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domenica 18 dicembre 2016

La grande distribuzione e il commercio diffuso


Sala Consilina (17-12-2016).
Pubblicazione autorizzata
dall'autore.
Solo qualche anno fa, a ridosso della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale del 2009, veniva istituito, a Sala Consilina, un “Centro Commerciale Naturale” [1]. Uno studio nel 2006, una presentazione in pompa magna nello stesso anno, poi la costituzione di un consorzio agli inizi del 2010. Oggi il centro di Sala Consilina, pur discretamente addobbato con luci natalizie, grazie a finanziamenti in parte erogati dal Comune, in parte dalla Camera di Commercio [2], ha l’aspetto di un villaggio del Far West visitato dai banditi che sembrano aver consigliato alle famiglie di restare chiuse in casa. Si fa l’esempio di Sala Consilina, ma la stessa osservazione potrebbe essere valida anche per altri centri del Vallo di Diano.

Questo incipit è solo per illustrare il difficile momento che le attività commerciali tradizionali del posto stanno attraversando. Questa premessa dovrebbe inoltre servire per affrontare il non facile tema del fenomeno della crescente attenzione, da parte del consumatore medio, verso la cosiddetta “grande distribuzione” e le attività commerciali concentrate in aree dedicate.

Sala Consilina (17-12-2016).
Pubblicazione 
autorizzata dall'autore.
Notiamo che oggigiorno è alquanto difficile, per le famiglie del posto, prescindere dall'acquisto di beni di consumo presso i punti di presenza della grande distribuzione. Questo perché lo stile di vita delle persone si è andato man mano adeguando ai ritmi frenetici di una società industrializzata, anche se questo stadio produttivo non è mai stato veramente raggiunto (non si sa se per fortuna o per sfortuna) nel Vallo di Diano.

E allora chiediamoci come dovrebbe interfacciarsi un consumatore consapevole con il mondo della grande distribuzione e come quest’ultima realtà dovrebbe tenere in conto le capacità produttive locali. Infine chiediamoci quale potrebbe essere il futuro delle attività commerciali tradizionali. Queste domande resteranno per lo più senza risposta alcuna, nonostante l’esperienza maturata negli ultimi anni in ambito consumeristico, con qualche pubblicazione all'attivo anche in ambito scientifico [3]. Intanto, queste stesse domande saranno utili per incominciare a comprendere più a fondo il fenomeno dello spostamento dell’interesse del consumatore dal commercio “diffuso” a quello “concentrato”. 

Partiamo allora dal considerare che un consumatore medio apprende dell’esistenza di una gamma sterminata di prodotti attraverso la pubblicità su radio, televisioni, cartelloni sempre più obbrobriosi e invadenti, su manifesti e volantini. Dal punto di vista del consumatore, se questa semi-infinita offerta è concentrata in un luogo circoscritto, il tempo che lo stesso dovrà dedicare agli acquisti è minore di quello che s’impiegherebbe per comprare gli stessi beni di consumo in luoghi diversi. E questo non soltanto perché ci vuole del tempo per percorrere una data distanza, giacché potrebbero entrare in gioco variabili impreviste, quali – ad esempio – una coda in macchina o in un negozio. Pertanto, se dovessimo dar credito al motto “il tempo è denaro”, potremmo ben comprendere l’atteggiamento del consumatore medio nel prediligere, a volte anche a discapito della qualità, l’acquisto di beni di consumo presso un grosso centro di distribuzione. Pur tuttavia, è proprio la variabile tempo a giocare un ruolo importante in questo fenomeno socio-economico, non tanto perché equivalente a una somma di denaro, ma perché limitato da uno stile di vita che lascia poco spazio ad altre attività, eccezion fatta per quella lavorativa. Questo potrebbe spiegare il fenomeno della concentrazione dei momenti dedicati agli acquisti in determinati giorni della settimana. E questo potrebbe darci un indizio del perché il consumatore medio ami il carrello della spesa variegata, piuttosto che il passare da un negozio minimamente più specializzato a un altro.

Un momento della campagna elettorale del 2009.
Partendo da questa considerazione sul servizio fornito dai grandi centri di distribuzione, possiamo cercare di comprendere come l’economica locale possa parare il duro contraccolpo della già imperante globalizzazione. Inoltre, sarebbe interessante comprendere come possa oggi intervenire la “politica”, che ormai sembra non avere più voce in capitolo su questi fenomeni, per ridimensionare l’importazione forzata di beni di consumo che potrebbero essere disponibili in loco, ossia, “a chilometro zero”. Facciamo solo un esempio, che potrebbe ben calzare una tipica situazione del nostro territorio. Ammettiamo che una famiglia di quattro persone vada a fare la spesa in un supermercato una volta la settimana in media. Nel carrello della spesa ritroviamo sia alcuni beni che non sono prodotti localmente, sia altri che potrebbero essere acquistati presso rivendite locali, perché prodotti localmente. Pur tuttavia, l’origine di questi secondi prodotti che ritroviamo nel carrello non è locale. Un esempio su tutti: i prodotti dell’agro-alimentare. S’innesta così un fenomeno duplice di depauperamento del territorio: si mortifica la produzione locale e si favorisce l’importazione di beni di consumo da territori lontani (a volte anche estremamente lontani), con conseguente trasposizione di importanti risorse economiche che potrebbero alleviare la perdurante crisi occupazionale delle nostre terre.
Un meccanismo di protezione delle dinamiche produttive e occupazionali locali dovrebbe essere pensato da una classe dirigente in grado di comprendere, innanzitutto, i fenomeni in atto e  capace di trovare – nel non semplice quadro normativo attuale – una soluzione adatta a calmierarne gli effetti. Nel 2009 avevamo pensato a un forte incremento delle attività di cooperazione tra i vari produttori nel settore agro-alimentare locale di qualità, in modo da creare un impatto concreto e duraturo sull'intero mercato regionale. Sarebbe stato importante, ad esempio, concentrare sotto un marchio di qualità, unico per tutto il territorio, le varie produzioni agricole, con particolare riferimento alle tipicità locali. In questo modo, il prodotto sarebbe stato riconoscibile su una scala più vasta di quella locale e avrebbe goduto di strutture consortili di supporto che ne avrebbero curata la commercializzazione, anche presso i centri della grande distribuzione.

Infine, per quanto riguarda le misure protettive delle attività commerciali tradizionali, bisognerebbe attivare studi simili a quello effettuato nel 2006 che, visti i risultati ottenuti, può essere oggi considerato un mero esercizio accademico. Le soluzioni andrebbero cercate da amministratori competenti, da urbanisti ed economisti, insieme ai rappresentanti di categoria che, con riferimento alle vere vocazioni del territorio, abbiano fornito prova, nel tempo, di azioni coerenti. Naturalmente, non dovrebbe essere considerato utile l’apporto di chi, in dispregio dell’assetto socio-economico del territorio, avesse tentato avventure commerciali che oggi rischiano di mettere in ginocchio le residue attività locali. Anche le associazioni consumeristiche dovrebbero fare la loro parte, cercando di rendere sempre più consapevole il cittadino sul consumo di beni e prodotti e cercando, per quanto possibile, di convincere i responsabili dei punti di presenza locale della grande distribuzione di venire incontro alle legittime esigenze di sostenibilità ambientale e di rispetto delle attività produttive locali. Per prima cosa, per quanto riguarda l’associazione rappresentata dal sottoscritto, sarà suggerito, subito dopo questo breve scritto, l’apertura di un angolo dedicato ai prodotti locali certificati in ogni punto di vendita. In secondo luogo, sarà proposta la vendita di prodotti sfusi o con imballaggio a basso impatto ambientale in alternativa ai prodotti con involucri di plastica. Sarà un cammino lento e difficile verso la ripresa delle prerogative sociali ed economiche che una volta erano del Vallo di Diano. Questo percorso dovrà essere affrontato con estrema umiltà e con spiccato senso di responsabilità. Non ci sono scorciatoie, purtroppo; cosicché, prima s’inizia a mettersi in cammino, prima arriveremo all'agognata meta di un futuro sostenibile per la vallata.


sabato 10 dicembre 2016

Non amalgamiamoci

Non amalgamiamoci. È questo il messaggio che Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto l’architettura del traffico illecito dei rifiuti in Campania e in Italia e che è rimasto vittima dell’attività svolta nella devastata Terra dei Fuochi, voleva fare arrivare a chi volesse svolgere con onore il proprio dovere. Su questo ed altri aspetti della vita sociale si è parlato lo scorso 29 ottobre a Polla, presso l'Ex Libris Café, con Nello Trocchia, l'autore del libro dedicato a Roberto Mancini. Grazie a una delle tante meritorie iniziative dell'Associazione Voltapagina abbiamo potuto godere di un momento di riflessione su alcuni mali endemici del nostro splendido territorio.

Non amalgamiamoci. È questo il messaggio che umilmente anch'io – con questo scritto - vorrei fare arrivare ai tanti cittadini che, in questo momento, stanno vivendo situazioni difficili, perché la nostra società non sa – al momento - essere giusta e non sa rispettare i diritti di ciascuno, ma sembra voler coltivare solo i privilegi di alcuni (gli amalgamati, appunto). È difficile rimanere con la schiena diritta in questi momenti in cui la crisi economica sta producendo povertà diffusa, ma l’esortazione che vorrei fare arrivare, soprattutto a chi in questo momento è in difficoltà, è la seguente: non sarà sempre così. La Repubblica, in tutte le sue molteplici espressioni, saprà dare piena attuazione agli articoli 1, 2, 3 e 4 della Costituzione. Deve essere così, e non può essere altrimenti, perché “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Civetta
(https://it.wikipedia.org/wiki/Athene_noctua)
Non amalgamiamoci. È questo che dobbiamo ripeterci a vicenda anche perché abbiamo conosciuto tempi in cui, nel Vallo di Diano, la politica c’era e nessuno si sognava di “amalgamarsi”, perché ciascuno faceva parte di una squadra, che poteva perdere o poteva vincere. Adesso esistono solo vincitori, perché gli avversari si sono eclissati. Con questi vincitori non bisogna amalgamarsi, pena la morte interiore. Quel periodo di dialettica politica finisce proprio quando inizia il declino del Vallo di Diano (che implicitamente si fa iniziare con l'anno del Signore 1987, anno in cui viene chiusa al traffico la linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro). Gli attuali amministratori sono dei cloni mal riusciti di figure politiche preminenti del passato. Essi, tuttavia, sono ancora capaci di raccogliere voti a iosa (De Luca docet!), ma non a sufficienza per potere arginare il fiume in piena del 4 dicembre scorso. Una valanga di voti ha fatto comprendere a una classe dirigente, che forse è ancora sotto shock, che le regole della democrazia non possono essere alterate a proprio piacimento. 

Se volessimo fare un'analisi delle ragioni del declino, tuttavia, il tutto non va ascritto all'assenza di un politico “di peso”, ma all'assenza della politica, molto più semplicemente. Della buona politica, soprattutto, quella che l’opinione pubblica non ha mai voluto riconoscere, perché - al momento opportuno - sono stati attivati quei meccanismi clientelari che Vincenzo De Luca ha saputo bene illustrare nel proprio discorso ai trecento (un numero a me caro, assolutamente da non confondere con i Trecento) sindaci campani. 

Su queste e altre questioni ho scritto, in agosto, sul mio blog, cercando di ripercorrere a ritroso quanto successo nelle ultime elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio regionale.

Allocco
(https://it.wikipedia.org/wiki/Strix_aluco)
Comprendo che è difficile stare al passo con quanto viene scritto e detto sulla politica locale, e anche sulle predizioni più amare, come nel caso di una lettera a Repubblica in cui si denunciava la presenza di "bolidi estivi" nel Vallo di Diano. Proprio nella lettera di accompagnamento alla testata nazionale si faceva notare come un cittadino che osserva determinati fenomeni non ha strumenti, se non quello della persuasione della parola, per affrontare alcune specifiche questioni.

Pertanto, proprio l'assenza della politica ha reso il cittadino privo di poteri politici, appunto. Infatti, se il significato dell'espressione di voto dovesse essere riconducibile allo scambio prospettato nella ormai famosa arringa ai trecento sindaci, avremmo - come territorio - davvero poco potere contrattuale ("poche decine di migliaia di voti"). Anche perché chi amministra è rappresentato, nella stessa arringa, come impegnato a gestire le briciole di ciò che il dominus (a seconda della percentuale di votanti che vanno al seggio con le bandiere giuste, dopo aver consumato una buona frittura di pesce) decide di elargire magnanimo.


Gli allocchi locali, pertanto, non possono essere cercati tra coloro i quali hanno sempre dato una rappresentazione giusta della politica, fatta di idee e di onesto servizio, ma sono da individuare in coloro i quali hanno precise responsabilità amministrative. Alcuni di questi volatili, che assomigliano molto alle civette, di cui ben conoscono le funzioni, ricoprono da decenni ruoli importanti per lo sviluppo del territorio. Ma, naturalmente, di questi rapaci notturni nessuno parlerà mai in tono sprezzante, perché hanno in mano il cordone della borsa. E che importa se oggi dicono una cosa, domani l’altra e dopodomani l’altra ancora. Di tempo ne hanno avuto per dire ancora, per fare e disfare, ad libitum. Quel tempo, per fortuna della vita democratica, sembra essere scaduto. 

sabato 3 settembre 2016

Incubi notturni: un paese alla rovescia

Immaginate di addormentarvi una sera e di sognare di un paese dove il linguaggio viene utilizzato in modo contrario alla semantica corrente e dove i ladri diventano guardie e, al contrario, i tutori dell’ordine e i cittadini onesti vengono perseguitati.  Questo sogno potrà di certo essere definito un incubo.
 
I reati diventano, in questo sogno, dei fatti di ordinaria amministrazione. Pertanto, per giustificare un falso in bilancio basterà parlare di un “bilancio non veritiero” e tutto sembrerà più che normale. Un imprenditore (si fa per dire!) che fa affari con i soldi pubblici potrà essere esattore (indiretto) e impositore (diretto) di tributi senza che nessuno si scandalizzi. Questo stesso imprenditore (nei nostri sogni) potrà impiegare persone a suo piacimento nella sua (si fa sempre per dire!) impresa e sfruttare questi “favori” elargiti per fare politica. E così la politica potrà farla con i suoi affari, facendo i suoi affari con la politica. Le istituzioni, nel sogno, saranno preda dei delinquenti di ogni risma, che allontaneranno le poche persone oneste che potessero annidarsi in esse come delle vipere. Vipere, perché potrebbero scoprire qualche cattiveria amministrativa, come la pervicacia nel negare diritti a chi li chiede per sé e per gli altri. Vipere, che potrebbero scoprire cosa si nasconde dietro alcuni appalti e alcune consulenze. Pertanto, meglio sarebbe tenere a debita distanza le vipere e continuare a coltivare i propri interessi, con l’aiuto del compare e dell’amico, ma anche dell’avversario fasullo, all'occorrenza.


In questo sogno i “reati” sarebbero perseguiti dai delinquenti. E, quindi, verrebbero arrestate tutte le persone perbene, per le stesse ragioni esposte sopra. I fiumi e i torrenti verrebbero resi delle fogne a cielo aperto per la gioia di tutti. Il verde finalmente calpestato e cementificato, sempre nel sogno, con tutto ciò che venisse in mente a chi regge le sorti del territorio. Le aree protette sarebbero trasformate in zone edificabili e palazzoni enormi verrebbero costruiti anche nei centri storici di egregia e antica fattura. La biodiversità diverrebbe una cattiva parola e verrebbe messa al bando; la vegetazione verrebbe trattata come immondizia; l’immondizia, di contro, verrebbe fatta crescere per le strade e ammirata come una reliquia. Da questa reliquia molte imprese trarrebbero lucro e molte buone azioni verrebbero fatte in suo nome: sversamento di rifiuti tossici in terreni agricoli; interramento di veleni in discariche (che in questo sogno diverrebbero tutte perfettamente legali); inquinamento dei corsi d’acqua e delle falde acquifere; trasporto della frazione umida su treni e su navi per terre lontane (per guadagnare di più alle spalle della gente); costruzione di inceneritori e di fabbriche inquinanti dappertutto per inondare di diossina e di polveri sottili tutto quanto gli uomini calpestano o respirano.

La stampa, nel sogno, sarà popolata da persone con pochi scrupoli che glorificheranno i malfattori e, finalmente, faranno stare zitto – definitivamente - chi difende l’ambiente e i diritti dei cittadini. Nella loro prosa le zone protette diverranno inutili, anzi dannose, perché opporrebbero ostacoli alla bramosia di chi intende speculare anche in questi luoghi incontaminati. I boschetti paleo-palustri saranno delle zone malsane, gli areali della cicogna delle ottime zone industriali, le zone archeologiche un ammasso di pietre.

Saranno così tutti liberi di “rubare il rubabile” e le cricche diverranno le nuove associazioni di volontariato, in cui opereranno Robin Hood moderni che tolgono agli altri per dare a sé stessi. L’opinione pubblica sarà dura, inesorabile, nei confronti delle persone perbene e la stampa sarà un “cane da guardia del potere”, abbaiando ogni volta che qualcuno criticherà, a ragione, un amministratore pubblico. Gli amministratori malvagi saranno definiti morbidamente, per non urtare la loro suscettibilità, e il cittadino inerme, che urla la propria disperazione, trattato come un paria di questa nuova, orribile società. Il giovanilismo andrà ancora di moda, cosicché le idee (si fa per dire!) non verranno giudicate nel merito, ma dall'età di chi le propone.    

Chi dovrebbe sorvegliare sull'ambiente, nel sogno, aiuterà le operazioni di devastazione e poi avrà mano libera per mettere alla berlina quei “millantatori” che dovessero denunciare gli scempi. Le imprese che forniscono servizi ai cittadini faranno a gara per vessare l’utente, che sarà oggetto di continue richieste di denaro per finanziare le tasche dei pochi soliti magnati.

In questo sogno, per sfortuna, saranno sempre e solo i deboli e gli indifesi a pagare il conto per i furbi e i profittatori, sempre più ricchi e potenti. È vero, il soggetto non sarà poi tanto diverso da quello della vita di tutti i giorni. Tuttavia,  ci sveglieremo di buon mattino e troveremo consolatorio sapere che l’incubo sarà durato solo per una notte. Ma che lunga notte, popolata da mostri, sarà stata!

venerdì 19 agosto 2016

Capponi di Renzi nel Vallo di Diano

Osservando il gran lavorio a cui alcuni si sottopongono per arrivare a mettere le mani sulle amministrazioni locali, come possiamo non farci tornare alla mente il passo manzoniano sui “capponi di Renzo”. Cambia la vocale finale, ma il risultato è – nei fatti – lo stesso. Eppure mentre i poveri volatili nel romanzo storico erano del tutto ignari della loro (e solo loro) futura sorte, lo stesso non vale per alcuni amministratori locali. Infatti, essi si apprestano a convincere gli amministrati, con i mezzi che conosciamo bene, della bontà della riforma costituzionale del loro signore. Così facendo, giocano con i nostri destini e con quelli dei nostri figli, senza percepire il baratro istituzionale in cui potremmo tutti a breve precipitare. Questo frangente delicato della vita politico-amministrativa del Vallo di Diano, del Sud e dell’Italia tutta induce a un’ennesima riflessione sui metodi utilizzati dai più per agganciare il territorio a un meccanismo perverso di pseudo-rappresentanza politica a qualsiasi livello.


Cominciamo allora dal livello più basso, in tutti i sensi. Un incarico amministrativo dovrebbe essere ricoperto con la massima consapevolezza dell’attuale complessa (e molto critica) situazione socio-economica. Eppure, ancora si sgomita per partecipare a un’indecente caccia al tesoro in cui i mediocri sono i più lesti ad agguantare la meta. Arrivano primi a suon di voti, non di consensi, con tattiche fatte di ogni sorta di furberia. Ma sono voti, non consensi. Perché il giorno dopo le elezioni (alcune con lista unica, altre con liste che si definiscono con un nome di un altro incolpevole volatile, ma che noi diremo fasulle) si rinnova il solito lamento nei confronti delle ingiustizie del mondo. E a volte il pianto greco proviene proprio dalle file degli elettori di questi nuovi baroni locali. Mentre i cittadini consapevoli desidererebbero vedere una classe dirigente più preparata sia sul piano culturale in generale che delle esperienze lavorative e amministrative. Persone che studiano e viaggiano per fare confronti e per cercare di prendere il meglio delle esperienze virtuose altrui, invece di affidarsi all'improvvisazione e all'assenza perenne di un'idea di sviluppo.

Una fontana murata nel centro di Sala Consilina.
Quando si va oltre la privatizzazione, succede
anche questo.
Se saliamo appena di un gradino, ci accorgiamo che il peggiore dei mediocri potrebbe ben rappresentare il basso contenuto etico delle azioni amministrative locali. Anche con il contributo di chi si auto-definisce migliore o alternativo. E già! Un’azione amministrativa vessatoria nei confronti dei cittadini, un incurante atteggiamento verso le emergenze ambientali locali, una voluta disattenzione nel contrasto all'illegalità diffusa (salvo poi professare la legalità a parole), uno sguardo distratto quando le emergenze sociali reclamano impegno serio e concreto danno garanzia di ascesa al gradino successivo. E già!

Sul livello ancora successivo si è fatto tanto parlare sulla pletora di candidature locali. Nessuno, men che meno la stampa commerciale locale, ha però notato che sono state le compagini dei migliori e degli alternativi a ingrossare le file dell’elettorato passivo. I due caravanserragli contavano una decina di liste ciascuno e mettevano in campo otto candidati locali in totale. 
Mancava il candidato del M5S, per il quale gli amici pentastellati avrebbero dovuto lavorare. Per fortuna (della vita democratica locale), c’era una voce fuori dal coro che ha voluto ricordare anche alle più pavide minoranze (ma certamente non a quelle proditoriamente costruite) che esiste una via per l’opposizione al renzismo. Sì, perché anche i migliori e gli alternativi hanno rimpinzato di voti i deluchiani e, di conseguenza, i renziani. Sarebbe davvero interessante, adesso che il contesto politico nazionale è nettamente polarizzato su due fronti opposti, vedere i migliori (tra i mediocri) dove si collocheranno, semmai lo faranno apertamente. I due fronti sono, ovviamente, i seguenti: il primo dell’opposizione netta alle false riforme, il secondo dei capponi locali che tentano di condurre anche noi cittadini nella padella della cucina di Azzeccagarbugli.


Un esempio di come sono ridotti i nostri fiumi.
E un esempio di un tentativo di recupero da
parte di uomini di buona volontà.
Ci sarà molto da fare dopo il fallimento di questo maldestro tentativo di minare alla base le fondamenta della vita democratica italiana. Ci sarà da acquistare fiducia nelle istituzioni, da lavorare per un futuro diverso e, si spera, migliore. Si lavorerà, allora, seguendo un progetto fondato su paradigmi del tutto diversi da quelli prospettati dal loquace fiorentino. Un futuro in cui l’onestà e la competenza degli amministratori locali dovranno ricomporre l’attuale frattura tra i cittadini e la politica e far recuperare il passo a una nuova idea di progresso. Non più un progresso che preveda forti sperequazioni sociali, modelli produttivi basati su fonti energetiche inquinanti e un conseguente sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, ma un progresso basato sulla conoscenza, sulla ricerca, sulla giustizia sociale, sul rispetto vero delle risorse naturali residue e sulla valorizzazione delle peculiarità culturali dei nostri territori.          

venerdì 29 luglio 2016

Costruzione del consenso


A sentir dire da un sopraffino intellettuale, durante la piacevole presentazione di un suo interessante libro, che egli mai si sarebbe piegato alla logica della raccolta del voto attraverso il favore alle clientele o la partecipazione ossessiva e inopportuna ai funerali di ciascun defunto, mi chiedevo se fossero proprio queste le vie locali al consenso. E mentre gli inviti (alcuni anche interessati) alla partecipazione alla vita amministrativa del paese si sprecavano, era commovente assistere alla strenua difesa della propria integrità caratteriale da parte del plurilaureato scrittore. 

Molti si chiedevano ad alta voce come mai la vita socio-politica del posto dovesse rimanere chiusa all'ingresso di intellettuali che potrebbero dare un valido apporto di conoscenze e competenze. Sul banco degli imputati, quindi, non venivano posti gli amministratori locali e gli attuali metodi di raccolta dei voti, ma l’intellettuale che non si prestava al gioco e che aveva, addirittura, l’ardire di affermare la propria diversità antropologica rispetto a chi calca la scena politico-amministrativa del luogo.
Una parte della centrale fotovoltaica (?)
a Teggiano. 

Invece, a subire un processo da parte dell'opinione pubblica dovrebbero essere proprio quegli amministratori che hanno così tanto alterato il clima politico-amministrativo da rendere una persona di cultura incompatibile con una competizione elettorale a qualsivoglia livello. Tuttavia, se si potesse attrezzare un luogo, anche non fisico, dove discutere pacatamente di questioni simili, chiamando a raccolta le residue forze sociali sane, ancora non contaminate dalla logica becera del voto dato, in una sorta di partita di giro, alla compagine che si ritiene vincente, si potrebbe cominciare a imbastire un dialogo franco su queste dinamiche perverse. 
Alberi che invadono la carreggiata
di una strada di Sala Consilina.

Eppure, il clima sociale appare così alterato che qualsiasi tentativo di cambiare lo stato attuale potrebbe essere destinato a fallire. La stessa area della protesta, che vent'anni fa non esisteva affatto, è corrotta dal virus dell’acrimonia e del contrasto alla persona. Coniugando il motto della giungla “mors tua, vita mea”, molti si abbandonano alla lotta all'individuo, finalizzata al rimpiazzo di una classe dirigente con un’altra identica, invece di proporre nuove idee amministrative e di promuovere progetti di rilancio del territorio.

Pur tuttavia, sebbene gli esperimenti fatti e da fare nella direzione dell'aggregazione delle forze di contrasto al "sistema" potrebbero risultare fallimentari, questi stessi esperimenti possono costituire l’inizio di una nuova fase di pensiero e di azione per la vallata. Bisogna però abbandonare la logica imperante del comando per il comando, del potere come affermazione di se stesso, e ricordare che la politica è un servizio alla collettività che comporta molti oneri e, se va bene, qualche onore.


Alberi abbattuti in un parco giochi di
Sant'Arsenio.
Per questi motivi si prova compatimento nei confronti di quegli amministratori che ostentano i numeri come prova delle proprie capacità. Perché proprio questi hanno avvelenato il clima democratico fino ad azzerare, in alcuni casi, il dibattito politico in alcuni popolosi paesi della vallata. Cosicché, per rovesciare questa situazione, bisognerebbe fare affidamento sulle intelligenze integre e sulla volontà di rilancio di un progetto comune. E questa sembra essere davvero un’ardua impresa; non impossibile, tuttavia.             

domenica 5 giugno 2016

Ricordiamo le date del processo Chernobyl

 1)      La prima udienza avrebbe dovuto svolgersi il 9 aprile 2014 a Salerno a seguito del secondo rinvio a giudizio (il primo a Santa Maria Capua Vetere, il secondo a Salerno, in un processo che non vuole partire e che, forse, non deve partire) delle 38 persone implicate nei fatti riportati nei numerosi faldoni delle indagini svolte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere nel periodo che va dal gennaio 2006 a giugno del 2007. 

2)      Rinviata una prima volta, per difetto di notifiche, al 17 dicembre 2014: in questa seconda data sussistevano ancora difetti in alcune notifiche. Il tutto si rinviava all'8 aprile 2015: un primo anno andato in fumo. 

3)       L'8 aprile 2015 ancora sussisteva una mancata notifica degli atti a un singolo imputato. Si rinviava così alla data del 12 giugno 2015. 

4)       Il giorno 12 giugno 2015 si rinvia ancora all'11 novembre 2015. Nel collegio giudicante mancava il presidente.

5)       11 novembre 2015, ore 9.50, aula n. 16 del Tribunale di Salerno. Entra il collegio giudicante (al completo). Sono previste altre udienze prima della quinta prima udienza del processo Chernobyl. Colpisce la mancanza quasi totale di attinenza con quanto di grave si dovrebbe trattare in questa quinta prima udienza sullo smaltimento illecito di rifiuti. Telefonate, messaggini e vicende sentimentali tengono banco: l’amministrazione della Giustizia è anche tutto ciò. I fatti, legati ad un’intricata vicenda sentimentale che coinvolge varie persone, risalgono alla fine del 2013. Ma come è celere la Giustizia in alcuni casi! La quinta “prima udienza” dovrebbe iniziare alle ore 11.00. Tuttavia, alle ore 10.55, circa un allarme bomba fa in modo che il tribunale di Salerno sia evacuato a scopo precauzionale. Si rinvia al 20 gennaio 2016. 

6)       Il 20 gennaio 2016 è sciopero degli avvocati penalisti. Infatti, il presidente della Camera Penale di Salerno indice uno sciopero dal 18 al 25 gennaio 2016 contro la soppressione della Corte d’Appello di Salerno. Si rinvia al 25 maggio 2016.

7)       Il 25 maggio 2016 l’udienza è saltata per l’astensione nazionale dei Penalisti il 24, 25 e 26 maggio 2016 proclamata dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Delibera del 7 maggio 2016). La manifestazione nazionale dei principi del foro si svolgerà a Roma proprio il 25 maggio 2016.

8)       Il 18 gennaio 2017 si dovrebbe tenere l’ottava “prima udienza” del processo Chernobyl. Sembra uno scenario da brividi. Ai cittadini l’ardua sentenza, visto che difficilmente ne arriverà una dalla giustizia umana.

La prescrizione del reato di disastro ambientale viene comodamente attesa per l'anno 2019. Data che arriverà presto, se la freccia del tempo non verrà in qualche modo invertita. A leggere questa coraggiosa inchiesta di Rita Pennarola e di Andrea Cinquegrani si comprendono molte cose.



sabato 7 maggio 2016

Il prossimo 25 maggio e l'incedere stanco della vita

L'albero della "legalità" nel Parco di Silla
intitolato a Paolo Borsellino. Sta morendo,
probabilmente perché le radici affondano
nello stesso terreno dove è stato smaltito
materiale di risulta.
Non è il giorno successivo alla marcia sul Piave (24 maggio 1915) da parte dell'esercito italiano all'inizio del primo conflitto mondiale, ma la data della settima (e - si spera - ultima) "prima udienza" del processo Chernobyl.

La sesta mancata "prima udienza" avrebbe dovuto aver luogo lo scorso 20 gennaio. Sciopero degli avvocati penalisti, fu detto. E tra bombe (finte!), mancate notifiche (troppe!) e scioperi (scioperi?) siamo alle soglie del 25 maggio 2016. La prescrizione del reato di disastro ambientale è prevista esattamente tra tre anni, nel 2019. Soli tre anni, dunque, per un accertamento della verità giudiziaria. Mentre ai cittadini del Vallo di Diano e a quelli di altre zone della Campania interesserebbe anche un'altra verità, quella che è sotterrata sotto i terreni posti sotto sequestro dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.

Verità sotterrate, come nella pratica italiana più recente. Piccole e grandi verità insieme: navi dei veleni e materiale di risulta, ingenti quantità di rifiuti e spezzoni di cemento armato. Ma sotterrate per sempre, perché nessuno veda, nessuno indaghi, nessuno parli.

Spuntoni di ferro che fuoriescono dal cemento di edifici
preesistenti all'abbattimento: un esempio di come si possa
smaltire il materiale di risulta in modo economico nel fiume
Cavarelli (ormai privo di fauna acquatica) che scorre a 

pochi passi da una Scuola per l'Infanzia presso il Parco 
di Silla intitolato a Paolo Borsellino.

Si urbanizzano le zone di particolare pregio ambientale; addirittura si costruiscono zone industriali nell'areale della cicogna a Teggiano e nel boschetto paleo-palustre a Sassano. Ma nessuno è disposto a prestare attenzione a queste cose. Anzi, gli artefici di queste epiche imprese vengono premiati con lunghe e luminose carriere politiche.

Quel che rimane di un ramo del boschetto
paleo-palustre di Sassano in una zona che il
Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato 
nel 2011. Si legge nel rapporto "sono 
scomparsi circa 2000 mq di area boscata".
Ma così va il mondo ed è inutile cercare di invertire la rotta, se la collettività non prenderà coscienza del delicato momento che l'intera Umanità sta vivendo: una sorta di follia collettiva che ci porta a consumare il suolo, l'aria e l'acqua in modo scellerato, deturpando l'intero globo e mettendo a rischio l'assetto climatico del pianeta. Preoccupa anche il fatto che alcune metropoli stiano toccando punte estreme nel numero di abitanti. Preoccupa, altrettanto, la volontà cieca di voler sguarnire i presidi urbani delle periferie del mondo, sottraendo ad esse servizi e risorse, alimentando così lo spopolamento, fenomeno che le nostre zone interne stanno purtroppo sperimentando sulla pelle degli abitanti del posto. Ma piccoli uomini spocchiosi ancora danno la caccia alla poltrona, in questo momento in cui ogni posto di responsabilità deve essere occupato con umiltà e competenza.

Così arrivano i giorni delle liste uniche e delle liste civette. E, per rimanere in ambito zoologico, arriva anche il giorno della quaglia. Perché, pur di rimanere nel giro, non si esita a cambiare squadra. L'interesse spicciolo è il collante di queste compagini, dove a dettare il ritmo delle danze è, per lo più, un unico partito, quello della nazione, senza progetti, senza strategie da proporre. Così il territorio langue, i giovani scappano e lo spopolamento si fa strada anche nei centri medio-grandi del Vallo di Diano. I servizi vengono "razionalizzati", come nella prosa di Orwell, dove i maiali non parlavano mai di "riduzione", ma sempre di "razionamento". Così un tribunale chiude, un carcere-gioiello pure, la ferrovia è chiusa al traffico da anni e un ospedale che dava conforto alla gente del posto diventa un "pronto-soccorso". In compenso le ecomafie prosperano, perché la gente - pur di credere e far credere alla favola dell'isola felice - fa finta di non sapere che anche i giovani incominciano ad ammalarsi di cancro.

Un pezzo del boschetto paleo-palustre devastato
dalla voglia di cemento di un'amministrazione
(a lista unica nel 2005 e a lista unica nel 2015) che
si definisce ecologista. I lavori di questa zona PIP
sono stati eseguiti da una ditta di Casal di Principe.

Arriva anche il giorno della triste constatazione che nessuno vuole o, pur volendo, è in grado di opporsi con chiarezza a questo potere che, come una crosta purulenta, si spande sulle amministrazioni locali, diventate le aziende più prospere in questa desolata valle. La cultura allora passa in secondo piano, perché con la cultura non si mangia. E tutto si riduce a una corsa al danaro, pubblico o privato che sia. Tutto diventa "business" e il sistema si regge sugli interessi dei singoli che sono pronti a svendere i beni comuni affinché siano fatti salvi i propri privilegi e i propri affari. Una triste e pessimistica visione delle cose che, purtroppo, non è molto lontana dalla realtà dei fatti. E mentre la democrazia viene sbeffeggiata da chi non sa praticarla e sa solo ululare alla luna o da chi, con le mani in pasta, ha il potere di costruire (nel giorno fatidico della civetta) anche liste ad hoc per evitare sorprese nelle urne, o ancora da chi - dicendo di fare gli interessi dei cittadini - non dispera della collaborazione di fidati scudieri per tentare la strada della lista unica, l'opposizione sociale è ferma al palo, perché il pallore dei visi di alcuni oppositori è indice della paura che questo arrogante potere incute in questi anni di profonda crisi economica, sociale e politica. Non tutti però sono presi da timore. Ci sarà sempre chi, nella terra del sacrificio di Pisacane, non potrà mai dare tregua a un potere arrogante e inconcludente che sta arrecando solo danno ai cittadini di questa valle.