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domenica 2 febbraio 2014

Se fossi stato un ingegnere

Quasi lo svolgimento di un tema. Di fantasia, si intende; perché solo così si può eludere l’asfissia che provoca un “sistema” che sta crollando sotto i colpi del malaffare e della corruzione. Nessun fatto esplicito, nessun riferimento a cose o persone, neppure casuale. Solo il frutto di una mente “folle” che vagheggia un mondo dove il potere viene amministrato nell'interesse della collettività, dove la politica è servizio, dove la mafia non detta regole e non inquina, dove l’economia è sana e il lavoro sta al centro dell’agenda di chi amministra.

La traccia è esplicita, tuttavia. E chi scrive svolge tutta un’altra attività, forse non meno nobile. Ecco quindi che il periodo ipotetico mi viene in soccorso (soccorso già chiesto e ottenuto dall'autore stesso del componimento): gli eventuali querelanti sono così opportunamente avvisati.

Se fossi stato un ingegnere, avrei costruito ponti, acquedotti, palazzi, case, ville e, magari, intere città. Avrei voluto vivere in una grande città, dove sarebbe stata maggiore la possibilità di avere contatti con persone danarose, per mettere al loro servizio il mio ingegno. Così avrei chiesto parcelle giuste per grandi commesse, pagando regolarmente le tasse su tutto quello che avrei guadagnato. Se fossi stato un ingegnere, avrei vissuto una vita agiata e, forse, non avrei avuto molto tempo da dedicare all'impegno sociale. In questa città della mia fantasia avrei sistematicamente evitato gli individui collusi con la malavita, i corrotti, i faccendieri. E, nonostante queste giuste e doverose rinunce, avrei comunque ottenuto lavori da persone perbene. Sarei stato un ingegnere intollerante al malaffare, insomma. E, nonostante ciò, avrei comunque condotto una vita agiata, sarei andato in vacanza almeno una volta l’anno, avrei viaggiato con la famiglia e avrei avuto quella tranquillità che porta con sé un reddito medio-alto. I miei figli avrebbero frequentato le scuole più rinomate, si sarebbero iscritti al famosissimo ateneo della stessa città e avrebbero potuto esercitare anch'essi la mia professione (perché no?).


Però, mettendo un limite alla mia fantasia, immaginiamo che fossi stato un ingegnere in un contesto diverso; nell'entroterra di una provincia del Sud, ad esempio. Crollerebbe gran parte dei presupposti per i quali avrei potuto condurre una vita agiata e piena di quelle amenità descritte sopra. Avrei dovuto così far ricorso a qualche stratagemma. E al momento me ne sovviene solamente uno. Ossia, avrei fatto di tutto per essere eletto sindaco o assessore o consigliere di un piccolo paesino, sarei entrato in un circuito politico-affaristico para-massonico con altri sodali e avrei fatto affari utilizzando la parte più cospicua del motore economico locale: il trasferimento di denaro pubblico dallo Stato e dall'UE al territorio. Sì, se fossi stato ingegnere in questi contesti, avrei sfruttato le mie amicizie dirette nel campo della politica (e degli affari che si fanno con essa) per poter ricoprire localmente un ruolo di una certa influenza. Avrei potuto così fare affidamento sulle coperture che contano negli ambienti che contano, nel caso qualcuno avesse voluto mettere il naso nel funzionamento del “sistema”. Il “sistema” stesso, costituito dall'espressione peggiore di una società corrotta, mi avrebbe difeso. E i palazzi e le mie magnifiche opere sarebbero stati ammirati (completi o no, non importa) nei secoli dei secoli. Nel breve lasso della mia vita, avrei goduto di stima (forse anche non troppo sentita), di fama di uomo di potere e di quegli agi che il denaro comporta. Alcuni si sarebbero lamentati, ma il “sistema” li avrebbe comunque, presto o tardi, zittiti, stritolati come sassolini in una macina inesorabile e perfetta. Amen.