Quasi lo svolgimento di un tema. Di fantasia, si intende;
perché solo così si può eludere l’asfissia che provoca un “sistema” che sta
crollando sotto i colpi del malaffare e della corruzione. Nessun fatto
esplicito, nessun riferimento a cose o persone, neppure casuale. Solo il frutto
di una mente “folle” che vagheggia un mondo dove il potere viene amministrato
nell'interesse della collettività, dove la politica è servizio, dove la mafia
non detta regole e non inquina, dove l’economia è sana e il lavoro sta al
centro dell’agenda di chi amministra.
La traccia è esplicita, tuttavia. E chi scrive svolge tutta
un’altra attività, forse non meno nobile. Ecco quindi che il periodo ipotetico
mi viene in soccorso (soccorso già chiesto e ottenuto dall'autore stesso del
componimento): gli eventuali querelanti sono così opportunamente avvisati.
Se fossi stato un ingegnere, avrei costruito ponti,
acquedotti, palazzi, case, ville e, magari, intere città. Avrei voluto vivere
in una grande città, dove sarebbe stata maggiore la possibilità di avere
contatti con persone danarose, per mettere al loro servizio il mio ingegno.
Così avrei chiesto parcelle giuste per grandi commesse, pagando regolarmente le
tasse su tutto quello che avrei guadagnato. Se fossi stato un ingegnere, avrei
vissuto una vita agiata e, forse, non avrei avuto molto tempo da dedicare all'impegno
sociale. In questa città della mia fantasia avrei sistematicamente evitato gli
individui collusi con la malavita, i corrotti, i faccendieri. E, nonostante
queste giuste e doverose rinunce, avrei comunque ottenuto lavori da persone
perbene. Sarei stato un ingegnere intollerante al malaffare, insomma. E,
nonostante ciò, avrei comunque condotto una vita agiata, sarei andato in
vacanza almeno una volta l’anno, avrei viaggiato con la famiglia e avrei avuto
quella tranquillità che porta con sé un reddito medio-alto. I miei figli avrebbero
frequentato le scuole più rinomate, si sarebbero iscritti al famosissimo ateneo
della stessa città e avrebbero potuto esercitare anch'essi la mia professione
(perché no?).
Però, mettendo un limite alla mia fantasia, immaginiamo che
fossi stato un ingegnere in un contesto diverso; nell'entroterra di una
provincia del Sud, ad esempio. Crollerebbe gran parte dei presupposti per i
quali avrei potuto condurre una vita agiata e piena di quelle amenità descritte
sopra. Avrei dovuto così far ricorso a qualche stratagemma. E al momento me ne sovviene
solamente uno. Ossia, avrei fatto di tutto per essere eletto sindaco o
assessore o consigliere di un piccolo paesino, sarei entrato in un circuito
politico-affaristico para-massonico con altri sodali e avrei fatto affari
utilizzando la parte più cospicua del motore economico locale: il trasferimento
di denaro pubblico dallo Stato e dall'UE al territorio. Sì, se fossi stato
ingegnere in questi contesti, avrei sfruttato le mie amicizie dirette nel campo
della politica (e degli affari che si fanno con essa) per poter ricoprire
localmente un ruolo di una certa influenza. Avrei potuto così fare affidamento
sulle coperture che contano negli ambienti che contano, nel caso qualcuno
avesse voluto mettere il naso nel funzionamento del “sistema”. Il “sistema”
stesso, costituito dall'espressione peggiore di una società corrotta, mi
avrebbe difeso. E i palazzi e le mie magnifiche opere sarebbero stati ammirati
(completi o no, non importa) nei secoli dei secoli. Nel breve lasso della mia
vita, avrei goduto di stima (forse anche non troppo sentita), di fama di uomo
di potere e di quegli agi che il denaro comporta. Alcuni si sarebbero
lamentati, ma il “sistema” li avrebbe comunque, presto o tardi, zittiti,
stritolati come sassolini in una macina inesorabile e perfetta. Amen.