La crisi economica in atto è gravissima e gravissime sono le conseguenze sociali. La disoccupazione, male endemico dei territori interni e marginalizzati, quale anche il Vallo di Diano, sta assumendo dimensioni mai conosciute prima. Non c'è bisogno di statistiche, infatti, per notare quanto disagio sociale vi sia nei nostri paesi e, nonostante la diffusione del fenomeno della crescita della disoccupazione giovanile e non, quante siano scarse le risposte che provengono dalle istituzioni a sostegno dell'occupazione.
Una proposta di creare una banca dati efficace per far incontrare, localmente, la domanda e l'offerta di lavoro e per far conoscere alle imprese locali le competenze in possesso dei nostri giovani viene proprio da un "cervello in fuga" dal Vallo di Diano. Ma quanto distante è attualmente il sentire delle pubbliche amministrazioni dai bisogni concreti dei cittadini e del territorio? Questa distanza si misura in anni luce, non più in chilometri. Basti notare con quanto ardore si sta, in questi giorni, affrontando il falso problema della scelta del candidato alla guida delle coalizioni nelle prossime elezioni politiche, piuttosto che pensare ai progetti da mettere in campo per salvare la Nazione (verbo non inteso nell'accezione esiziale corrente, tuttavia). Qui ci permettiamo di fare una semplicissima proposta agli Enti Locali, sperando che gli illuminati amministratori non considerino la stessa con la solita saccente protervia.
Partiamo da una considerazione: fino a qualche anno fa si usava la legna per riscaldare le case. Oggi, invece, si usano - in genere - carburanti fossili per alimentare le caldaie degli edifici pubblici (case comunali, scuole, ospedali, uffici, etc.). La combustione in loco di petrolio e suoi derivati presuppone l'estrazione e il trasporto del greggio, il trattamento dello stesso e un secondo trasporto del prodotto raffinato ai distributori. Questi ultimi, infine, forniscono l'Ente pubblico del necessario per riscaldare gli ambienti (vedi figura 1). Per i gas naturali, saltando il passaggio del trattamento, il viaggio fino alla meta ultima è pressoché identico. Per far diminuire il fabbisogno di carburante si potrebbe (e forse si dovrebbe) fare in modo che gli edifici siano meglio isolati dagli agenti atmosferici (sia dal caldo eccessivo sia dal freddo, quindi).
Supponiamo adesso che i nostri edifici pubblici (ragionando a livello comprensoriale, come suggeriva il compianto Gerardo Ritorto, in questa proposta) abbiano a disposizione una piccola caldaia per bruciare biomassa. Per biomassa qui intendiamo solo l'insieme degli scarti agricoli e forestali, o qualche specifica coltivazione arborea effettuata in terreni non utilizzabili per l'agricoltura. I nostri paesi sono ricchi di questa materia prima, reperibile sugli argini delle strade, sulle sponde dei fiumi, nei campi in pianura o sui monti circostanti. Non tanto ricchi, tuttavia, per alimentare super-centrali, come quella che qualche Solone locale (forse spalleggiato da qualche allegra combriccola) avrebbe voluto costruire nel mezzo della vallata. Per effettuare una stima del numero di caldaie che possiamo alimentare, si dovrebbero censire boschi, macchie e terreni nel Vallo per conoscere il quantitativo di biomassa che è possibile ottenere in un anno. Bruciando biomassa locale, gli scarti della combustione ritorneranno all'ambiente e verranno assorbiti di nuovo dalle piante, non producendo così alcun saldo attivo di sostanze di scarto immesse nell'ambiente, come mostrato nella figura 2.
Perché una data frazione di 1,70 EUR e perché proprio 3,0 Kg? Perché la prima è una frazione della somma che si spenderebbe per un litro di gasolio (prezzi attuali) e la seconda è la quantità di legname (stimata in eccesso) che si dovrebbe bruciare per ottenere la stessa energia che otteniamo dalla combustione del litro di gasolio stesso. La stima della frazione adeguata da corrispondere alla filiera locale andrebbe fatta con uno studio di fattibilità redatto da esperti. A chi vanno alla fine questi soldi? Ed ecco qui il significato del "post" del lavoro.
L'organizzazione della raccolta della biomassa non è cosa semplice (come potrebbe sembrare a primo acchito) e non poco faticosa; un semplice impianto di trattamento per la triturazione e la pressatura del prodotto, poi, non si gestisce in modo gratuito. Pertanto, quei denari andrebbero a tutta la filiera della raccolta della materia grezza e della preparazione del prodotto finale in tronchetti (ad esempio). La filiera (cortissima) di produzione dovrebbe quindi fornire pezzi di dimensione predefinite per alimentare le caldaie degli enti pubblici. In questo modo quei soldini che andavano a impinguare le casse delle multinazionali del petrolio, che portano inquinamento "non autoctono" da lontani pozzi petroliferi, potrebbero restare in loco. E non solo. In questo modo si combatterà la disoccupazione, avendo creato posti di lavoro tesi ad allontanare, in modo intelligente, il rischio dell'avvento delle trivelle in queste terre.
La bellezza dei luoghi risplenderebbe per mezzo dell'intervento continuo dell'uomo e il biglietto di presentazione della vallata alle "oil companies" sarebbe un bel paesaggio e monti e fiumi, e corsi d'acqua e campagne ben tenuti. Lo stesso discorso, se si vuole, si potrebbe fare con la gestione del bene acqua, "mutatis mutandis". Ma forse qualcuno si è distratto un poco su quest'ultimo argomento. Anzi, in un paese del Vallo di Diano che conta fior di professionisti, si è deliberato di affidare il Piano Energetico Comunale ad una (stra)nota azienda per la gestione idrica. Tentano forse di buttare "acqua sul fuoco"? Bontà loro!
Il segreto, quindi, non è solo pensare in modo critico "globalmente" (comodo per non farsi nemici "localmente"), ma far seguire, a questi pensieri critici, anche l'azione sul posto. E bisogna cominciare, per questo, dagli Enti locali, perché diano un esempio alle famiglie. Infatti, la filiera che si creerebbe per far fronte alle necessità degli edifici pubblici potrebbe essere in grado, col tempo, utilizzando colture arboree specifiche, di soddisfare la domanda di energia che promana dalle famiglie. A patto che queste idee, che non vengono da Marte, possano essere prese in seria considerazione dalle persone giuste, che hanno a cuore il futuro del globo e del nostro territorio e non solo quello delle proprie casse e di quelle dei propri "clientes". Soprattutto, poi, se queste casse fanno acqua, anche se l'acqua fa già la cassa. "Intelligenti pauca".
* Il prezzo di mercato della legna da ardere, per quello che può essere dedotto dalle offerte presenti su rete, è di circa 15 EUR al quintale.
venerdì 26 ottobre 2012
domenica 21 ottobre 2012
Cattedrali nel Vallo (per i rifiuti e lo sport)
Il Consorzio Centro Sportivo
Meridionale Bacino SA/3, che per lungo tempo ha gestito la raccolta dei rifiuti
e lo sport nel Vallo di Diano, è stato costituito nel 1998, subentrando al
Consorzio Comuni Depressi, voluto, negli anni ’70, dal Sen. Enrico Quaranta
(PSI) per la costruzione del Centro Sportivo Meridionale (CSMe). Nel 1972 si
metteva la prima pietra di questo grande complesso sportivo, che occupa 15
ettari di terreno, con un contributo da parte della Cassa per il Mezzogiorno di
14-15 miliardi circa. Il CSMe è tuttora il più grande centro sportivo
dell’intero Meridione. Nel 1981 si completavano i lavori, ma le piscine non
andavano in funzione (esse sono state completate, con ulteriori finanziamenti,
solo negli anni 2000). La prima manifestazione sportiva di inaugurazione del
1981 prevedeva, infatti, solo gare di atletica (per inciso, non si ricordano
altre manifestazioni simili in seguito). Vi è stato anche un certo interesse
alla gestione degli impianti da parte di una società del gruppo FININVEST, ma
poi non si è fatto più nulla. Nei Mondiali del 1990 la Romania aveva espresso
il desiderio di voler trascorrere un periodo di ritiro al CSMe, ma poi anche
questa opportunità doveva sfumare nel nulla. Una vera e propria cattedrale nel
deserto, insomma, come si vede dalla foto della struttura.
Questo Centro è nato per volontà dell’On. Enrico Quaranta
ed è stato inaugurato dal Presidente dell’epoca Gerardo Ritorto, persone
purtroppo decedute e oggi compiante da molti. Partirò dal documento scritto dal
Presidente Ritorto in occasione dell’inaugurazione del Centro nel 1981,
analizzando lo stesso documento punto per punto e cercando di essere critico
riguardo all’analisi svolta dal politico, nel più pieno rispetto per la persona,
che molti ricordano come amabile e, allo stesso tempo, positivamente concreta.
La mancanza di infrastrutture
per lo sport ed il tempo libero, il disinteresse degli Enti Locali per i
problemi dei giovani, una legislazione “ottocentesca” che non permette alla
“spesa pubblica” di rivolgersi con maggiore interesse a questo primario settore
dei servizi sociali, hanno contribuito ad un più forte isolamento delle aree
interne.
Questo primo passaggio mi trova
completamente in disaccordo non tanto con l’analisi sociale che il Presidente
Ritorto fa del nostro territorio, quanto sulle cause dell’isolamento delle
zone interne. Il contributo dell’assenza delle infrastrutture sportive al
fenomeno dello spopolamento e del depauperamento sociale delle zone interne è
marginale rispetto all’endemico problema della mancata adozione, da parte degli
Enti Locali, che lo stesso Ritorto addita come responsabili del fenomeno, di
una strategia di sviluppo possibile e sostenibile. È da comprendere, però, il tentativo del
politico di giustificare un’opera faraonica costata 15 miliardi di lire oltre
quaranta anni fa e oggi ancora parzialmente inutilizzata. Quest’opera,
largamente sovradimensionata per le esigenze delle giovani generazioni del
posto, avrebbe dovuto ospitare eventi di richiamo nazionale ed internazionale,
ma tutti sanno come sono andate a finire le cose. Così, l’opera è servita quasi
da obelisco, a memoria di un passaggio politico (forse anche largamente criticabile)
che tanta speranza aveva infuso nell’animo della gente del luogo. A distanza di
quarant’anni possiamo giudicare con occhi sereni tali vicende e comprendere
l’esigenza che all’epoca si aveva di allargare il consenso politico attorno un
partito con grosse potenzialità di crescita, poi travolto da Tangentopoli. Un
partito che, purtroppo, negli anni ’80 ha contribuito non poco al degrado
sociale e morale della nostra nazione e, in particolare, del nostro Sud,
diffondendo capillarmente una visione distorta dell’azione politica. Il politico,
ancora oggi, è qui considerato l’elargitore di posti, di favori e di prebende e
non è visto, per la maggior parte dei nostri conterranei, una persona dedita
alla ricerca delle vie per lo sviluppo del territorio. Un politico che
intendesse la sua attività come onesto servizio, infatti, non godrebbe
localmente del favore dei clientes e quindi non potrebbe avere un
seguito elettorale cospicuo.
I giovani, in special modo,
preferiscono individuare occasioni di lavoro nelle aree metropolitane più
attrezzate alimentando, anche per questo, lo squilibrio territoriale.
Ancora un passaggio da criticare,
ma che coglie il problema dello squilibrio territoriale, che, secondo
chi scrive, è dovuto soprattutto alla carenza di infrastrutture primarie (reti
idriche e fognarie efficienti, reti viarie sicure, servizio di trasporto
pubblico capillare, strutture scolastiche adeguate, etc.) piuttosto che
all’assenza di infrastrutture sportive, che pur potrebbero contribuire al
fenomeno, ma in modo poco rilevante. E qui ribadisco che il fenomeno dello
spopolamento delle zone interne è soprattutto dovuto all’assenza di un’offerta
di lavoro in loco, piuttosto che all’assenza degli stadi di calcio. Di
questa cosa ci danno (purtroppo!) ragione gli anni che sono trascorsi dal 1981
ad oggi.
La continua ricerca di una
diversa qualità della vita, la intuizione e la costanza di un Amministratore,
il sen. Enrico Quaranta, Sottosegretario al Turismo, hanno consentito la
realizzazione del Centro Sportivo Meridionale che rappresenta una concreta
testimonianza di gestione comprensoriale del territorio, nelle linee
progettuali della “Città di Vallo di Diano”.
Diamo qui atto di una visione
politica alta e di una capacità progettuale ad ampio respiro del Presidente
Ritorto. Peccato che a questa testimonianza di gestione comprensoriale del
territorio non sia seguita un’opera concreta in altri campi, quali il
trasporto pubblico, ad esempio. Ed allora ci si chiede, è stata davvero la
scelta giusta, dal punto di vista politico, investire svariati miliardi
dell’epoca in un’opera così come la conosciamo oggi? La domanda è retorica, lo
comprendo, ma non possiamo non porci questa domanda, se vogliamo comprendere
come determinati metodi, che io oserei definire assolutistici, per i quali un
territorio viene gestito da una cerchia ristretta di rappresentanti
istituzionali di alto livello, non siano più adatti per la costruzione del
futuro del comprensorio. Tuttavia, se diciamo che un tentativo di rilancio del
territorio, che rasenta i limiti dell’arditismo politico, è fallito, dobbiamo
anche dire che esso è fallito soprattutto perché si è voluto vedere, dietro la
cospicua fetta di denaro elargito dalla Cassa per il Mezzogiorno, una
possibilità di riscatto. E forse per pochi lo è stato, ma di certo non per quei
giovani che ancora oggi sono in cerca di una prima occupazione altrove.
L’attenzione che la FIDAL ha
rivolto a questi impianti, destinandovi il II Trofeo delle Regioni, è la prova
che il mondo dello Sport, più di tutti, è sempre pronto a farsi carico delle
esigenze delle popolazioni meno favorite.
(Seguono i ringraziamenti alle
autorità sportive)
Esigenze delle popolazioni
meno favorite è la chiave di lettura in questo passaggio che ci fa capire
quanto sensibile fosse il politico e quanto a fondo egli avesse compreso la
realtà territoriale. Tuttavia, a questa sensibilità è associata l’esigenza di dover, ancor una volta, giustificare l’intrapresa del Sottosegretario Quaranta. Ma noi
ci chiediamo se quegli Enti Locali, che da tempo hanno continuato ad ignorare
queste esigenze, non debbano adesso con forza essere chiamati a farsi carico
delle esigenze di sviluppo di una collettività di persone. Anche la risposta a
questa domanda è ovvia.
Alla fine della disamina del
documento del 1981, che ho rinvenuto di recente, e che vorrei sottoporre
all'attenzione dei cittadini della Città di Vallo di Diano, così come il
Presidente Ritorto definiva la vallata, è opportuno manifestare la nostra
preoccupazione, frammista ad una certa speranza di riscatto del Centro stesso.
La nostra preoccupazione è che a gestire lo sport, insieme allo smaltimento dei
rifiuti, sia un gruppo di persone che, negli anni, non ha saputo dare risposte
a quelle esigenze delle popolazioni meno favorite di cui il Presidente
Ritorto parlava. La nostra speranza è che un moto di indignazione collettiva
possa far crescere l’attenzione verso questa vallata e che, sull’onda della
stessa indignazione, un controllo strettissimo possa essere effettuato da tutti
gli organi istituzionali preposti sull’operato di coloro dai quali ancora ci si
aspetta una risposta. Perché se da qualche parte del Vallo di Diano, in qualche
paese, vi sono depuratori che non funzionano e i fiumi e i canali ancora
fungono da fogne a cielo aperto, almeno le somme di danaro destinate a qualche
infrastruttura locale, pur senza quelle priorità che deriverebbero dalla gestione
comprensoriale del territorio auspicata dal Presidente Ritorto, possano
essere utilizzate concretamente per lo sport, se destinate allo sport, oppure alla
depurazione, se destinate a quello scopo.
Il Vallo di Diano, tuttavia, aveva
bisogno di altre opere e di altri interventi strutturali. Il trasporto pubblico,
ad esempio, è pressoché inesistente, cosicché si è favorito il fiorire di
autolinee private che gestiscono anche il servizio sostitutivo su gomma lungo
la linea ferroviaria, visto che il tratto Sicignano-Lagonegro, che attraversa
la vallata per intero, è chiuso al traffico dal 1987. Qualche speranza in
quest’ambito, tuttavia, continuiamo a coltivarla, dopo la nascita del Comitato
per la riapertura della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. E le nostre
speranze, oggi, sono i giovani che stanno prendendo coscienza del passato, che
possiamo raccontare loro rifuggendo da qualsiasi partigianeria di comodo. Col profondo
rispetto per l’opera di uomini che hanno saputo infondere, nell’animo delle
classi sociali più deboli, quell’alito di speranza di un futuro migliore,
esortiamo i giovani a non dimenticare e a coltivare la loro memoria. Perché
anche se i loro scritti possono essere commentati in modo asettico (come domani
potrebbe succedere a queste righe), anche se le loro azioni politiche possono
essere criticate, nel nostro animo deve rimanere saldo il rispetto per quelle
figure che hanno fatto, nel bene o nel male, la storia di queste terre.
mercoledì 10 ottobre 2012
Fiorisce e prospera la corruzione politica
Dalla cronaca giudiziaria
provinciale (e non) è evidente il dilagare della corruzione, soprattutto nell'ambito
dell’azione politica. La politica, in effetti, è diventata un tetro scenario di
caccia al tesoro nel quale si muovono, impuniti, farabutti di ogni risma, a
discapito delle persone oneste che, il più delle volte, sono destinate a ruoli
sociali marginali. Le notizie che arrivano nelle nostre "lanterne magiche" sono sempre più pregne di nomi di personaggi che ricoprono ruoli importanti in tutti i partiti,
nessuno escluso, se non il Movimento Cinque Stelle. Non esistono, al momento,
rimedi efficaci per sanare la piaga del malaffare in politica, ancorché si
conoscano esattamente – in modo del tutto empirico – le cause e gli effetti di
questa ferita che sta portando la nostra società al collasso.
L'unica arma per il cambiamento. |
Tra le cause possiamo annoverare
la generale atavica accondiscendenza alle pratiche clientelari, oggi più che
mai efficienti (per quanto riguarda la redditività in termini di voti) a causa
della crisi economica in atto e della progressiva privatizzazione dei servizi.
Il “sistema” che si è venuto a creare è il seguente. Personaggi contigui alla
pubblica amministrazione chiudono quello che, in gergo leghista, possiamo
definire un “cerchio magico”, dal quale sono esclusi (o espunti) tutti coloro i
quali minacciano di fare inceppare il delicato meccanismo, il “sistema”,
appunto. E chi sono gli esclusi? Proprio quei portatori del virus della
legalità e della trasparenza, della ferma adesione alle regole e al rispetto
della persona. Tutti concetti che sono in contrapposizione netta con il metodo
di lavoro degli appartenenti al “sistema”, che conta sull'omertà diffusa e
opera nel torbido rimescolamento dei poteri, che localmente sono dei seguenti
tipi: amministrativo; politico; economico-finanziario; giudiziario;
dell’informazione. Questi poteri, fondendosi in un gruppo di persone, formano
una miscela sociale devastante che crea danni addirittura superiori a quelli
prodotti dalle congreghe malavitose.
La centrale fotovoltaica di Teggiano costruita con soldi pubblici: una parte dei moduli sono stati trafugati e mai rimpiazzati. Un buon esempio di saggezza amministrativa. |
Gli effetti delle virtuose
pratiche del “sistema” sono sotto gli occhi di tutti e vanno dalla devastazione
del territorio, per via dell’inquinamento e dell’abusivismo ormai diffusi anche
in aree protette, al lento degradare verso forme di convivenza sociale sempre
più difficili a causa del divario che, gioco forza, s’instaura tra la classe
dei “sudditi” e quella degli “eletti”. L’impoverimento culturale e il disagio
delle fasce sociali più deboli sono, poi, sintomi di una fase sociale regressiva
con la quale dovettero misurarsi, facendo le dovute distinzioni, i
rivoluzionari di ogni epoca come, ad esempio, Carlo Pisacane. Questo
personaggio storico vagheggiava il riscatto della classe contadina, condannata
dall'aristocrazia borbonica dominante a grave indigenza e bruta ignoranza,
grazie non tanto allo sviluppo (di troppa lunga durata, secondo Pisacane) di
una coscienza collettiva, ma attraverso eclatanti gesti della parte della
società destinata a guidare la “rivoluzione”.
Un albero soffocato dall'asfalto e dal cemento a Sala Consilina: un buon esempio di saggezza urbanistica. |
Oggi bisognerebbe adottare tutti
i metodi democratici a nostra disposizione per compiere una rivoluzione che,
poi, a pensarci bene, è un ritorno ai principi fondanti della Costituzione
Italiana: la ricerca della centralità del lavoro, il rispetto per le fasce
sociali più deboli, il diritto alla salute e alla dignità abitativa, una
stretta regolamentazione del mercato, la trasparenza negli atti amministrativi,
la moralizzazione della politica e, di conseguenza, della cosa pubblica.
Cosicché, solo attraverso una scelta di una nuova classe dirigente non interna
al “sistema” si riuscirà a risanare quello scollamento che oggi esiste tra i
cittadini e la politica. Oggi assistiamo addirittura all'assurdo che la stessa
classe “digerente”, che ha prodotto questo disastro, si propone come
rinnovamento a se stessa. Invece, la costruzione di un futuro di prosperità fondato sul
rilancio del settore primario, sull'utilizzo esteso delle nuove tecnologie e
sull'introduzione di metodi innovativi per la produzione di energia dovrà essere contrapposta ai fantasmi di sacrifici, povertà e ignoranza che
l'attuale classe politica, se confermata, farà intravvedere a
tutti noi a causa della propria conclamata incapacità di pensare ad un progetto condiviso per il futuro della Nazione.
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