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domenica 9 settembre 2012

La decrescita infelice


Come deprimere il livello di felicità della società presente senza pensare a un futuro modello produttivo sostenibile

(Articolo tratto da un lavoro dell’autore pubblicato in “Revista Brasileira de Ensino de Fisica” [1])


Tutti i cittadini sono soggetti alla grave crisi economica che sta mordendo in modo profondo i tessuti più esposti della società italiana. Purtroppo, non tutti i cittadini sono in possesso dei mezzi analitici sufficienti per poter comprendere fino in fondo il formarsi del debito pubblico e la dinamica dello stesso nel corso degli anni. Eppure, il dibattito sui grandi temi economici e, in particolare, sulla dinamica del debito pubblico nazionale, viene proposto, sui mezzi di informazione, come se ognuno di noi fosse un esperto economista. Pertanto, potrebbe essere opportuno fare un breve excursus su quanto predice la teoria classica, ben riprodotta nel lavoro di R. J. Barro del 1979 [2], per comprendere più a fondo, con metodi quantitativi semplici, alcuni aspetti legati alla difficile fase economica che stiamo attraversando. Concluderemo che stiamo di fronte ad una fase di “decrescita infelice”, che negli anni futuri darà conseguenze tanto più gravi quanto più trascuriamo di considerare modelli socio-economici alternativi all’economia di mercato così come la conosciamo oggi.


Fig. 1  Dinamica del debito pubblico per la seguente scelta dei parametri: b0/t0 =0.3, G0/t0 =1.3, r =0.06. I valori dei tassi di crescita r sono I seguenti: 0.050 (curve in basso), 0.025 (curve al centro), 0.010 (curve in alto). Nel caso delle curve continue la spesa pubblica è mantenuta costantemente uguale a G0; nel caso delle curve tratteggiate è prevista una maggiore spesa per combattere l’evasione fiscale. 


Dal modello di Barro, come mostrato nella fig. 1, si può ricavare l’andamento del debito pubblico per vari valori del tasso di crescita r dell’economia di un Paese. Il tasso di crescita, ricordiamo, può essere misurato attraverso l’osservazione dell’incremento relativo del Prodotto Interno Lordo (PIL). Si può assumere che in una fase di crescita dell’economia, tale tasso r sia pressocché costante (questa ipotesi viene fatta per poter più agevolmente calcolare analiticamente le grandezze in gioco e non è una condizione necessariamente rispettata nella realtà). Supponiamo allora che, partendo da un certo livello G0 della spesa pubblica, rilevata ad un dato anno, si possa normalizzare tale quantità attraverso l’ammontare t0 delle entrate che, nello stesso anno, il governo di uno Stato riesce a realizzare. Prendiamo il rapporto G0/t0  pari a 1.3, come in figura, cosicché - notando che la spesa pubblica è maggiore di  t0  - lo Stato sarà costretto ad indebitarsi, per una quantità b0, acquistando denaro da una banca di riferimento ad un tasso di interesse r, che in fig. 1 è preso pari al 6%. 

La teoria classica della dinamica del debito pubblico allora cosa predice in presenza di queste semplici ipotesi? Concentriamoci, per il momento, sulle curve continue della figura, per le quali lo Stato decide di mantenere fissa, nel corso degli anni, la spesa pubblica. Come si può notare, pur ipotizzando un tasso di crescita dell’economia maggiore di zero, non per tutti i valori di r le curva del debito pubblico bn (dove n sta per l’anno di riferimento a partire dall’anno “zero”) vanno, in un certo lasso di tempo n=N, verso l’estinzione del debito (ossia, verso il valore bn=0). In particolare, se r > r (il tasso di crescita è maggiore del tasso di interesse), allora l’estinzione del debito è sempre possibile. Ma questa ci sembra un’ipotesi fin troppo ottimistica per la fase storica attuale; scarteremo quindi questa particolare condizione. Nel caso contrario, ossia, per r < r, il debito potrebbe essere ripagato in un certo numero di anni N, come accade nelle curve che ripiegano dopo un’iniziale salita, oppure esplodere, come si nota nella curva in alto.

Nel caso della curva più bassa, per la quale r=0.05, ossia un tasso di crescita pai al 5%, il debito iniziale viene ripagato in circa 12 anni. Se lo Stato decidesse di spendere una certa somma in più ogni anno per evitare, con la crescita del PIL, l’elusione o l’evasione fiscale, allora ci troveremmo in presenza del caso simulato dalla linea tratteggiata [3]. Lo stesso significato assume la linea tratteggiata accanto alle altre curve continue. La curva immediatamente al di sopra della prima in basso simula l’andamento del debito pubblico per r=0.025. Riducendo della metà la crescita, si vede come sia necessario attendere un periodo di tempo pari ad oltre il doppio del numero di anni previsto per r=0.05 per estinguere il debito. Tale attesa si prolunga di circa un altro anno nel caso supponiamo che sia la curva tratteggiata a simulare la dinamica di bn. Infine, seppure in presenza di crescita economica ad un tasso dell’1% (r=0.01), si assite ad un’esplosione del debito pubblico a causa – essenzialmente – dell’impossibilità di tener testa al crescere della spesa per gli interessi sul debito contratto a partire dall’anno zero.

Queste semplici conseguenze della dinamica del debito pubblico non attengono a una o a un’altra politica economica, ma sono frutto di una trattazione analitica del problema in presenza di ben specificate ipotesi. Se volessimo rapportare queste considerazioni al caso attuale, dovremmo notare che ben due condizioni non sono soddisfatte: la prima sulla crescita, perché stiamo fronteggiando una grave crisi recessiva; la seconda sul mantemimento del livello della spesa pubblica, per la vigorosa (ma quanto efficace?) azione di riduzione della stessa intrapresa dall’attuale governo. Sugli esiti di questa combinazione di condizioni iniziali potremmo tuttavia supporre che affronteremo, in questi lunghi anni a venire, una sorta di “decrescita infelice” per cercare di contrastare l’esplosione della curva di bn in alto in fig. 1, attraverso la riduzione della spesa. Tutta l’azione “tecnica”, tuttavia, sta avvenendo in assenza di un progetto per il futuro della Nazione. Sarà quindi opportuno incominciare a parlare da adesso di un modello produttivo sostenibile, diverso da quello attuale e perciò basato su paradigmi socio-economici inediti. Infatti, se non inizieremo a delineare una rotta di salvataggio da questo sempre più imminente naufragio, il recupero di un livello accettabile di felicità individuale e collettiva [4] potrebbe risultare sempre più improbabile nel medio termine.   


 [1] La presente analisi può essere utilizzata per una lezione interdisciplinare indirizzata agli studenti degli isitituti superiori. La trattazione, pertanto, è volutamente semplice. Tuttavia, è opportuno precisare che, per tener conto del grado di complessità intrinseco delle leggi della dinamica dei processi economici, modelli più sofisticati, che, ad esempio, contemplino la variazione col tempo dei parametri ritenuti costanti in questo breve scritto, dovrebbero essere utilizzati. Il lavoro è scaricabile gratuitamente dal sito di Revista Brasileira de Ensino de Fisica all'indirizzo URL seguente: http://www.sbfisica.org.br/rbef/pdf/344307.pdf

[2] R. J. Barro, On the determination of the public debt, The Journal of Political Economy, Vol. 87, No. 5, Part 1, 940-971 (1979).

[3] L’ipotesi classica, riportata nella trattazione di Barro, considera una spesa crescente al crescere delle entrate. 

[4] Il 2 febbraio 2013 si aggiunge la lettera pubblicata da Focus (vol. 244, febbraio 2013, pag. 143), riportata sotto.



4 commenti:

  1. Brillante quanto lucida analisi. complimenti
    Michele Albanese

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  2. Il titolo "La decrescita infelice" l'ho utilizzato in un mio breve instant book del luglio 2012 (ora quasi pronto in traduzione inglese), peraltro disponibile gratuitamente da

    http://www.lulu.com/spotlight/francops

    (anche se la procedura per scaricarlo gratis è un po' fastidiosa)

    penso le possa interessare la lettura.

    Cordialmente
    Franco Pavese

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  3. Ringrazio della cortese segnalazione e mi complimento per l'opera.

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