
Accade che certa stampa e alcuni benpensanti restino indifferenti nei confronti di un avvenimento davvero singolare. Un’amministrazione, non avendo visto né sentito nulla per anni, immemore delle parole di Virgilio e della buona tradizione cristiana, scruta nelle cappelle cimiteriali per cercare, forse, un po’ di sollievo alla sofferenza delle casse comunali, gravate di tutte quelle spese di cui difficilmente ci si può sbarazzare. Le elezioni, infatti, implacabilmente arrivano ogni cinque anni. E allora, il “parce sepulto” virgiliano non ha più nulla da dire; diventa lettera morta. E quella stampa che ignora i gridi di allarme di chi stigmatizza questi comportamenti si rende complice di queste lugubri e offensive manovre di palazzo (se così possiamo definirle!). Ma l’ignoranza dei fatti si può sconfiggere con gridi sempre più alti e con accessi agli atti (già effettuati) e ricorsi amministrativi (da considerare). Un altro genere d’ignoranza è difficile da contrastare. E se persino gli uomini di cultura (o presunti tali) s’impegnano nel sostenere, a volte per mera convenienza spicciola, una classe dirigente incartapecorita, il compito diventa ancora più arduo. Questi stessi personaggi fanno finta di non sentire le cose che Saviano va ripetendo sulle elezioni amministrative. Infatti, non ci meravigliamo più nemmeno se spuntano iniziative di finta solidarietà nei confronti delle famiglie indigenti proprio in concomitanza con le competizioni elettorali: oggi si è giunti, percorrendo una strada a ritroso, alla Lauriana distribuzione della pasta. E non ci indigniamo se vicino le cabine nei seggi sostano i “candidati”, solo perché essi sono anche “rappresentanti di lista” designati in una concomitante tornata elettorale. Non ci colpiscono mega-cartelloni Hollywoodiani abusivi (ma invisibili alle forze di polizia urbana) e i manifesti (anch’essi abusivi) ancora affissi sui muri (chissà quanto abusivi). A quando vedremo le pistole mostrate a scopo intimidatorio? 

Tutti gli uomini sono mortali; non è questa una tautologia? E quella pietà per i morti, a volte, non è forse la stessa che ognuno di noi prova per l’intero genere umano, destinato all’inesorabile caducità dell’esistenza del singolo? E se Foscolo si domandava se fosse più accettabile il sonno all’ombra dei cipressi, qualora venisse consolato dal pianto dei nostri cari ancora in vita, da cosa sono confortati quei defunti ai cui cari arriva una richiesta di soldi per “regolarizzare” il diritto dei morti a riposare in pace? Che cosa è accaduto, allora? Noi lo diciamo con certezza (abbiamo i documenti!). Una persona cede il diritto alla sepoltura dietro corresponsione di danaro (e qui sospendiamo, solo per lo sconforto che proviamo, qualsiasi tipo di giudizio) a cittadini che hanno subito la perdita di un caro. A questa stessa persona viene revocata la concessione di una cappella cimiteriale di famiglia. A questo punto, l’amministrazione comunale che fa? Vede chi è sepolto nella cappella (una sorta di censimento delle persone defunte) e chiede ai parenti dei defunti di “regolarizzare” la concessione. Alla persona che ha ceduto il diritto alla sepoltura non chiede nulla? Forse nemmeno un euro, si sospetta. Aspettiamo adesso di leggere gli atti.
Virgilio: immagine dal sito http://keynes.scuole.
bo.it/studenti/delsorbom/indexvgilio.html

Il silenzio della minoranza “mista” è indicativo. Quello della maggioranza “mista” è indecente. Quello del clero è incomprensibile. Ma si sa. Se a denunciare le cose è una persona che nel 2005 ha avuto l’ardire (documentandosi) di parlare su una rete televisiva privata, nel fastidio generale, di camorra e cattiva gestione dei rifiuti (e poi non ha messo più piede in uno studio TV), allora potete ben capire quanto valga questa ulteriore documentata denuncia. Se, per assurdo, fosse stato un qualsiasi altro paladino dei diritti dei forti a parlare, fosse anche dell’orario di chiusura di un luogo pubblico, allora si sarebbero aperte le porte dell’informazione: inviti in TV locali; convegni di allegre, ma inquietanti, conventicole paramassoniche; pagine e pagine di quotidiani locali “amici”; e così via. Tuttavia, i nostri gridi non si leveranno solo su quella parte della stampa che correttamente interpreta il proprio ruolo sociale, indipendentemente dall’orientamento politico. Continueremo a gridare (se necessario) per onorare la tradizione cristiana della sepoltura, per rispettare un senso laico della morte (il “parce sepulto”) e per tutelare gli interessi di chi si vede recapitare a casa una missiva di richiesta di danaro per molti versi offensiva. 

Lasceremo che i paladini dei diritti del mondo alla rovescia pontifichino sull’immondizia (lo fanno bene!) e distribuiscano ricchi premi ai loro sodali. A noi non fanno paura il silenzio e l’indifferenza dei media attenti ai minimi sospiri del potere: ormai si magnificano solo le gesta degli amministratori che costruiscono zone industriali in siti di pregio ambientale o che si accorgono casualmente dell’esistenza di una delle migliaia di microdiscariche sul territorio. Che notizie, ragazzi!  Ma si tace, spudoratamente, sugli abusi edilizi in pieno Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Nonostante questi omertosi silenzi, anche di fronte a fatti socialmente gravi, continueremo a difendere la dignità delle persone, il senso della decenza e i diritti dei più deboli. E non solo con le parole.

venerdì 16 novembre 2012

IL TERRITORIO E I SUOI RAPPRESENTANTI


La politica sta abbandonando l’agorà per rinchiudersi nei palazzi: lo sconcerto di un militante


Le cronache dei quotidiani nazionali hanno messo in evidenza gravi situazioni, che investono tutti i partiti, dalla destra alla sinistra, su tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud. E per cercare di comprendere su quali basi una compagine politica dovrebbe agire a livello locale, riportiamo alcuni passi di una lunga lettera, scritta nel 2009 dai membri di un circolo territoriale locale, indirizzata ai vertici di una formazione politica nazionale.

Nella presente missiva vorremmo illustrare a Lei un po’ più in dettaglio la situazione politica nella nostra Regione. La Campania, come Ella ben sa, è afflitta da una metastasi (forse incurabile) chiamata camorra. Le infiltrazioni a livello istituzionale e politico di questa organizzazione malavitosa, insieme ad un’assenza di una vera strategia di sviluppo socio-economico da parte della classe dirigente locale, hanno prodotto i disastri che adesso abbiamo sotto gli occhi: pensi che circa il 25% della popolazione campana è oggi sotto la soglia della povertà. A questo si aggiunga il martirio di un territorio devastato dai rifiuti, dove l’unica regola è quella imposta dalla camorra: una società della conoscenza, che altrove è forse possibile individuare, lascia il posto, nelle nostre terre, ad una società della delinquenza. Ed i metodi camorristici permeano la vita sociale e si incuneano nella vita politica locale.

Comprendiamo bene i meccanismi di intercettazione dei consensi a livello locale; eppure, nonostante l’incitamento dei cittadini che vorrebbero la nostra presenza diffusa sul territorio, notiamo la fredda assenza dell’organizzazione di partito a livello provinciale e sub-provinciale. Non sappiamo come interpretare questo fatto; eppure, ci sembra che, per dare corpo alla partecipazione attiva di tutti alla vita politica, non si possano percorrere le strade della democrazia catodica. Bisogna riguadagnare lo spazio dell’agorà: solo così il nostro partito avrà un’opportunità di successo. Il contatto con i cittadini, il continuo trasferimento di notizie e dati, la presenza attiva e fattiva sul territorio sono compiti che non si possono affidare ad eletti cooptati dalle liste che hanno avversato il nostro partito nelle recenti campagne elettorali. Questi oneri (e questi onori) spettano ad una classe dirigente locale onesta e capace. Per realizzare tutto ciò si ha anche bisogno di risorse economiche, in quanto lo sforzo personale degli iscritti non può sopperire a tutte le esigenze organizzative (affitto di una piccola sede, spese di gestione, etc.). Vi è bisogno, allora, che almeno qualche “minima” somma di danaro di rimborsi elettorali possa fluire dalle arterie viscose del napoletano fino ai capillari del nostro asfittico territorio, stretto tra le maglie dell’usura e delle amministrazioni clientelari del posto.

Queste possono sembrare piccole cose, ma la fiducia delle persone, e dei giovani in particolare, in un’organizzazione partitica seria è fondamentale per porre le basi di una crescita organica di tutte le componenti, per poter un giorno cambiare la nostra società in meglio nel rispetto della legalità.  Infatti, se al magma sociale dell’illegalità associamo quello politico, dato dalle persone che trasmigrano, a seconda delle loro convenienze e di quelle dei loro accoliti, da un partito all'altro, portandosi dietro quel pacchetto di voti (acquisiti per lo più con metodi clientelari) che è appetito dalle piccole formazioni, la confusione voluta da chi ha metodi efficaci per la formazione del consenso di massa diviene perfetta.

La ricetta per l’azione politica locale era semplice:

i) sezioni aperte, operative e disponibili all'ascolto;
ii) capillare e costante attività di informazione del cittadino (porta a porta tradizionale);
iii) rappresentanza territoriale delle istanze che promanano dal comprensorio;
iv) utilizzazione delle nuove forme di comunicazione.

Sarebbe opportuno realizzare quanto espresso in sintesi dai membri del circolo territoriale locale, proprio in questo periodo in cui gli agguati scilipotiani si moltiplicano in tutti partiti, nessuno escluso; nulla di quanto scritto, tuttavia, si è realizzato nel Vallo di Diano.

E così, lo sconcerto odierno alla vista della delegazione che ha incontrato l'on. Di Pietro a Salerno, non può che essere un altro segnale di confusione che la politica sta ingenerando nei militanti. Chi scrive è stato a lungo un sostenitore dell'IdV ed è, ancora oggi, un iscritto al partito. Nel 2001 è stato candidato alla Camera dei Deputati nel collegio elettorale 22 di Vallo della Lucania, mentre l'avv. Borea era il candidato di Forza Italia al Senato. Nel 2009 è stato candidato a sindaco nelle elezioni amministrative di Sala Consilina, mentre l’avv. Paladino era il candidato di una lista opposta all'IdV. Entrambi i legali facevano parte di una non numerosa delegazione a colloquio con l’on. Di Pietro per tentare di salvare il tribunale di Sala Consilina: sarebbe stata opportuna, tuttavia, secondo il parere di chi scrive, una diversa composizione della delegazione per questa pur meritoria azione.

Questa confusione, per la quale le patate si mescolano con le pere, è tuttavia funzionale a chi, localmente, sta tentando in tutti i modi di rimanere abbarbicato ad un sistema di potere che, negli anni, ha ingenerato solo regressione socio-economica. Della necessità di rimanere nell'orbita del palazzo sono ben consapevoli le persone che gestiscono l’economia e la finanza, in genere. Accoppiare al potere economico-finanziario quello politico-amministrativo costituisce, infatti, la quadratura del cerchio “magico” (quello politico-affaristico). Di questo i nostri concittadini dovrebbero rendersi conto, perché la speranza di una rinascita del nostro territorio non sia abbandonata a favore delle prospere attività della variegata e trasversale casta del potere locale. Questa casta ha interesse a occupare ogni spazio politico, affinché tutto cambi, perché tutto resti – gattopardescamente - come prima. Le storie delle persone non devono contare più: devono contare solo i legami trasversali, gli interessi della casta, la gestione del potere di pochi a danno di molti. Per portare a termine il sacco della vallata, il furto delle ricchezze e della dignità, hanno bisogno di occupare gli spazi politici, in silenzio, subdolamente. A questo dobbiamo finalmente ribellarci. Tutti.      

domenica 11 novembre 2012

FEDERALISMO NEL VALLO DI DIANO




Uno scritto del 13 settembre 2008 che mi piace riproporre ai cittadini del Vallo di Diano, per eventuali discussioni o commenti. Per fortuna, dal 2008 ad oggi qualche cosa è cambiata: la freccia del tempo che, inesorabilmente, punta verso il futuro, sembra stia prendendo il suo corso anche nella nostra vallata.

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Vige già una sorta di federalismo legislativo nel nostro Vallo di Diano? Questa domanda ci assilla da quando andiamo notando che le regole che vengono rispettate nel resto della nostra Nazione (o almeno nella parte sana della penisola) sembrano non valere in questo lembo di terra, collocato nel mezzo, tra le asperità montuose della Basilicata e il dolce degradare delle ultime colline cilentane verso la piana del Sele. Amena terra e fertile, rigogliosa per le attività di scambio commerciale e per l’ingegno dei suoi abitanti. 

Terra del risparmio e del senso del dovere; terra della fatica nei campi; terra di lavoro. Terra dei libri nemici dei potenti. Terra dove i seguaci di Carlo Pisacane hanno trovato la morte; nessun rivoluzionario, o presunto tale, qui vivrebbe molto a lungo: troverebbe subito un balordo disposto a tradirlo, anche senza compenso in danari. Si farebbe bello, così, agli occhi dei tronfi signorotti del posto, che ogni anno inventano nuove manifestazioni ludiche da finanziare (rigorosamente) con soldi pubblici. E più soldi sono e meglio è, per tutti loro. Terra di vite spezzate dall'illegalità; terra della bellezza dell’acqua che sgorga copiosa dalle sorgenti; terra del degrado ambientale. Terra dove le rondini trovano la stessa sorte di Pisacane: anch'esse straniere in terra straniera; anch'esse tradite per una promessa di ospitalità non mantenuta.

 Terra dove le amministrazioni locali costruiscono zone industriali nelle aree di pregio ambientale e tutto va bene. Terra dove la cicogna viene monitorata, ma poi, se possono, le rovinano l’habitat, inquinandole i corsi d’acqua e costruendo capannoni industriali dappertutto in aperta campagna; le costruzioni vengono abbandonate il mese successivo al loro completamento, ma portano vistose insegne sulle loro facciate. Terra dei corsi d’acqua spumeggianti, dove chi vigila spedisce sempre fax e chi riceve i fax arriva sempre in ritardo, così che la schiuma riappare dopo questa sorta di ballo del qua-qua. Terra delle morie di pesci e delle notizie negate da una qualsivoglia TV locale, che non fa mai nomi, perché non sta bene; se poi sei un amministratore di un ente, il nome si fa, la lode abbonda e sei santo subito e intoccabile a vita, e non solo per una qualsivoglia TV locale. 

Terra di traffici e malaffare, ma che nessuno parli, perché non sta proprio bene. Terra che quando ti ammali puoi bere superalcolici al punto di ristoro più vicino al tuo letto di degenza. Terra che quando vai in montagna per le escursioni ad alta quota ci trovi dei panzer coi cingoli e tutti dicono che va bene, anche se pensavi di stare in un'area protetta. Terra che se non sei moglie di un consigliere comunale non trovi facilmente collocazione. Terra che se lavori trent'anni da precario, muori precario, anche nelle amministrazioni locali. Terra che se non ti fai gli affari tuoi ti prendono per idiota, specie poi se parli della vacuità delle informazioni che una qualsivoglia TV locale propina ai tuoi concittadini. 

Terra che gli affari propri se li fanno soprattutto gli amministratori, senza che una qualsivoglia TV locale denunci un tubo. Terra che se provi a spiegare le cose elementari sei un saccente. Terra che se si avvelenano i terreni nessuno fiata; i politici ammutoliscono per mesi; una qualsivoglia TV locale fa finta di non conoscere i fatti. Terra che se sei delinquente e hai soldi vieni rispettato dalla gente. Terra che basta essere delinquente per essere rispettato dalla gente. Terra che se sei un amministratore delinquente coi soldi sei un padreterno. Terra che non perdona chi non è o non sa fare il delinquente.

Ecco, forse si potrebbe continuare di questo passo. Certo, la conformazione orografica del territorio aiuta questo isolamento culturale, che viene difeso da quella parte della classe dirigente cresciuta e fiorita in loco; eppure le regole sociali non dovrebbero trovare ostacoli nelle catene montuose. A noi però sembra che la cultura della legalità si infranga rovinosamente sui monti Alburni, cosicché anche le più modeste espressioni di una società eticamente integra sembrano fermarsi ad Eboli; e lo diciamo chiaramente, mentre una qualsivoglia TV locale dirà che sono solo sciocchezze, che i pesticidi non fanno male, che le zone industriali nella vallata sono volano di sviluppo, e via negando tutto quanto affermato sopra. O non dirà nulla affatto, per non smentire la buona tradizione dell’omertà diffusa e promossa in questi anni. O, peggio, tesserà solo le lodi dei signorotti del posto e racconterà qualche disavventura di qualche povero cristo; di quelli che non potranno mai protestare, forse per carenza di mezzi, contro i cuori impavidi che si celano (ben nascosti, si immagina!) nelle redazioni di una qualsivoglia TV locale.

Roberto De Luca
Sabato, 13 Settembre 2008

sabato 3 novembre 2012

L'informazione è puntuale su due temi, ma la distrazione è generale


  • DEPURATORI (O DETURPATORI?) E AMIANTO

Il depuratore di San Giovanni a Sala Consilina come un
boccale di birra con schiuma...
La situazione al 30-10-2012 è descritta nelle foto che seguono, nonostante le nostre denunce già inviate alla stampa il 08-10-2012 (comunicato pubblicato da Valloweb). Il giorno 12-10-2012, attraverso l'intervista che si riporta sotto, si ribadisce quanto avevamo affermato nel comunicato. Durante il sopralluogo del 06-10-2012 non avevamo scattato delle foto, ma avevamo rilevato una situazione pressoché identica a quanto riportato in un blog precedente e filmata da UNOTV. Oggi siamo in possesso di alcune recenti foto, che vorremmo mostrare ai cittadini salesi. Un secondo intervento di UNOTV sulla questione.
Una veduta ravvicinata della schiuma.

  • 12/10/2012 - Sala Consilina : Depuratore comunale. Il Codacons: “Situazione pessima”

“Nel corso degli ultimi 15 anni niente è cambiato per quel che riguarda il depuratore di località San Giovanni, a Sala Consilina. La situazione continua ad essere critica”. E’ la denuncia del Codacons Vallo di Diano, nella persona del responsabile della sede locale, Roberto De Luca. 
Che, nell’intervista seguente, aggiunge: “Siamo sicuri che l’impianto sia a norma?” 

  • Il Codacons Vallo di Diano è tornato sulla questione relativa al depuratore di Sala Consilina. Qual è la situazione?
"Riferendomi al sopralluogo effettuato sabato 6 ottobre sul posto, devo dire che la situazione è pessima, purtroppo. Lo scolo delle acque, così come rilevato un anno fa da un’emittente locale, emanava ancora un puzzo orrendo e rilasciava liquidi palesemente inquinanti nell’ambiente. 
Amianto comodamente smaltito sotto il sottopasso
della SA-RC che porta allo scolo del depuratore nel canale
adiacente la stessa autostrada  in località San Giovanni
(Sala Consilina, 30-10-2012).
Tale situazione è del tutto identica a quanto rilevato ben 15 anni fa dal sottoscritto nello stesso luogo. Tutti i dettagli, anche i rilievi fotografici, sono stati riportati su “Le pagine di Erò” nel 1997. Copie di questo periodico possono essere ancora reperite nelle biblioteche locali"


  • Cosa le hanno evidenziato, in particolare, i residenti?
"Alcuni di loro dubitano del fatto che l’impianto sia a norma di legge. 
Il ragionamento è semplice: se fosse a norma, l’impianto non rilascerebbe tanti cattivi odori e liquidi pressocché identici a quelli in entrata. Alcuni dicono che l’impianto è stato riattivato solo da qualche tempo, essendo stato fermo per anni. Queste cose, tuttavia, non devono essere appurate da un’associazione, che ha solo il dovere di mettere in rilievo i problemi di carattere ambientale"



  • In che stato sono i depuratori dei comuni del Vallo e quanto finiscono per incidere sull’ambiente e, quindi, sulla salute dei cittadini?
Residui di un incendio appiccato sotto un sottopasso
dell'autostrada SA-RC in località San Giovanni
(Sala Consilina, 30-10-2012).
"Su questo aspetto ho scritto da tempo, a cominciare proprio dagli articoli apparsi anni fa su “Le pagine di Erò”. In effetti, potrei solamente dire che le cronache attuali parlano chiaro: a Padula si è avuto un episodio simile a quello che denunciamo per San Giovanni di Sala Consilina.
Ad Atena Lucania si è giunti addirittura al sequestro giudiziario di un impianto. Mi piacerebbe, infine, rispondere e chiudere con le parole del dott. Pappafico di Sala Consilina - Le Pagine di Erò (Luglio 1997): “L’inquinamento sarebbe evitabile ma alle condizioni di una seria politica del disinquinamento non affidata alla gestione politico-affaristica né ai manutengoli o alle lobbies ben note del puro profitto sulla pelle dei cittadini”.
- Cono D'Elia - www.ondanews.it -





  • RANDAGISMO

Su questo argomento era stato già redatto un post, qui un aggiornamento, con due diversi approcci al problema.


  • 12/10/2012 - Sala Consilina : Emergenza randagismo. L’allevatore: “In 6 mesi nulla è stato fatto”

Sono trascorsi ormai 6 mesi da quando un branco di cani ha attaccato e ucciso un vitello all’interno di un’azienda agricola nel territorio di Sala Consilina ma, nonostante il grido d’allarme ed i ripetuti appelli da parte dell’allevatore, che ha più volte auspicato interventi celeri e decisi, per via dei ripetuti e continuati attacchi da parte dei randagi, poco o nulla sembra essersi mosso. 
“Sono sempre più sconcertato e scoraggiato – afferma l’uomo – ma al tempo stesso non voglio che tutto ciò, come accaduto per altre vicende, finisca nel dimenticatoio e con un nulla di fatto. 
Nel tempo ci sono state le rassicurazioni e le promesse di rito, da parte degli enti preposti, ma nulla si è concretizzato" sostiene l’allevatore. Che sottolinea come, invece, i disagi siano aumentati.
“Il branco è ancora più grande rispetto a qualche settimana fa e oltre a dover fare i conti con i ripetuti tentativi, da parte dei cani affamati, di aggredire i miei bovini, siamo costretti a sorbirci i relativi rumori molesti, nel corso della notte. 
Le reti metalliche di protezione che ho installato per proteggere i miei animali, finora hanno retto ma i randagi scavano sempre di più alla base delle stesse, nel tentativo di penetrare all’interno della stalla. Capisco – aggiunge - che non sia facile trovare una soluzione, ma non è semplice neanche per me convivere con tale realtà. Non smetterò di evidenziare i disagi fino a quando qualcosa non cambierà”. 

- Cono D'Elia - www.ondanews.it -
 


08/06/12 - Vallo di Diano: allarme randagismo…e il canile comprensoriale ancora non funziona (articolo completo)

Si acuisce sempre di più il problema del randagismo nel Vallo di Diano.... La prima pietra del canile era stata posta a maggio del 2009 ed in quella circostanza era stato annunciato che entro la fine dell’anno l’opera sarebbe stata completata. Il primo finanziamento ottenuto dalla Comunità Montana però non è stato sufficiente a completare la struttura. L’Ente Montano confidava nella devoluzione di un mutuo che avrebbe dovuto avere in concessione per l’acquisto di alcuni immobili. Il mutuo però non è stato concesso e quindi la possibilità di ottenere i circa 400mila Euro sufficienti per ultimare l’opera non si sono resi disponibili. Il Presidente della Comunità Montana Raffaele Accetta si è dichiarato ottimista sui tempi per il completamento del canile anche perché sono al vaglio diverse soluzioni per poter ottenere i fondi necessari, o un investimento da parte dei Comuni oppure la richiesta di un mutuo. Tra l’altro nella stessa struttura del canile potrebbero essere trasferiti anche gli uffici del servizio veterinario del distretto sanitario di Sala Consilina garantendo così una buona presenza di veterinari. Il canile una volta completato sarà in grado di ospitare circa 250 cani in una struttura dotata di sala operatoria, pronto soccorso, sala radiologia, sala accoglienza per i cuccioli ed infermeria.

-italia2tv-

venerdì 26 ottobre 2012

Il "post" del lavoro

La crisi economica in atto è gravissima e gravissime sono le conseguenze sociali. La disoccupazione, male endemico dei territori interni e marginalizzati, quale anche il Vallo di Diano, sta assumendo dimensioni mai conosciute prima. Non c'è bisogno di statistiche, infatti, per notare quanto disagio sociale vi sia nei nostri paesi e, nonostante la diffusione del fenomeno della crescita della disoccupazione giovanile e non, quante siano scarse le risposte che provengono dalle istituzioni a sostegno dell'occupazione.

Una proposta di creare una banca dati efficace per far incontrare, localmente, la domanda e l'offerta di lavoro e per far conoscere alle imprese locali le competenze in possesso dei nostri giovani viene proprio da un "cervello in fuga" dal Vallo di Diano. Ma quanto distante è attualmente il sentire delle pubbliche amministrazioni dai bisogni concreti dei cittadini e del territorio? Questa distanza si misura in anni luce, non più in chilometri. Basti  notare con quanto ardore si sta, in questi giorni, affrontando il falso problema della scelta del candidato alla guida delle coalizioni nelle prossime elezioni politiche, piuttosto che pensare ai progetti da mettere in campo per salvare la Nazione (verbo non inteso nell'accezione esiziale corrente, tuttavia). Qui ci permettiamo di fare una semplicissima proposta agli Enti Locali, sperando che gli illuminati amministratori non considerino la stessa con la solita saccente protervia.  
Biomassa che cresce naturalmente nel canale parallelo al
fiume Tanagro in località S. Agata. Se raccolta, questa
biomassa potrebbe essere utilizzata per il riscaldamento degli
edifici pubblici e non ostruirebbe, d'inverno, il fluire delle
acque piovane.

Partiamo da una considerazione: fino a qualche anno fa si usava la legna per riscaldare le case. Oggi, invece, si usano - in genere - carburanti fossili per alimentare le caldaie degli edifici pubblici (case comunali, scuole, ospedali, uffici, etc.). La combustione in loco di petrolio e suoi derivati presuppone l'estrazione e il trasporto del greggio, il trattamento dello stesso e un secondo trasporto del prodotto raffinato ai distributori. Questi ultimi, infine, forniscono l'Ente pubblico del necessario per riscaldare gli ambienti (vedi figura 1). Per i gas naturali, saltando il passaggio del trattamento, il viaggio fino alla meta ultima è pressoché identico. Per far diminuire il fabbisogno di carburante si potrebbe (e forse si dovrebbe) fare in modo che gli edifici siano meglio isolati dagli agenti atmosferici (sia dal caldo eccessivo sia dal freddo, quindi).
Percorso del petrolio per arrivare ad essere utilizzato come 
carburante per il riscaldamento degli ambienti. L'utilizzo di 
questo combustibile non solo introduce un inquinamento 
"non autoctono", ma incoraggia la trivellazione di zone al 
momento lontane.

Supponiamo adesso che i nostri edifici pubblici (ragionando a livello comprensoriale, come suggeriva il compianto Gerardo Ritorto, in questa proposta) abbiano a disposizione una piccola caldaia per bruciare biomassa. Per biomassa qui intendiamo solo l'insieme degli scarti agricoli e forestali, o qualche specifica coltivazione arborea effettuata in terreni non utilizzabili per l'agricoltura. I nostri paesi sono ricchi di questa materia prima, reperibile sugli argini delle strade, sulle sponde dei fiumi, nei campi in pianura o sui monti circostanti. Non tanto ricchi, tuttavia, per alimentare super-centrali, come quella che qualche Solone locale (forse spalleggiato da qualche allegra combriccola) avrebbe voluto costruire nel mezzo della vallata. Per effettuare una stima del numero di caldaie che possiamo alimentare, si dovrebbero censire boschi, macchie e terreni nel Vallo per conoscere il quantitativo di biomassa che è possibile ottenere in un anno. Bruciando biomassa locale, gli scarti della combustione ritorneranno all'ambiente e verranno assorbiti di nuovo dalle piante, non producendo così alcun saldo attivo di sostanze di scarto immesse nell'ambiente, come mostrato nella figura 2.

Filiera cortissima per il riscaldamento degli ambienti. L'utilizzo 
di biomassa non introduce alcun saldo netto di inquinamento,
potrebbe risolvere alcuni problemi occupazionali, creare 
ricchezza locale e, infine, prevenire la combustione di boschi
e macchie durante i mesi estivi. 
Ma, ci domandiamo, è solo questo il beneficio? Assolutamente no. Un beneficio importante è quello che, se facciamo a meno di bruciare petrolio o gas naturali, ci arricchiamo, invece di far arricchire le solite compagnie. In che modo? Immaginiamo che l'Ente pubblico sia disposto a pagare una frazione del controvalore di circa 1,70 EUR per 3,0 Kg di biomassa* preparata in modo da essere bruciata nelle caldaie che si hanno nelle cantine.

Perché una data frazione di 1,70 EUR e perché proprio 3,0 Kg? Perché la prima è una frazione della somma che si spenderebbe per un litro di gasolio (prezzi attuali) e la seconda è la quantità di legname (stimata in eccesso) che si dovrebbe bruciare per ottenere la stessa energia che otteniamo dalla combustione del litro di gasolio stesso. La stima della frazione adeguata da corrispondere alla filiera locale andrebbe fatta con uno studio di fattibilità redatto da esperti. A chi vanno alla fine questi soldi? Ed ecco qui il significato del "post" del lavoro.

L'organizzazione della raccolta della biomassa non è cosa semplice (come potrebbe sembrare a primo acchito) e non poco faticosa; un semplice impianto di trattamento per la triturazione e la pressatura del prodotto, poi, non si gestisce in modo gratuito. Pertanto, quei denari andrebbero a tutta la filiera della raccolta della materia grezza e della preparazione del prodotto finale in tronchetti (ad esempio). La filiera (cortissima) di produzione dovrebbe quindi fornire pezzi di dimensione predefinite per alimentare le caldaie degli enti pubblici. In questo modo quei soldini che andavano a impinguare le casse delle multinazionali del petrolio, che portano inquinamento "non autoctono" da lontani pozzi petroliferi, potrebbero restare in loco. E non solo. In questo modo si combatterà la disoccupazione, avendo creato posti di lavoro tesi ad allontanare, in modo intelligente, il rischio dell'avvento delle trivelle in queste terre.

La bellezza dei luoghi risplenderebbe per mezzo dell'intervento continuo dell'uomo e il biglietto di presentazione della vallata alle "oil companies" sarebbe un bel paesaggio e monti e fiumi, e corsi d'acqua e campagne ben tenuti. Lo stesso discorso, se si vuole, si potrebbe fare con la gestione del bene acqua, "mutatis mutandis". Ma forse qualcuno si è distratto un poco su quest'ultimo argomento. Anzi, in un paese del Vallo di Diano che conta fior di professionisti, si è deliberato di affidare il Piano Energetico Comunale ad una (stra)nota azienda per la gestione idrica. Tentano forse di buttare "acqua sul fuoco"? Bontà loro!

Il segreto, quindi, non è solo pensare in modo critico "globalmente" (comodo per non farsi nemici "localmente"), ma far seguire, a questi pensieri critici, anche l'azione sul posto. E bisogna cominciare, per questo, dagli Enti locali, perché diano un esempio alle famiglie. Infatti, la filiera che si creerebbe per far fronte alle necessità degli edifici pubblici potrebbe essere in grado, col tempo, utilizzando colture arboree specifiche, di soddisfare la domanda di energia che promana dalle famiglie. A patto che queste idee, che non vengono da Marte, possano essere prese in seria considerazione dalle persone giuste, che hanno a cuore il futuro del globo e del nostro territorio e non solo quello delle proprie casse e di quelle dei propri "clientes". Soprattutto, poi, se queste casse fanno acqua, anche se l'acqua fa già la cassa. "Intelligenti pauca".



* Il prezzo di mercato della legna da ardere, per quello che può essere dedotto dalle offerte presenti su rete, è di circa 15 EUR al quintale.

domenica 21 ottobre 2012

Cattedrali nel Vallo (per i rifiuti e lo sport)


Il Consorzio Centro Sportivo Meridionale Bacino SA/3, che per lungo tempo ha gestito la raccolta dei rifiuti e lo sport nel Vallo di Diano, è stato costituito nel 1998, subentrando al Consorzio Comuni Depressi, voluto, negli anni ’70, dal Sen. Enrico Quaranta (PSI) per la costruzione del Centro Sportivo Meridionale (CSMe). Nel 1972 si metteva la prima pietra di questo grande complesso sportivo, che occupa 15 ettari di terreno, con un contributo da parte della Cassa per il Mezzogiorno di 14-15 miliardi circa. Il CSMe è tuttora il più grande centro sportivo dell’intero Meridione. Nel 1981 si completavano i lavori, ma le piscine non andavano in funzione (esse sono state completate, con ulteriori finanziamenti, solo negli anni 2000). La prima manifestazione sportiva di inaugurazione del 1981 prevedeva, infatti, solo gare di atletica (per inciso, non si ricordano altre manifestazioni simili in seguito). Vi è stato anche un certo interesse alla gestione degli impianti da parte di una società del gruppo FININVEST, ma poi non si è fatto più nulla. Nei Mondiali del 1990 la Romania aveva espresso il desiderio di voler trascorrere un periodo di ritiro al CSMe, ma poi anche questa opportunità doveva sfumare nel nulla. Una vera e propria cattedrale nel deserto, insomma, come si vede dalla foto della struttura.

Questo Centro è nato per volontà dell’On. Enrico Quaranta ed è stato inaugurato dal Presidente dell’epoca Gerardo Ritorto, persone purtroppo decedute e oggi compiante da molti. Partirò dal documento scritto dal Presidente Ritorto in occasione dell’inaugurazione del Centro nel 1981, analizzando lo stesso documento punto per punto e cercando di essere critico riguardo all’analisi svolta dal politico, nel più pieno rispetto per la persona, che molti ricordano come amabile e, allo stesso tempo, positivamente concreta.

La mancanza di infrastrutture per lo sport ed il tempo libero, il disinteresse degli Enti Locali per i problemi dei giovani, una legislazione “ottocentesca” che non permette alla “spesa pubblica” di rivolgersi con maggiore interesse a questo primario settore dei servizi sociali, hanno contribuito ad un più forte isolamento delle aree interne.

Questo primo passaggio mi trova completamente in disaccordo non tanto con l’analisi sociale che il Presidente Ritorto fa del nostro territorio, quanto sulle cause dell’isolamento delle zone interne. Il contributo dell’assenza delle infrastrutture sportive al fenomeno dello spopolamento e del depauperamento sociale delle zone interne è marginale rispetto all’endemico problema della mancata adozione, da parte degli Enti Locali, che lo stesso Ritorto addita come responsabili del fenomeno, di una strategia di sviluppo possibile e sostenibile.  È da comprendere, però, il tentativo del politico di giustificare un’opera faraonica costata 15 miliardi di lire oltre quaranta anni fa e oggi ancora parzialmente inutilizzata. Quest’opera, largamente sovradimensionata per le esigenze delle giovani generazioni del posto, avrebbe dovuto ospitare eventi di richiamo nazionale ed internazionale, ma tutti sanno come sono andate a finire le cose. Così, l’opera è servita quasi da obelisco, a memoria di un passaggio politico (forse anche largamente criticabile) che tanta speranza aveva infuso nell’animo della gente del luogo. A distanza di quarant’anni possiamo giudicare con occhi sereni tali vicende e comprendere l’esigenza che all’epoca si aveva di allargare il consenso politico attorno un partito con grosse potenzialità di crescita, poi travolto da Tangentopoli. Un partito che, purtroppo, negli anni ’80 ha contribuito non poco al degrado sociale e morale della nostra nazione e, in particolare, del nostro Sud, diffondendo capillarmente una visione distorta dell’azione politica. Il politico, ancora oggi, è qui considerato l’elargitore di posti, di favori e di prebende e non è visto, per la maggior parte dei nostri conterranei, una persona dedita alla ricerca delle vie per lo sviluppo del territorio. Un politico che intendesse la sua attività come onesto servizio, infatti, non godrebbe localmente del favore dei clientes e quindi non potrebbe avere un seguito elettorale cospicuo.
 
I giovani, in special modo, preferiscono individuare occasioni di lavoro nelle aree metropolitane più attrezzate alimentando, anche per questo, lo squilibrio territoriale.

Ancora un passaggio da criticare, ma che coglie il problema dello squilibrio territoriale, che, secondo chi scrive, è dovuto soprattutto alla carenza di infrastrutture primarie (reti idriche e fognarie efficienti, reti viarie sicure, servizio di trasporto pubblico capillare, strutture scolastiche adeguate, etc.) piuttosto che all’assenza di infrastrutture sportive, che pur potrebbero contribuire al fenomeno, ma in modo poco rilevante. E qui ribadisco che il fenomeno dello spopolamento delle zone interne è soprattutto dovuto all’assenza di un’offerta di lavoro in loco, piuttosto che all’assenza degli stadi di calcio. Di questa cosa ci danno (purtroppo!) ragione gli anni che sono trascorsi dal 1981 ad oggi.

La continua ricerca di una diversa qualità della vita, la intuizione e la costanza di un Amministratore, il sen. Enrico Quaranta, Sottosegretario al Turismo, hanno consentito la realizzazione del Centro Sportivo Meridionale che rappresenta una concreta testimonianza di gestione comprensoriale del territorio, nelle linee progettuali della “Città di Vallo di Diano”.

Diamo qui atto di una visione politica alta e di una capacità progettuale ad ampio respiro del Presidente Ritorto. Peccato che a questa testimonianza di gestione comprensoriale del territorio non sia seguita un’opera concreta in altri campi, quali il trasporto pubblico, ad esempio. Ed allora ci si chiede, è stata davvero la scelta giusta, dal punto di vista politico, investire svariati miliardi dell’epoca in un’opera così come la conosciamo oggi? La domanda è retorica, lo comprendo, ma non possiamo non porci questa domanda, se vogliamo comprendere come determinati metodi, che io oserei definire assolutistici, per i quali un territorio viene gestito da una cerchia ristretta di rappresentanti istituzionali di alto livello, non siano più adatti per la costruzione del futuro del comprensorio. Tuttavia, se diciamo che un tentativo di rilancio del territorio, che rasenta i limiti dell’arditismo politico, è fallito, dobbiamo anche dire che esso è fallito soprattutto perché si è voluto vedere, dietro la cospicua fetta di denaro elargito dalla Cassa per il Mezzogiorno, una possibilità di riscatto. E forse per pochi lo è stato, ma di certo non per quei giovani che ancora oggi sono in cerca di una prima occupazione altrove.
 
L’attenzione che la FIDAL ha rivolto a questi impianti, destinandovi il II Trofeo delle Regioni, è la prova che il mondo dello Sport, più di tutti, è sempre pronto a farsi carico delle esigenze delle popolazioni meno favorite.
(Seguono i ringraziamenti alle autorità sportive)

Esigenze delle popolazioni meno favorite è la chiave di lettura in questo passaggio che ci fa capire quanto sensibile fosse il politico e quanto a fondo egli avesse compreso la realtà territoriale. Tuttavia, a questa sensibilità è associata l’esigenza di dover, ancor una volta, giustificare l’intrapresa del Sottosegretario Quaranta. Ma noi ci chiediamo se quegli Enti Locali, che da tempo hanno continuato ad ignorare queste esigenze, non debbano adesso con forza essere chiamati a farsi carico delle esigenze di sviluppo di una collettività di persone. Anche la risposta a questa domanda è ovvia.

Alla fine della disamina del documento del 1981, che ho rinvenuto di recente, e che vorrei sottoporre all'attenzione dei cittadini della Città di Vallo di Diano, così come il Presidente Ritorto definiva la vallata, è opportuno manifestare la nostra preoccupazione, frammista ad una certa speranza di riscatto del Centro stesso. La nostra preoccupazione è che a gestire lo sport, insieme allo smaltimento dei rifiuti, sia un gruppo di persone che, negli anni, non ha saputo dare risposte a quelle esigenze delle popolazioni meno favorite di cui il Presidente Ritorto parlava. La nostra speranza è che un moto di indignazione collettiva possa far crescere l’attenzione verso questa vallata e che, sull’onda della stessa indignazione, un controllo strettissimo possa essere effettuato da tutti gli organi istituzionali preposti sull’operato di coloro dai quali ancora ci si aspetta una risposta. Perché se da qualche parte del Vallo di Diano, in qualche paese, vi sono depuratori che non funzionano e i fiumi e i canali ancora fungono da fogne a cielo aperto, almeno le somme di danaro destinate a qualche infrastruttura locale, pur senza quelle priorità che deriverebbero dalla gestione comprensoriale del territorio auspicata dal Presidente Ritorto, possano essere utilizzate concretamente per lo sport, se destinate allo sport, oppure alla depurazione, se destinate a quello scopo.

Il Vallo di Diano, tuttavia, aveva bisogno di altre opere e di altri interventi strutturali. Il trasporto pubblico, ad esempio, è pressoché inesistente, cosicché si è favorito il fiorire di autolinee private che gestiscono anche il servizio sostitutivo su gomma lungo la linea ferroviaria, visto che il tratto Sicignano-Lagonegro, che attraversa la vallata per intero, è chiuso al traffico dal 1987. Qualche speranza in quest’ambito, tuttavia, continuiamo a coltivarla, dopo la nascita del Comitato per la riapertura della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. E le nostre speranze, oggi, sono i giovani che stanno prendendo coscienza del passato, che possiamo raccontare loro rifuggendo da qualsiasi partigianeria di comodo. Col profondo rispetto per l’opera di uomini che hanno saputo infondere, nell’animo delle classi sociali più deboli, quell’alito di speranza di un futuro migliore, esortiamo i giovani a non dimenticare e a coltivare la loro memoria. Perché anche se i loro scritti possono essere commentati in modo asettico (come domani potrebbe succedere a queste righe), anche se le loro azioni politiche possono essere criticate, nel nostro animo deve rimanere saldo il rispetto per quelle figure che hanno fatto, nel bene o nel male, la storia di queste terre.