Mi pregio di proporre, sul mio blog personale, un intervento di Giulio Pica sull'eccezionale evento del 05-04-2014: la presentazione del film "Pulce non c'è" al cinema Adriano di Sala Consilina da parte del regista, Giuseppe Bonito.
Sala Consilina, 05-04-2014Giulio Pica

Giuseppe ha affrontato con delicatezza il classico tema della dialettica dolorosa e problematica che spesso di determina tra famiglia e istituzioni, il clima di contrapposizione che si crea tra le relazioni affettive ed emotive che si instaurano tra genitori e figli fratelli e sorelle, e la freddezza asettica, se non addirittura l'ottusità, con la quale gli organi dello Stato - assistenti, sociali, psicologi, giudici - penetrano nell'ambito familiare al fine di tutelare i soggetti più deboli, finendo il più delle volte, per acuire le loro difficoltà. Per un equivoco, non si sa quanto voluto o quanto incolpevole, il padre di Pulce, la bambina autistica protagonista del film, viene accusato di perpetrare abusi sessuali sulla figlia e, in seguito a ciò, viene inserito nell'ingranaggio infernale della macchina statale che gli sottrae la bambina e lo trascina in un percorso kafkiano costellato da visite interminabili con psicologi ed assistenti sociali, giudici e pubblici ministeri, e disseminato di perquisizioni domiciliari, sequestri ed altre intrusioni nella vita familiare che rischiano di minare l'equilibrio psicologico di un uomo.

Perciò, restando valida la descrizione che Giuseppe ha fatto della macchina statale e dei guasti che essa può produrre, vorrei però sottolineare il rischio che in un paese come l'Italia fondato sulla retorica della famiglia, si può correre nel mostrare solo un risvolto della medaglia. Se la famiglia è l'ambito degli affetti primari e dell'amore, spesso essa è anche il luogo in cui si perpetrano effettivamente abusi e violenze sui più deboli, i cui mariti e partner violenti percuotono ed uccidono le proprie compagne, in cui le problematiche non risolte degli adulti si ripercuotono sullo sviluppo psicologico dei figli, segnandolo negativamente. In questi casi lo Stato, ovviamente con tutte le attenzioni possibili, non può non intervenire a tutela dei soggetti abusati, svolgendo l'inevitabile ruolo di supplenza che gli è richiesto come soluzione estrema di problemi altrimenti irrisolvibili.

Il problema del Sud e, probabilmente di tutte le realtà di provincia, è che i giovani dotati di talento devono andarsene via per esprimere al meglio le proprie potenzialità, rischiando altrimenti di essere riassorbiti dalla palude di mediocrità e grettezza che avvolge società civile e classi dirigenti.
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